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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CONCORDATO
Concordato preventivo con liquidazione e lmessa in iquidazione volontaria post concordato
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Fausto Aquilino
Foggia16/07/2018 13:12Concordato preventivo con liquidazione e lmessa in iquidazione volontaria post concordato
Sono il Commissario Giudiziale in un concordato con liquidazione, con totale cessione dei beni della S.r.l.. Gradirei ricevere un Vostro parere in merito alle seguenti problematiche sopposte alla mia attenzione da parte della debitrice concordataria e che dovrei rimettere al G.D.:
a) dopo il deposito del piano concordatario la società può essere messa in liquidazione?
b) Lo scioglimento volontario della società può avvenire mediante delibera assembleare solo a norma dell'art. 2484, comma I, n. 6, c.c., motivata, ove occorra, dalla perdita rilevante del capitale sociale?
c) La messa in liquidazione non necessita di autorizzazione (nel nostro caso, la procedura è nella fase antecedente all'udienza di voto dei creditori) del Giudice Delegato in quanto costituisce espressione della libertà di iniziativa economica ed attiene alle modalità organizzative attraverso le quali è portata avanti la gestione del patrimonio?
d) Possono esserci interferenze tra le messa in liquidazione volontaria e la procedura di concordato preventivo con liquidazione, che rendono necessario valutare la compatibilità e la coerenza dello stato di liquidazione con le scelte poste alla base del piano e della proposta? Tale valutazione rimane propria degli organi della procedura e dei creditori?
Fatte queste domande osservo:
Si legge nella massima n. 49 in "Crisi d'impresa e cause di scioglimento -art. 2484 n. 4 e n. 6 c.c.- della società in concordato preventivo" in "Osservatorio del diritto societario" che "in tutti i casi però la valutazione (circa la neutralità del sopravvenuto stato di liquidazione rispetto al piano:n.d.r.) non può condurre a bloccare la liquidazione, quanto invece a determinare l'inammissibilità del concordato, ovvero la revoca ai sensi dell'art.173 L.F., ogni qual volta lo stato di liquidazione possa risultare incompatibile con le soluzioni poste alla base del concordato".. Interpreto questo passaggio nel senso che le operazioni di liquidazione restano riservate alla sede volontaria e non giudiziale.
L'art. 182 sexies L.F., ultima parte, chiarisce che qualora i presupposti per lo scioglimento e la messa in liquidazione della società si verifichino prima del deposito della istanza di concordato preventivo, il deposito di tale domanda non impedisce di configurare la responsabilità degli amministratori per gli eventuali inadempimenti degli obblighi di gestire la società in un ottica meramente conservativa ai sensi dell'art. 2486, I° comma, c.c..
In altri termini, la mancata tempestiva adozione delle delibere di cui agli artt. 2447 e 2482 ter e la conseguente operatività della causa di scioglimento di cui all'art. 2484 n. 4 non esonerano l'amministratore dalle responsabilità previste dall'art. 2486..
In definitiva se, per non incorrere in responsabilità, l'amministratore deve depositare l'istanza di concordato preventivo prima che le perdite di capitale superino le soglie previste dalle disposizioni citate o, al più, dopo che l'assemblea, tempestivamente convocata, ha omesso di deliberare la riduzione e il contestuale aumento del capitale, l'operazione di messa in liquidazione, come oggi prospettata, appare, a mio sommesso parere, irrilevante perché tardiva ed inidonea ad evitare in capo agli amministratori le responsabilità previste dall'art. 2486 c.c..
Poiché le finalità dell'operazione esposte mirano proprio a questo (e per motivi di lealtà e trasparenza, attesa la singolarità dell'operazione, tali finalità dovrebbero essere rappresentate al Giudice Delegato)?
Infine, esiste una necessità anche da un punto di vista fiscale di regolare lo stato della società e, quindi, definire i redditi di periodo secondo la normativa delle società di capitali in liquidazione?
Certo di un Vostro prezioso riscontro invio Cordiali saluti.
Fausto Aquilino.
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Zucchetti SG
Vicenza17/07/2018 19:34RE: Concordato preventivo con liquidazione e lmessa in iquidazione volontaria post concordato
Perdita di capitale sociale e situazione di crisi costituiscono due fenomeni diversi, in quanto la crisi d'impresa non presuppone necessariamente una situazione di deficit patrimoniale, pur se alcune cause di scioglimento, e principalmente quella che si collega alla perdita del capitale sociale, sono sintomo di una crisi, che impone reazioni comportamentali particolari da parte degli amministratori che il legislatore ha codificato.
