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ESECUZIONE IMMOBILIARE E MANUTENZIONE DELL'IMMOBILE

  • Beatrice Bassanini

    PARMA
    03/08/2023 10:24

    ESECUZIONE IMMOBILIARE E MANUTENZIONE DELL'IMMOBILE

    In un fallimento il creditore fondiario ha iniziato la procedura esecutiva subito dopo l'apertura della procedura. L'amministratore condominiale scrive ora al Curatore richiedendo, "in considerazione dell'afosa stagione e per evitare eventuali problemi", un urgente intervento di taglio erba e sterpaglie presenti nei giardini di alcuni appartamenti sottoposti all'esecuzione.
    Premesso che il fallimento dispone di un attivo interamente ipotecato che non lascia spazio a spese di procedura non imputabili ai creditori ipotecari, mi chiedo se in tale situazione la richiesta debba essere indirizzata al Curatore o al Giudice delle Esecuzioni e su chi debba gravare l'onere di tali interventi che non sono di manutenzione straordinaria e non riguardano nemmeno la messa in sicurezza dell'edificio.
    • Zucchetti SG

      03/08/2023 13:00

      RE: ESECUZIONE IMMOBILIARE E MANUTENZIONE DELL'IMMOBILE

      Riteniamo che le spese per oneri condominiali maturati in data successiva alla dichiarazione di fallimento vadano richieste al curatore.
      Va premesso che, a norma dell'art. 52, comma primo, l.fall., il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. È la regola della così detta par condicio creditorum.
      Il comma secondo della medesima disposizione precisa che alla regola del concorso sono soggetti anche i crediti prededucibili, i quali sono, a mente dell'art. 111, comma secondo, l.fall., quelli sorti in occasione o in funzione della procedura concorsuale, oppure quelli "così qualificati da una specifica disposizione di legge".
      Tali sono, a norma dell'art. 30 della l. 11 dicembre 2012, n. 220 (recante "Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici") anche i crediti per oneri condominiali, atteso che la citata disposizione prevede che "I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall'articolo 18 della presente legge, durante le procedure concorsuali".
      Quanto al pagamento dei crediti prededucibili, l'art. 111-bis l.fall. dispone che anche essi devono essere accertati mediante il procedimento di accertamento del passivo di cui agli artt. 92 e seguenti l.fall., "con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare" i quali possono "essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti". In questo caso, prosegue la norma, "il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato", con l'avvertenza che "se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge".
      Dal combinato disposto delle norme appena richiamate si ricava il precipitato per cui la richiesta delle spese condominiali relativi a cespiti acquisiti all'attivo del fallimento non può che essere indirizzata agli organi della procedura fallimentare, sia perché solo in sede concorsuale può essere garantita la par condicio tra tutti i creditori ammessi al passivo e tra tutti i creditori prededucibili, sia perché solo la sede concorsuale può essere quella dell'accertamento del passivo (e dunque della eventuale non contestazione per collocazione ed ammontare), e sia perché le norme sopra richiamate individuano il giudice delegato quale autorità giurisdizionale competente in via esclusiva al riparto, il quale a mente dell'art. 110, comma primo, l.fall., deve ricomprendere anche "i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 51".
      Indicazioni in questa direzione si ricavano da Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata ad occuparsi di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita dunque nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, fossero scorporate, con versamento in favore della curatela, di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all'immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).
      Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell'ambito di un'azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l'attribuzione delle relative somme con decurtazione dell'importo attribuito all'istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l'avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell'art. 26 l.fall., oggi art. 124 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione. Ciò in quanto il giudice dell'esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell'accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell'esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all'esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.
      Secondo questa pronuncia, dunque, il curatore, in base ad un provvedimento del giudice delegato, potrà richiedere al professionista delegato l'attribuzione alla procedura fallimentare delle spese prededucibili.
      • Beatrice Bassanini

        PARMA
        03/08/2023 16:36

        RE: RE: ESECUZIONE IMMOBILIARE E MANUTENZIONE DELL'IMMOBILE

        Grazie per la risposta, ma non attiene al mio quesito. Sulla sorte dei crediti in prededuzione per spese condominiali sono concorde con la Vostra tesi. Il mio problema riguarda la richiesta dell'amministratore condominiale affinché il Curatore provveda ad eseguire opere di manutenzione, taglio di erbe e sterpaglie, su immobili sottoposti ad esecuzione da parte del creditore fondiario.
        • Zucchetti SG

