Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - VARIE

socio fallito e crediti di lavoro per contestuale lavoro dipendente

  • Erica Bertocci

    Arezzo
    11/02/2021 13:15

    socio fallito e crediti di lavoro per contestuale lavoro dipendente

    Buongiorno
    Il socio (fallito) di Società in Nome Collettivo fallita risultava anche dipendente della stessa.
    Il socio per gli arretrati di retribuzioni e TFR presenta domanda allo Stato Passivo del fallimento della propria società fallita. L'importo è rilevante.
    Tralasciando le perplessità sulla cumulabilità del predetto rapporto (socio/dipendente di snc, quindi di se stessa) il Curatore chiede precisazioni sull'argomento per il fatto che il credito richiesto, stante la sua connotazione retributiva (sia pure sotto forma di risparmio "forzoso") è soggetto al regime stabilito dai commi 1 n. 2) e 2 dell'art. 46 LF. Pertanto si potrebbe ritenere che detto credito sia da ammettere, ma da acquisire all' attivo della procedura, salvo stabilire con provvedimento del GD l'importo e la periodicità per il mantenimento del socio(essendo in temporanea riscossione di indennità di disoccupazione).
    D'altronde se il Curatore avesse rinvenuto nel conto corrente del socio fallito un saldo attivo (derivante da qualunque tipo di entrata: retribuzioni/ o altro risparmio)
    l'avrebbe dovuto acquisire alla procedura.
    Se quanto affermato risulta corretto, eventualmente in quale sede è necessario formalizzare tale fattispecie?
    La Curatela come potrà acquisire con certezza il credito che sarà da richiedere al F. Garanzia INPS ?
    Ringrazio per cortese attenzione
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      11/02/2021 19:54

      RE: socio fallito e crediti di lavoro per contestuale lavoro dipendente

      Assolutamente no. L'art. 46 l. fall. riguarda "gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia", ossia le retribuzioni che il dipendente percepisce continuando a lavorare presso terzi, ma non colpisce il credito del lavoratore per retribuzioni arretrate e non pagate, che, se dovute, vanno riconosciute al passivo e pagate nei limiti delle disponibilità fallimentari.
      Zucchetti Sg srl
      • Erica Bertocci

        Arezzo
        12/02/2021 10:31

        RE: RE: socio fallito e crediti di lavoro per contestuale lavoro dipendente

        il lavoratore dipendente è sia socio fallito che dipendente della medesima snc fallita. (inquadrato sia come socio che come dipendente per 40 anni)
        Io ho ritenuto esprimermi, anche sulla base della cassazione 17751/09, pensando di escludere dall'attivo fallimentare il TFR e Retribuzioni arretrate nei soli limiti di quanto occorra per il mantenimento del fallito (da stabilire con provvedimento del GD)
        Perché la somma eccedente il mantenimento non dovrebbe essere acquisita all'attivo? Solo perché è un credito ? Ma il credito verrà pagato dall'INPS nel corso della procedura!
        E tutto questo, se vogliamo, indipendentemente dalla natura retributiva:
        Il fallito riscuoterà (in ipotesi 100.000 euro)ed il fallimento non potrà acquisire nulla?
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          12/02/2021 20:01

          RE: RE: RE: socio fallito e crediti di lavoro per contestuale lavoro dipendente

          Il fatto che nel caso il dipendente fosse anche socio illimitatamente responsabile della società fallita ha determinato il fallimento personale anche del socio e può far sorgere , come lei dice giustamente, delle perplessità sulla compatibilità tra la qualifica di socio e di dipendente (tale compatibilità è considerata un'eccezione, ammissibile nella sola ipotesi in cui il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di supremazia), ma una volta ammesso, come da sua premessa, tale compatibilità, il rapporto che viene in rilievo al momento del passivo è quello di lavoro subordinato e non più quello sociale, che non interessa più al fine della problematica da lei posta.
          Orbene, confermiamo che il fallimento del socio non potrà pretendere nulla su quanto il fallimento della società gli corrisponderà perché la somma che il lavoratore fallito riceve dal fallimento del suo datore di lavoro riguarda arretrati di salari o stipendi che non sono stati corrisposti che, se fossero stati versati a tempo debito, sarebbero stati utilizzati dal fallito e nulla avrebbe potuto pretendere il fallimento. Riguarda altresì il TFR, in quanto il diritto alla percezione matura alla cessazione del rapporto di lavoro, ma esso è una retribuzione differita che rappresenta la somma di accantonamenti annuali di una quota della retribuzione rivalutata periodicamente.
          L'art. 46 regola la diversa ipotesi che il lavoratore fallito continui a lavorare o inizi un nuovo lavoro ed è sulla retribuzione che egli riceve per questa attività che il giudice delegato può determinare la quota a lui attribuibile per il mantenimento suo e della sua famiglia. Il caso tipico più vicino alla fattispecie in esame è che A, fallito quale socio della snc B, lavori (già da prima del suo fallimento oppure da un momento successivo) quale dipendente presso la ditta C, per cui quanto paga, dal fallimento in poi, C ad A, rientra nella previsione dell'art. 46; pertanto, nel caso, questa disciplina sarebbe applicabile ove A iniziasse a lavorare per C o- a voler estremizzare il concetto- anche per B, se questa fosse ammessa all'esercizio provvisorio.
          Il fatto poi che intervenga il Fondo di garanzia presso l'Inps, è del tutto irrilevante per la procedura perché l'inps anticipa al lavoratore quanto ha diritto a percepire nel fallimento del suo datore di lavoro per TFR e le ultime tre mensilità, ma poi si surroga nella sua posizione, per cui per il fallimento nulla cambia. Chi trae vantaggio è il dipendente, ma il Fondo è stato istituito proprio allo scopo di evitare al dipendente il rischio della incapienza in sede fallimentare, sicchè l'Inps anticipa quanto di sua competenza al dipendnete es eil fallimento non paga, la perdita è sua.
          Né rileva l'importo che il fallimento o l'Inps corrisponde al lavoratore perché è la causa del credito, enon l'entità, che giustifica la sottrazione al fallimento; ad esempio, le somme spettanti a persona fisica successivamente fallita, a titolo di risarcimento del danno biologico o del danno morale, che possono essere anche rilevanti, attesa la natura strettamente personale, sin dall'origine, del relativo diritto, rientrano nella previsione dell' art. 46, comma 1, n. 2) l. fall . e non possono essere quindi attribuite al fallimento (Cass.15/10/2018 , n. 25618); egualmente, le somme versate dalla compagnia assicuratrice all'assicurato fallito a titolo di riscatto della polizza vita sono sottratte all'azione di inefficacia di cui all'art. 44 l.fall. in virtù del combinato disposto degli artt. 1923 c.c. e 46, comma 1, n. 5, l.fall., riguardando l'esonero dalla disciplina del fallimento tutte le possibili finalità dell'assicurazione sulla vita e, dunque, non solo la funzione previdenziale ma anche quella di risparmio ( Cass. 14/06/2016, n.12261), e così via.
          Zucchetti Sg srl