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cessione quota ristorante sas ad acquirenti in contanti anzichè in assegni

  • Federico Betti

    Monterotondo (RM)
    01/12/2017 21:54

    cessione quota ristorante sas ad acquirenti in contanti anzichè in assegni

    Quesito è questo la socia accomandataria fallita possiede le quote di una ristorante in forma di sas.Interrogata dal curatore la fallita dichiara al curatore che non aveva evidenza del pagamento delle somme come da rogito ...quanto qui di seguito riportato:"A seguito dei colloqui e delle comunicazioni intercorse con il sottoscritto curatore nei mesi precedenti, in data 22/11/2017 alle ore 11;00 , presso lo studio , è comparsa la sig. accomandataria dichiarata fallita dal Tribunale di Tivoli con sentenza n. xxxx/2013 del 12/11/2013 , riconosciuta tramite Carta di Identità , al fine di rilasciare spontaneamente la seguente dichiarazione: In data 14/09/2011, presso lo studio del Notaio ho venduto insieme a mio marito xxxxxxxxxxxxx le quote possedute nella società "TRATTORIA xxxxxxx di xxxxxxxxx S.a.s. " ai sigg.ri xxxxxxxxxxxxxx, come da atto allegato alla presente. Il corrispettivo pattuito pari ad € 60.000/00 è stato integralmente pagato dai compratori, non come riportato in atto e cioè tramite assegno o bonifico bancario, ma in contanti, rispettando comunque il piano di rateazione stabilito. Tale metodo è stato adottato poiché all'epoca dovevo assolvere al pagamento di titoli cambiari e affitti arretrati relativi società ceduta. La sottoscritta rilascia la presente dichiarazione consapevole delle responsabilità da essa derivanti"

    Il curatore non potendo più agire nei confronti degli acquirenti a seguito delle dichiarazioni dell'accomandataria per la risoluzione del contratto né per revocatoria che azioni può esperire oltre alla azione di responsabilità nei confronti accomandataria quale amministratrice stessa ?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      04/12/2017 20:00

      RE: cessione quota ristorante sas ad acquirenti in contanti anzichè in assegni

      Se abbiamo ben capito la sig.ra A, dichiarata fallita in data 12.11.2013, quale socia accomandataria di una Sas, aveva in data 14.9.2011, ceduto, unitamente al marito le quote da essa possedute in altra sas denominata Trattoria, al prezzo di euro 60.000 che, nell'atto notarile di cessione si diceva essere stato pagato tramite assegno o bonifico bancario. La sig. A, interpellata dal curatore del suo fallimento, prima dichiara di non sapere gran che del pagamento di questa cessione (così interpretiamo l'espressione "non aveva evidenza del pagamento delle somme come da rogito") e, poi, messa probabilmente alle strette, dichiara al curatore, in data 22.11.2017 che "il corrispettivo pattuito pari ad € 60.000/00 è stato integralmente pagato dai compratori, non come riportato in atto e cioè tramite assegno o bonifico bancario, ma in contanti, rispettando comunque il piano di rateazione stabilito".
      Questa dichiarazione è priva di qualsiasi valore, nel senso che il curatore del fallimento della sig. A, se non ha la prova del pagamento della quota della fallita mediante assegni o bonifici come previsto nel negozio di compravendita, può ancora rivolgersi al cessionario chiedendogli il pagamento, non essendo opponibile alla massa la versione tardiva e successiva al fallimento resa dalla fallita della modalità del pagamento in contanti con quietanza dell'avvenuto pagamento. Anzi, se è corretta la ricostruzione che abbiamo fatto, questa tardiva dichiarazione si presenta come un maldestro tardivo tentativo di favorire l'acquirente, che depone a scapito proprio della veridicità della dichiarazione resa. .
      Del resto, anche se una tale quietanza fosse stata rilasciata in un atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, la stessa, per costante giurisprudenza (cfr. da ult. Cass. 9/10/2017, n. 24690) non avrebbe l'efficacia vincolante della confessione stragiudiziale ex art. 2375 c.c., ma unicamente il valore di documento probatorio dell'avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo, Ciò perché, nel giudizio promosso dal curatore del fallimento del creditore per ottenere l'adempimento dell'obbligazione, il curatore, pur ponendosi, nell'esercizio del diritto del fallito, nella stessa posizione di quest'ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo (in tal senso proprio Cass. supra cit.).
      Zucchetti Sg srl