Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Revocatoria del conferimento d’azienda in perdita

  • Massimo Adami

    Verona
    21/09/2018 19:03

    Revocatoria del conferimento d’azienda in perdita

    L'azienda di un'impresa individuale viene conferita in una società di persone, partecipata ovviamente anche dalla conferente.

    L'azienda viene stimata positivamente, ma nella perizia allegata all'atto si precisa che vi sono ingenti debiti (non indicati nel loro ammontare) tali da determinare una situazione di insolvenza. In effetti l'ammontare dei debiti è risultato poi essere quattro volte il valore della licenza, attrezzature e avviamento.

    Il conferimento viene imputato in minima parte a quota del socio conferente e in gran parte a riserve. E nell'atto si precisa che non vengono conferiti i debiti (naturalmente ciò può valere tra le parti ma non nei confronti dei terzi).

    La conferente fallisce e il curatore minaccia l'azione revocatoria dell'atto di conferimento ex art. 67 secondo comma, considerando il conferimento come "atto a titolo oneroso".

    In effetti il conferimento, genericamente considerato, è un atto a titolo oneroso. Tuttavia nel caso specifico il bene (azienda) ha un valore pesantemente negativo, quindi tale da non determinare, in termini concettuali, un depauperamento del conferente, il quale, di fatto, ha semmai conseguito il vantaggio di aver reso solidale al conferitario la propria obbligazione debitoria verso il ceto creditorio.

    In tale specifico contento mi chiedo se il conferimento possa considerarsi pur sempre "atto a titolo oneroso" e quindi suscettibile tout court di revocatoria. Non ho trovato precedenti giurisprudenziali, data anche l'anomala fattispecie.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      24/09/2018 10:50

      RE: Revocatoria del conferimento d’azienda in perdita

      Va premesso, come del resto lei ricorda, che quando è conferita in società un'azienda, il conferimento equivale - con riferimento ai debiti della stessa risultanti dai libri contabili - ad una cessione d'azienda in favore della società conferitaria, è pertanto, ai sensi dell'art. 2560 c.c., il cessionario responsabile al pari del cedente di detti debiti verso i terzi creditori che, a prescindere dalla regolamentazione dei rapporti interni tra le parti, possono pretenderne l'adempimento, anche immediatamente, dal cessionario (Cass. 16/05/1997, n. 4351). E' vero, quindi, che la cessione conferimento, non solo non ha apportato alcun danno ai creditori del conferente, ma addirittura ha dato il vantaggio di ampliare la sfera delle responsabilità.
      Tuttavia, la teoria che basava la revocatoria sul pregiudizio, nel senso che un atto poteva essere soggetto a revocatoria solo se ed in quanto avesse apportato una effettiva perdita o diminuzione della garanzia patrimoniale generica, è stata superata dalla c.d. teoria antiindennitaria elaborata da Maffei Alberti negli anni '70. Secondo questa visione la revocatoria fallimentare ha lo scopo di ripartire la perdita normalmente derivante dall'insolvenza accertata dalla sentenza dichiarativa di fallimento, non solo tra i creditori esistenti al momento della sentenza, ma tra una collettività più vasta, comprensiva anche di coloro che hanno avuto causa dal fallito prima del fallimento, quale rimedio rivolto a ripristinare la parità di trattamento tra tutti i creditori, pur nel rispetto delle eventuali cause di prelazione. In questa ricostruzione, quindi, la revocatoria fallimentare non ha tra i suoi presupposti il danno causato dall'atto impugnato tendendo, appunto, a ripartire la perdita tra i creditori, per cui possono essere assoggettati a revocatoria anche atti che non hanno causato pregiudizio o addirittura hanno portato ad un incremento del patrimonio del fallito rispetto alla consistenza precedente al compimento dell'atto, giacchè l'eventus damni è in re ipsa e consiste nella lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione.
      In questa ottica, i pregiudizi o i vantaggi non vanno considerati sotto l'aspetto giuridico per la loro irrilevanza, ma certamente devono essere tenuti presenti dal curatore sul piano della opportunità nel senso che è antieconomico per la massa esperire una revocatoria quando diventa superflua o addirittura dannosa economicamente in considerazione degli effetti diretti della stessa; la questione, cioè non è più di di diritto, ma diventa di fatto ed è lasciata alla valutazione del curatore, che poi deve essere autorizzato dal giudice, la scelta se impugnare o non determinati atti che, astrattamente, rientrerebbero nei confini della revocabilità. Nel caso descritto non vediamo l'utilità di una iniziativa revocatoria, ma, ripetiamo solo chi conosce gli atti in concreto può esprimere un giudizio.
      Zucchetti Sg srl