ALTRO - Revocatorie

ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

  • Tommaso Stellin

    Gorizia
    20/10/2015 18:12

    ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

    Buonasera.
    Vorrei sottoporVi un quesito che mi attanaglia: la società A, poi fallita, vanta un credito nei confronti della società B e, per altro verso, risulta avere debiti nei confronti dei propri dipendenti, per il pagamento delle retribuzioni, oltre a previdenza e verso lo Stato, per IVA.
    La società B autonomamente e spontaneamente adempie al debito di A come sopra descritto, salvo poi portarlo in compensazione con il proprio debito, di natura chirografaria, verso la stessa A.
    Successivamente, A fallisce e alcun accordo scritto in merito all'operazione viene rinvenuto; nonostante le richieste, alcuna documentazione a sostegno viene fornita da B.
    Ci si chiede, quindi:
    1) se tale compensazione benefici del regime di cui all'art. 56, c. 1, L.F., rendendo così di fatto inutile l'esperimento dell'eventuale azione revocatoria ovvero se l'adempimento del terzo possa essere equiparato all'acquisto di credito non scaduto rendendo operativo il limite di cui all'art. 56, c. 2, L.F.;
    2) in tale ultima evenienza, se sia astrattamente soggetto ad azione revocatoria ex art. 67, c.1, n. 2 L.F. il pagamento del debito altrui effettuato al solo fine di compensare con esso il proprio debito. Tale scelta comporterebbe l'ulteriore problema del recupero delle somme versate dai dipendenti, il cui credito risulterebbe munito di privilegio.
    Restando in attesa di una Vostra cortese risposta, ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      21/10/2015 19:57

      RE: ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

      B ha pagato i debiti di A verso dipendenti e altri soggetti e poi ha compensato i credito per restituzione di detta somma, che pretende da A, con un suo pregresso debito verso A, che successivamente viene dichiarato fallito.
      Il primo problema che si pone è se B, per aver pagato il debito di A verso i dipendenti ed altri, abbia, in mancanza di un accordo che giustificasse tale suo adempimento (fideiussione, solidarietà, accollo, espromissione, delega, ecc.), un diritto a pretendere il rimborso da A di quanto spontaneamente anticipato. E' pacifico, infatti che il terzo possa adempiere spontaneamente ad una obbligazione altrui, con l'effetto di determinarne l'estinzione anche contro la volontà del creditore, dal momento che lo prevede l'art. 1180 c.c., che, però, non attribuisce automaticamente al terzo un titolo per agire nei confronti del debitore, non essendo configurabili né la surrogazione per volontà del creditore, prevista dal 1201 c.c., né quella per volontà del debitore, e nemmeno quella legale di cui all'art 1203 c.c. n. 3, non avendo egli adempiuto ad una obbligazione per la quale era tenuto con altri, né quella legale di cui agli artt 1205 c. 5, avendo il solvens la consapevolezza di adempiere un debito altrui. per quest'ultimo motivo va escluso anche che il pagamento sia riconducibile all'indebito soggettivo ex art. 2036 c.c., per il quale è necessario un errore scusabile. Pertanto, secondo la prevalente dottrina, il terzo che paga sapendo di non essere debitore, potrebbe agire solo ex 2041 c.c. per ottenere un indennizzo, visto l'indubbio vantaggio ricevuto dal debitore. Questa differenza tra ripetizione del proprio credito e diritto ad un indennizzo potrebbe essere rilevante perché l'indennizzo non corrisponde al debito estinto, ma al vantaggio che il debitore ha tratto da detta estinzione, per cui essendo questi in fallimento il suo vantaggio è non dare ai creditori soddisfatti dal terzo quanto avrebbe potuto loro dare nei riparti fallimentari; probabilmente nel caso il discorso è relativo perché sono stati soddisfatti dal terzo dipendenti e altri creditori privilegiati che forse sarebbero stati pagati integralmente anche nel fallimento, però questa è una verifica da fare, perché incide sull'entità del credito vantato da B verso A.
      Questo credito, come detto, è da quantificare, per cui non è ancora liquido ed esigibile, ma la sua radice causale è anteriore alla dichiarazione di fallimento, per cui, a nostro avviso, B poteva portarlo in compensazione con il suo debito ante fallimento, richiedendo la giurisprudenza ormai costante della Cassazione, per effettuare la compensazione ex art. 56 l.f. soltanto la anteriorità dei controcrediti al fallimento, anche se la esigibilità e liquidità interviene successivamente. Ovviamente, tale accertamento rileverà per la entità della compensazione o, meglio, per la determinazione della parte di debito che B ha estinto con la compensazione e il curatore di A potrà chiedere il pagamento della differenza (ammesso che ora B abbia compensato il suo debito di 100 con il credito di 100, se un domani si accerta che il credito era di 70, B deve ancora 30, che il curatore potrà richiedere).
      Non ci sembra, invece, richiamabile nella fattispecie il secondo comma dell'art. 56 l.f perché B non ha acquistato i crediti dei dipendenti e poi portato gli stessi in compensazione, ma, come detto, ha pagato il debito verso i dipendenti ed ha portato in compensazione il credito per la restituzione di detta somma. Inoltre, a tutto concedere, anche cioè a voler vedere in tale operazione una forma di acquisto dei crediti dei dipendenti e altri creditori di A, B avrebbe acquistato, nel senso di aver pagato, debiti di A ormai scaduti (almeno come configurati nella domanda, ove si parla di debiti di A verso costoro), per i quali non trova applicazione il secondo comma dell'art. 56; infine lei non ci dice se l'acquisto/pagamento è avvenuto nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, che è altra condizione per l'applicazione del secondo comma dell'art. 56.
      Zucchetti Sg srl
      • Marco Liuzzo