          03/08/2023 19:30

          RE: RE: RE: ESECUZIONE IMMOBILIARE E MANUTENZIONE DELL'IMMOBILE

          In effetti la precisazione ci ha aiutato a comprendere che la risposta che abbiamo dato non era del tutto pertinente rispetto alla domanda.
          Il tema della custodia del bene oggetto di esecuzione fondiaria promossa o proseguita nonostante il fallimento del debitore a norma dell'art. 41 tub è discusso, e trova nella prassi dei tribunali soluzioni non sempre consonanti.
          Il problema che in questo caso si pone è se le scelte riguardanti la custodia ricadano in capo al giudice dell'esecuzione, oppure se la figura del custode vada individuata ex lege nel curatore.
          Secondo un primo orientamento la custodia è una specifica attribuzione del curatore, cui spetta l'amministrazione di tutti i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 31 l.fall. (oggi art. 138 c.c.i.), senza distinzione alcuna, e quindi indipendentemente dal fatto che il cespite acquisito all'attivo del fallimento sia o non sia oggetto di esecuzione singolare.
          È questa l'idea espressa da Cass., n. 6254/1982, secondo cui l'azione esecutiva individuale eccezionalmente spettante ad un istituto esercente il credito fondiario, ai sensi dell'art. 42 r. d. 16 luglio 1905, n. 646, nonostante il fallimento del mutuatario-debitore, non determina la sottrazione dei beni pignorati dall'istituto alla custodia ed all'amministrazione del curatore sotto la sorveglianza del giudice delegato, secondo le regole proprie della procedura fallimentare, anche se la espropriazione dei beni deve svolgersi per la realizzazione delle pretese creditorie dell'istituto; permanendo, pertanto, le funzioni di custodia del curatore, questi, poiché conserva le sue originarie attribuzioni, non diviene organo ausiliario del giudice dell'esecuzione, e non può essere quindi dal medesimo sostituito nell'ambito della procedura esecutiva individuale, ai sensi degli art. 66 e 559 c.p.c..
          Questo assunto troverebbe un diretto riscontro nell'art. 32 comma secondo, l.fall., che riserva al giudice delegato la potestà di nomina di un coadiutore ed una indiretta conferma nell'art. 41, comma terzo, TUB, il quale prevede che il curatore debba versare alla banca le rendite degli immobili ipotecati, in tal modo implicitamente riconoscendogli la titolarità della custodia.
          Seguendo questa tesi è evidente che, nel caso di specie, dovrebbe essere il curatore a dare seguito alle richieste dell'amministratore del condominio.
          Un diverso orientamento sostiene che l'esecuzione individuale, ove proseguibile o attivabile nonostante il fallimento del debitore, rimane disciplinata dalle regole sue proprie dettate dal codice di rito, e dunque permane: il potere di dirigere l'espropriazione riservato ex art. 484 c.p.c. al giudice dell'esecuzione; il potere di nomina del custode ex art. 559 c.p.c., che pertanto può essere individuato anche in un soggetto diverso dal curatore.
          Questo ragionamento si ritrova in Cass., n. 5352/1994 secondo la quale in caso di fallimento non si applica il primo comma dell'art. 559, e dunque "il potere di nominare o sostituire il custode dei beni pignorati spetta, non già al giudice delegato al fallimento, bensì a quello dell'esecuzione immobiliare, il quale, non è tenuto a conferire tale incarico al curatore del fallimento, consentendo la legge la coesistenza delle due procedure ed essendo, pertanto, quella individuale regolata dal codice di rito, per la parte non disciplinata dalle richiamate disposizioni speciali, con la conseguenza che resta fermo il provvedimento di nomina del custode".
          Probabilmente l'orientamento più risalente merita di essere condiviso.
          In primo luogo l'art. 41 comma terzo TUB riconosce una evidente funzione custodiale non solo al custode ma anche al curatore, il che implica evidentemente che sia intervenuto il fallimento, dal che si evince che in questo caso non potrà aversi un custode diverso dal curatore.
          In secondo luogo la prosecuzione della procedura da parte del creditore fondiario ha notoriamente il fine di attribuire all'istituto di credito il vantaggio di conseguire il ricavato dalla vendita senza attendere i tempi del riparto fallimentare, e questo scopo può essere perseguito anche riconoscendo al curatore il subentro nella custodia.
          In terzo luogo, se il fallimento interviene prima dell'inizio della procedura o prima della sostituzione del debitore nella custodia, un provvedimento di sostituzione ad opera del giudice dell'esecuzione da un lato sarebbe inutile (poiché è stato già nominato un organo deputato alla custodia del cespite in funzione della liquidazione dello stesso e si versa nel caso previsto dall'art. 559, comma quarto, c.c., in cui il giudice dell'esecuzione non nomina un proprio custode quando "per la particolare natura [acquisiti alla massa] degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità"), e dall'altro è dannoso, poiché caricherebbe la procedura di un costo superfluo, rappresentato dal compenso da riconoscere al custode; viceversa, quando la dichiarazione di fallimento sopraggiunge alla sostituzione del custode, la figura del custode nominato dal g.e. non ha più ragion d'essere; in questo caso, infatti, poiché il bene da liquidare viene acquisito all'attivo fallimentare e ricade sotto la custodia del curatore, la presenza di un ulteriore custode implicherebbe un inutile aggravio di spese.