Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

DECESSO FALLITO - TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

  • Livia Cappelletti

    pesaro (PU)
    30/03/2019 12:04

    DECESSO FALLITO - TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

    Buongiorno,
    è avvenuto il decesso del socio accomandatario di una sas fallita che aveva determinato anche il fallimento personale per estensione della ditta individuale.
    Tale soggetto fallito aveva avuto l'autorizzazione dal Giudice Delegato di svolgere attività di lavoro dipendente ed era stata determinata la quota di stipendio che poteva essere trattenuta dallo stesso per le sue esigenze personali.
    Ora essendosi verificato il decesso, come eredi esistono la mamma ed un fratello, essendo il defunto celibe.
    Si chiede, per cortesia, se il trattamento di fine rapporto e il rateo di stipendio debbano essere attratti alla massa fallimentare o se invece, come sostiene l'avvocato degli eredi, queste somme possano essere erogate agli eredi sia nel caso accettino l'eredità con beneficio di inventario sia che addirittura rinuncino alla stessa eredità.
    Nel caso tali somme, di importo modesto, debbano andare al fallimento, quale curatore della procedura, potrei previa autorizzazione del comitato dei creditori e del Giudice Delegato, destinarle a tali eredi che versano in situazione economica precaria ?
    Grazie
    Cordiali saluti.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      01/04/2019 19:58

      RE: DECESSO FALLITO - TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

      La questione va vista sotto diversi aspetti. In primo luogo va appurato, prescindendo dal decesso, se il fallito che svolge attività lavorativa abbia diritto a percepire, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, il TFR o se questo vada acquisito al fallimento ed eventualmente in che misura.
      In passato la giurisprudenza ha affermato la integrale acquisibilità al fallimento delle somme che il fallito debba percepire o che abbia percepito a titolo di TFR (Cass. n. 4758 del 1986) ma poi ha precisato che anche il TFR è soggetto al regime di cui all'art. 46 per cui le somme relative al TFR vanno escluse dall'attivo fallimentare nei limiti determinati dal giudice delegato, così come le retribuzioni (Cass. 30/07/2009, n.17751; Cass. n. 20/03/1999, n. 2591). Tesi quest'ultima più convincente da quando si è stabilito che non è del tutto esatto dire che non ci sono norme che vietano il pignoramento della liquidazione, ricorrendo anche per il TFr il limite del 20% per l'eventuale pignoramento presso terzi e del triplo dell'assegno sociale per le somme già pagate e accreditate sul c/c del dipendente (poiché ad oggi l'assegno sociale ammonta ad € 453, possono essere pignorate solo quelle somme superiori ad € 1.359).
      Seguendo questa linea, quindi, nell'ipotesi fatta del fallito che cessa il rapporto di lavoro presso terzi in pendenza di fallimento, troverebbe applicazione l'art. 46 l.f. anche per il TFR, per cui il giudice dovrebbe stabilire la quota che compete al fallito per i suoi bisogni e quella acquisibile al l'attivo fallimentare, cercando di non superare i livelli di pignorabilità fissati dalla legge il giudice delegato.
      Nel suo caso il rapporto di lavoro del fallito con il terzo è cessato a causa della morte del lavoratore, per cui si pone anche un problema successorio e sul punto e la regola generale è che il diritto alle spettanze maturate dal dipendente ma non effettivamente erogate allo stesso, quali: retribuzione del mese del decesso (se non accreditata prima del decesso), ratei maturati di mensilità aggiuntive ed altre eventuali spettanze non ancora riscosse, compete agli eredi (legittimi o testamentari), nel mentre, il TFR e l'indennità sostitutiva del preavviso devono essere corrisposti al coniuge, ai figli o, se a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado, indipendentemente dalle eventuali disposizioni testamentarie e al di fuori delle norme concernenti le successioni e, quindi, anche in caso di espressa rinuncia all'eredità.
      Come muoversi alla luce di questa normativa?
      Per quanto riguarda l'ultima retribuzione, la stessa va divisa secondo il criterio in atto già fissato dal giudice e la parte residua va assegnata agli eredi (e quindi alla mamma e al fratello del defunto se accettano l'eredità, anche se con beneficio di inventario). Quanto al TFR, si può chiedere al giudice di fissare la quota a favore degli aventi diritto e quella acquisibile al fallimento o più realisticamente di acquisire la quota pignorabile del 20% non potendosi tenere più conto delle condizioni del fallito, ormai deceduto, e della sua famiglia; il residui può andare ai soggetti indicati superstiti se accettano l'eredità, anche con beneficio di inventario, nel mentre se rinunciano alla stessa, per acquisire le loro spettanze devono dimostrare che essi erano a carico del fallito prestatore di lavoro. Se, infine, come lei dice si tratta di importi modesti e gli aventi diritto versano in condizioni di bisogno, potrebbe essere il caso di non essere eccessivamente rigorosi nell'applicare le norme.
      Zucchetti SG srl