        Siracusa
        31/07/2019 20:13

        RE: RE: ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

        Buona sera se è scaduto il termine per proporre revocatoria ex art 67 c.1n.2 essendo trascorsi tre anni dal pagamento da parte del terzo ma non sono trascorsi ancora cinque anni dal pagamento del terzo è possibile esperire azione revocatoria ex art.2901 c.c.
        A vostro giudizio la revocatoria ordinaria va proposta contro il debitore della società fallita che ha effettuato il pagamento e poi compensato il proprio debito con questa o contro chi ha ottenuto il pagamento dal terzo?
        Grazie
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          01/08/2019 18:33

          RE: RE: RE: ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

          Lei parla di pagamento fatto da un terzo; orbene questi pagamenti non sono revocabili neanche con revocatoria fallimentare quando risulti che il relativo pagamento sia stato effettuato dal terzo allo scopo di adempiere ad una propria obbligazione di garanzia (ad es. dal fideiussore) e comunque quando, pur non essendo il terzo tenuto al pagamento, lo abbia eseguito con denaro non del fallito e che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l'imprenditore prima della dichiarazione di fallimento.
          Tanto premesso, va aggiunto che la revocatoria dei pagamenti di crediti può essere solo quella fallimentare di cui al secondo comma dell'art. 67 l.f. giacchè l'art. 2901 c.c. stabilisce al terzo comma che "non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto".
          Lei però, pur parlando di pagamento, cita l'art. 67, co.1 n. 2 , per cui dovrebbe trattarsi di adempimento non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento (ad esempio una datio in solutum). Se è così, la Cassazione ha statuito che "la datio in solutum non rientra nell'ambito di applicazione, dell'art. 2901, comma 3, c.c., in quanto costituisce una modalità anomala di estinzione dell'obbligazione ed è quindi assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore fallimentare, ex art. 66 l. fall. In base all'art. 2901, comma 3, c.c., infatti, si sottrae all'inefficacia solo l'adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto discrezionale, dunque non dovuto, in cui l'estinzione dell'obbligazione è l'effetto finale di un negozio soggettivamente e oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto" (Cass. 14/11/2017, n. 26927). Ovviamente ciò è possibile ove si superi il primo ostacolo che, cioè il terzo abbia prodotto un pregiudizio al debitore.
          Se riesce a superare tale ostacolo, l'azione revocatoria va proposta nei confronti di colui che ha ricevuto il pagamento, chiamando in causa anche il solvens.
          Zucchetti SG srl
      • Stefano Carlo Benetti Serravesi