A questo problema della perdita del capitale sociale il legislatore fallimentare dedica l'art. 182 sexies sancendo, nel primo comma, la temporanea sospensione delle norme di diritto societario relative alla riduzione obbligatoria del capitale per perdite, al conseguente scioglimento e alle responsabilità dell'organo gestorio in modo che anche una sociteà che si trovi in queste condizioni possa accedere al concordato; e statuendo, nel secondo comma, che per il periodo anteriore al deposito della domanda di concordato continuerà a trovare applicazione l'art. 2486 c.c., che prevede che, al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori sono tenuti a gestire la società "ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale", pena la loro personale e solidale responsabilità per i danni arrecati a società, soci, creditori sociali e terzi. è chiaro che il primo comma la lo scopo di favorire l'accesso al concordato, ovviamente a quello con continuità, anche delle società con capitale eroso, e il secondo comma ha lo scopo di incentivare il tempestio avvio delle procedure concorsuali c.d. minori.
Ne discende in primo luogo, che è di vitale importanza la immediata e tempestiva percezione dei segnali di crisi, o prima ancora di declino, in modo da consentire agli amministratori di prendere le decisioni più adeguate che i sistemi societario e fallimentare offrono in relazione proprio al grado si incisività della crisi, dato che la mancata o tardiva percezione della crisi può configurare una responsabilità degli amministratori per violazione non solo del generale obbligo di diligenza, ma di una serie di specifici doveri finalizzati proprio alla tempestiva percezione dell'andamento societario; inoltre quando la crisi si aggrava al punto tale determinare una perdita del capitale sociale superiore al terzo rispetto al capitale nominale sottoscritto, o addirittura una riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, l'accusa di non aver provocato l'interruzione dell'attività d'impresa, o comunque di non aver sorvegliato affinché la gestione divenisse meramente «conservativa», in presenza di perdite che hanno eroso il patrimonio netto o lo hanno comunque ridotto ad un valore inferiore al capitale minimo richiesto per quel tipo societario, diventa inevitabile.
E' pertanto esatto che, come lei dice, "per non incorrere in responsabilità, l'amministratore deve depositare l'istanza di concordato preventivo prima che le perdite di capitale superino le soglie previste dalle disposizioni citate o, al più, dopo che l'assemblea, tempestivamente convocata, ha omesso di deliberare la riduzione e il contestuale aumento del capitale"; di conseguenza. Una volta depositata la domanda, essendo sospesa la causa di scioglimento, gli amministratori non avranno più la necessità di adoperarsi per il ripristino del capitale o la messa in liquidazione ed, infatti, essi torneranno ad avere la possibilità di gestire la società non più in chiave meramente conservativa, ma in ossequio al generale principio della business judgement rule, fermo restando che, nel caso di accesso al concordato, i criteri di gestione dell'impresa in crisi si incardineranno all'interno delle precise regole della procedura, fortemente tutelanti per i creditori, per cui lo spazio di manovra degli amministratori sarà alquanto limitato e vi sarà un costante controllo da
parte degli organi della procedura.
A chi gestisce l'impresa la legge chiede, quindi, di affrontare tempestivamente la crisi, anche attraverso il ricorso agli istituti di soluzione negoziale quali il concordato o la ristrutturazione dei debiti, con conseguente responsabilità se non lo fa; altra cosa, che nulla ha a che vedere con la responsabilità degli amministratori, è la sorte della società amministrata.
Questa, in presenza di una causa di scioglimento prevista dalla legge, può deliberare lo scioglimento e la messa in liquidazione in ogni momento, anche se la società è stata ammessa al concordato, e senza bisogno di alcuna autorizzazione degli organi concorsuali perché, come lei giustamente ricorda, trattasi di "espressione della libertà di iniziativa economica" e perché la massa in liquidazione volontaria della società non interessa la procedura concordataria in quanto non interferisce su questa; una volta deliberato lo scioglimento volontario, infatti, la liquidazione non può essere affidata al liquidatore volontario in quanto i beni sono stati già messi a disposizione dei creditori ed è in corso una procedura concorsuale il cui scopo è proprio quello di liquidare detti beni e soddisfare i creditori.
L'unico problema può riguardare la compatibilità logico giuridica tra scioglimento e concordato, ma a noi sembra che tale incompatibilità sussista solo con un concordato in continuità diretta il cui piano prevede la continuazione dell'attività attraverso cui soddisfare i creditori; nel caso, invece, di un concordato con cessione dei beni, in linea di massima, tutte le ipotesi di scioglimento di cui all'art. 2484 c.c. sembrano compatibili.
Zucchetti SG srl
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