Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Custode e fallimento conduttore

  • Alessandro Sentieri

    Campiglia Marittima (LI)
    28/11/2015 13:57

    Custode e fallimento conduttore

    Buongiorno,
    sono stato nominato custode in una procedura avente per oggetto un immobile a uso industriale/artigianale locato con atto registrato in data precedente il pignoramento (e quindi opponibile) a società, per altro morosa nel pagamento dei canoni di locazione, dichiarata fallita, ma che in data antecedente al fallimento risulta aver locato l'intera azienda ad altra società.
    Vorrei conoscere il vostro parere in merito ad alcuni dubbi procedurali:
    1. la domanda di ammissione al passivo del fallimento della società conduttrice potrà essere presentata, se del caso, esclusivamente dalla società proprietaria esercitata, mentre nessun obbligo/dovere grava sul custode. E' corretto?
    2. premesso che il diniego di rinnovazione del contratto di locazione non è stato ancora trasmesso, essendo molto lontano il termine di scadenza, quali rapporti sussistono tra procedura esecutiva e società conduttrice del contratto di locazione di azienda stipulato dalla società fallita? Ovvero, la conduttrice del contratto di locazione di azienda, subentra automaticamente nel contratto di locazione dell'immobile in seguito al fallimento oppure è necessario verificare che cosa è eventualmente stabilito in tal senso nel contratto di affitto di azienda e adottare decisioni conseguenti (ovviamente guardando la problematica dalla parte del custode)?

    Ringrazio anticipatamente.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      30/11/2015 13:04

      RE: Custode e fallimento conduttore

      A, creditore di B che è proprietario di un immobile commerciale dato in locazione alla società C, esegue il pignoramento sull'immobile e nel corso di tale esecuzione lei viene nominato custode. Si scopre, poi, che C, moroso nel pagamento dei canoni a B, ha affittato la sua azienda a D, comprendendo nel contratto di affitto anche il contratto di locazione dell'immobile, e successivamente C è stato dichiarato fallito.
      Se le cose stanno così, il proprietario B ha la legittimazione ad insinuare al passivo del fallimento di C i canoni scaduti fino alla data del pignoramento, dopo di che "il locatore - proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all'aggiudicatario" (Cass. 03/10/2005, n. 19323; Trib. Ascoli Piceno, 22/02/2010). Ciò perché a norma dell'art. 2912 cc il vincolo del pignoramento si estende anche ai frutti del bene pignorato, se non assoggettati a separato pignoramento (presso terzi: art. 553 cpc). Pertanto, poiché la maturazione dei frutti civili, quali i canoni dovuti dal conduttore di un bene immobile, avviene giorno per giorno, ai sensi dell'art. 821, ultimo comma, cc, il relativo ammontare, dopo il pignoramento, deve esser acquisito alla procedura esecutiva perché destinato alla soddisfazione dei creditori intervenuti (art. 509 cpc).
      Con la seconda domanda lei propone un problema molto complesso che ha visto la Cassazione schierata su diversi orientamenti, che hanno trovato solo negli ultimi anni una composizione.
      Invero, secondo Cass. n. 4790 del 13 maggio 1998 e n. 2491 del 30 gennaio 2009, nel caso di affitto di azienda comprendente un immobile goduto in forza di un contratto di locazione, la ricorrenza di una cessione di tale contratto, anzichè di una sublocazione, va presunta, fino a prova contraria, alla stregua dei principi fissati dall'art. 2558 c.c., e, comunque, è evincibile dalla circostanza che il locatore abbia accettato il pagamento del canone direttamente in suo favore, cosi aderendo alla costituzione del rapporto con l'affittuario dell'azienda. Secondo, invece, Cass. n. 1133 del 2 febbraio 2000, n. 5237 del 3 aprile 2003 e 25219 del 1 dicembre 2009, la successione del cessionario e dell'affittuario dell'azienda nel contratto di locazione dell'immobile, ove viene svolta l'attività aziendale, non è un effetto automatico del trasferimento dell'azienda riconducibile alle disposizioni dell'art. 2558 c.c., e L. n. 392 del 1978, art. 36, in quanto le norme suddette consentono, ma non impongono, rispettivamente all'acquirente dell'azienda di subentrare nei contratti stipulati per l'esercizio di essa, semprechè non sia pattuito diversamente, nonchè al venditore dell'azienda, quale conduttore dell'immobile in cui la stessa si esercita, di sublocare l'immobile o di cedere il contratto di locazione senza il consenso del locatore e pertanto la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell'azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore.
      A partire da Cass. n. 7686 del 21 marzo 2008 ci sembra si stia consolidando una via intermedia, secondo cui, in caso di affitto di azienda relativo ad attività svolta in un immobile condotto in locazione, la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente di locazione non si verifica automaticamente ma come effetto o di un negozio separato fra cedente e cessionario dell'azienda ex art. 36 della legge n. 392/1978 o per effetto della presunzione posta dall'art. 2558 c.c., in base alla quale può ritenersi intervenuta, fino a prova contraria, una cessione del contratto di locazione (ad esempio, se il locatore abbia accettato, direttamente in suo favore, il pagamento, da parte del cessionario dell'azienda, del canone di locazione) (conf. Cass. n. 4986 del 28 febbraio 2013; Cass. n. 23087 del 30 ottobre 2014). Questa soluzione consente quindi alle parti del contratto di affitto o cessione di azienda di realizzare, con una negoziazione ad hoc, il subentro nella locazione anche senza il consenso del locatore, ma non esclude l'operatività della presunzione di cui all'art. 2558 c.c., salvaguardando però la tutela della effettiva volontà non solo del locatore dell'immobile ma anche del cessionario dell'azienda.
      E' da appurare, quindi, cosa è veramente accaduto tra le parti, perché se, alla luce dei criteri sopra detti, si può ritenere che D sia subentrato nel contratto di locazione, C da quel momento non è tenuto al pagamento dei canoni e il suo fallimento rileva solo ai fini di una eventuale revocatoria del contratto di affitto di azienda, comprensivo della cessione del contratto; se invece tale successione non si è verificata il contratto di locazione è ancora in capo a C, con conseguente applicazione dell'art. 80 l.f. )e tutte le relative e conseguenziali problematiche in ordine alla restituzione del bene e alla inevitabile risoluzione del contratto di affitto di azienda). In sostanza bisogna trovare un accordo tra B, il curatore del fallimento di C e D, altrimenti saranno problemi per tutti.
      Zucchetti Sg srl