        BRESCIA
        05/07/2020 15:00

        RE: RE: ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

        Mi pare che Cassazione civile, sez. I, 23/12/2015, (ud. 02/12/2015, dep.23/12/2015),  n. 25928 preveda la revocabilità del pagamento del terzo con denaro dovuto al fallito. Concordate?
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          06/07/2020 20:11

          RE: RE: RE: ADEMPIMENTO DEL TERZO - REVOCATORIA

          La sentenza da lei richiamata espone i principi che noi abbiamo fatto propri nelle risposte che precedono, per cui la condividiamo.
          Invero, nella sentenza in primo luogo si parla dei pagamenti effettuati da un terzo e si dice esattamente ciò che avevamo detto anche noi, ossia che "la revocatoria fallimentare del pagamento di debiti del fallito L. Fall., "ex" art. 67, è esperibile anche quando il pagamento sia stato effettuato da un terzo, purchè questi abbia pagato il debito con danaro dell'imprenditore poi fallito, ovvero con danaro proprio, sempre che, dopo aver pagato, abbia esercitato azione di rivalsa prima dell'apertura del fallimento, con recupero del relativo importo, essendo in tali casi ravvisabile una potenziale idoneità di detto pagamento ad incidere sulla "par condicio", stante la configurabilità di una effettiva relazione interazione con il patrimonio del fallito" (Conf., Cass. 10 gennaio 2003, n. 142; Cass. 17 aprile 2007, n. 9143).
          Poi la Corte esamina quali sono gli elementi per definire anomalo un pagamento fatto da terzo ai sensi del primo comma, n. 2 dell'art. 67 e chiarisce che "secondo la giurisprudenza di questa corte, al fine della esperibilità dell'azione revocatoria prevista dalla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, mezzi normali di pagamento, diversi dal denaro, sono soltanto quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro, come gli assegni circolari e bancari ed i vaglia cambiar. Ne consegue che, ai sensi della suddetta disposizione di legge, va affermata la revocabilità, quale mezzo anormale di pagamento idonea a ledere la par condicio creditorum, di una delegazione che il debitore abbia posto in essere allo scopo di estinguere la preesistente obbligazione pecuniaria, già scaduta ed esigibile (Cass., 17 gennaio 2003, n. 649; Cass., 15 luglio 2011, n. 15691).
          Nell'esaminare poi il caso concreto in cui una ditta committente aveva pagato direttamente il subappaltatore con il danaro che avrebbe dovuto corrispondere all'appaltatore in amministrazione straordinaria, per dire se tale pagamento costituiva mezzo ordinario o anomali di pagamento afferma che a questo fine "è determinante accertare se la provvista dell'operazione incida direttamente o indirettamente sulla garanzia patrimoniale dei creditori concorsuali. Si ritiene infatti che sia revocabile anche il pagamento da parte del terzo, debitore del fallito, quando eseguito con denaro a questi dovuto, essendo il "solvens" obbligato verso il debitore successivamente dichiarato fallito, e valendo il suo pagamento ad estinguere entrambi i debiti (Cass 20 dicembre 2012, n. 23652; Cass. 25 luglio 2006, n. 16973: esattamente come nel caso in esame, in cui la committente pagò alla subappaltatrice con denaro che sarebbe stato destinato alla società appaltatrice poi fallita".
          Il concetto espresso è esattamente quello da noi riproposto nella precedente risposta ove abbiamo preso in considerazione il caso della estinzione del debito mediante datio in solutum. che costituisce il prototipo del pagamento con mezzo anomalo, che appunto normalmente non è effettuato in danaro, tranne apunto ìcasi particolari come quello esaminato dalla Corte dal lei citata.
          Nel caso da noi esaminato si parlava di revocatoria ordinaria perché, in quel caso, erano scaduti i termini per proporre quella revocatoria ai sensi dell'art. 69bis l. fall. e la revocatoria ordinaria non è ammissibile per far dichiarare la inefficacia dei pagamenti, a meno che questi non siano da qualificare come anomali.
          Zucchetti SG Srl