Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - AVVIO DELLA PROCEDURA

Fallimento socio accomandante di società non fallita

  • Nazzareno Tassotti

    ACQUAVIVA PICENA (AP)
    24/03/2018 00:30

    Fallimento socio accomandante di società non fallita

    Può il curatore di un fallito che figuri quale socio accomandante di altra società (in bonis) chiedere l'esclusione del socio ai sensi dell'art. 2288 c.c. e in caso positivo ottenere che l'amministratore della società provveda a iscrivere l'esclusone nel registro delle imprese o in sua mancanza vi provveda d'ufficio il registro stesso, in modo da ottenere la liquidazione della quota a favore della massa?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      26/03/2018 20:50

      RE: Fallimento socio accomandante di società non fallita

      Noi, come abbiamo detto altre volte, riteniamo che il fallimento del socio accomandante non comporta lo scioglimento del rapporto sociale rispetto a quel socio, come invece nel caso del fallimento del socio accomandatario o di un socio di s.n.c.. La legge, per la verità non contempla l'ipotesi del fallimento del socio accomandatario, ma solo la sua morte prevedendone, all'art. 2322 c.c., la trasmissione agli eredi. La stessa norma prevede il trasferimento inter vivos della quota del socio accomandante, previo consenso dei soci che rappresentano la maggioranza, per cui si può dedurre che la circolazione della quota del socio accomandante è liberalizzata, pur alla condizione indicata, in considerazione del fatto che la partecipazione dell'accomandante, in quanto socio limitatamente responsabile ed escluso dall'amministrazione, è priva dei caratteri connessi all' "intuitus personae" ed è presa in considerazione quale mera entità patrimoniale trasferibile. Seguendo questa linea, quindi, il curatore del fallimento di un soggetto che è anche socio accomandante di una sas può vendere la quota del socio accomandante, come una quota di srl, applicando l'art. 2471 c.c..
      Non ci siamo nascosti, peraltro, che questa interpretazione non è condivisa dalla prevalente dottrina né dalla giurisprudenza. Invero, per Cass., 22 maggio 2003, n. 8091, non sono di ostacolo all'applicazione dell'art. 2288 c.c. alla società in accomandita semplice la particolare struttura di questa né «il diverso regime di responsabilità dei soci accomandanti e di quelli accomandatari non solo perché la "minore" responsabilità degli accomandanti rispetto a questi ultimi risulta compensata dai poteri di controllo di cui gli accomandanti dispongono ma anche perché detta differenziazione di responsabilità riguarda il rapporto con i terzi (per la cd. attività di amministrazione) e non produce effetti, non essendovi alcuna traccia in proposito nella normativa fallimentare, sulle eventuali cause di fallimento del singolo socio per un'attività imprenditoriale esercitata in proprio. Inoltre, se si individua nell'art. 2288 in questione la ratio della tutela degli "altri" soci e della società stessa dalle incidenze negative, sul piano patrimoniale, conseguenti al fallimento del singolo socio, non si vede perché possa in proposito configurarsi la non estensione di detta norma alla società in accomandita semplice».
      Si tratta di argomentazioni che prestano il fianco a più di qualche obiezione, ma questa, a quanto ci risulta è l'unica decisione di legittimità che si sia pronunciata espressamente sul punto ed è seguita, a quanto sappiamo, da più di qualche Camera di Commercio che procedono direttamente all'annotazione dell'esclusione del socio accomandante dichiarato fallito in proprio.
      Alla luce di questo indirizzo interpretativo può attuare quanto esposto nella domanda.
      Zucchetti SG srl