Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - RIPARTI

PIANO DI RIPARTO SNC FALLITA A SEGUITO DEL DECESSO DI UN SOCIO

  • Michele Cattaneo

    BRESCIA
    20/09/2018 17:47

    PIANO DI RIPARTO SNC FALLITA A SEGUITO DEL DECESSO DI UN SOCIO

    Buongiorno, mi trovo nel seguente caso:
    SNC fallita con 3 soci, falliti anche essi per estensione.
    Tutti e 4 i soggetti, detenevano attività e beni acquisiti all'attivo fallimentare e per tutti i soci sono pervenute insinuazioni al passivo individuali (oltre ovviamente alle insinuazioni al passivo della società che si considerano imputate anche ai fallimenti individuali dei soci).
    Uno dei soci è deceduto (successivamente alla dichiarazione di fallimento) e i due eredi (moglie e figlio anche essi falliti per estensione nel fallimento della medesima SNC di cui sopra) hanno accettato l'eredità. Il dubbio è, se ai fini del riparto, la massa del fallito deceduto debba essere distinta da quella degli eredi o se debba essere imputata agli eredi sulla base delle rispettive quote ereditarie. Lo scrivente ritiene che la massa netta del socio defunto (attivo liquidato al netto dei relativi costi imputati) debba essere tenuta distinta ai fini del riparto da quelle degli eredi e quindi su tale massa avranno diritto a soddisfarsi solamente i creditori sociali ed i creditori individuali del socio.
    Ringrazio per l'attenzione e porgo cordiali saluti.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      24/09/2018 10:42

      RE: PIANO DI RIPARTO SNC FALLITA A SEGUITO DEL DECESSO DI UN SOCIO

      Anche noi siamo della sua stessa opinione che conduce ad una soluzione voluta dalla legge, in particolare dall'art. 12 l.f.
      Tale norma pone il principio che la procedura di fallimento non si interrompe a seguito della morte del fallito, ma prosegue nei confronti degli eredi o rappresentanti degli stessi; nel caso di eredità giacente (quando il o i chiamati non hanno accettato l'eredità e non sono nel possesso dei beni) "la procedura prosegue in confronto del curatore dell'eredità giacente", precisa il secondo comma o nei confronti di un amministratore giudiziario nel caso di erede istituito sotto condizione sospensiva di cui all'art. 641 c.c.
      Per meglio spiegare il significato della norma ipotizziamo il caso (che poi è quello più comune) che il fallito abbia degli eredi che sono in bonis (e non anch'essi falliti come nella fattispecie). In questo caso la formula utilizzata dall'art. 12, secondo cui la procedura fallimentare "prosegue" nei confronti degli eredi o del curatore all'eredità giacente ecc., è significativa in quanto chiarisce che costoro sono soltanto i soggetti che, in sostituzione del fallito, o, in caso di sua morte, dei suoi eredi, si interfaccia con il curatore fallimentare per le esigenze della procedura, ma gli effetti patrimoniali del fallimento permangono così come fino a quel momento si sono determinati. Ciò significa che se vi sono eredi in bonis che abbiano accettato l'eredità, il patrimonio del defunto continua a rimanere separato (per effetto del fallimento) da quello degli eredi, anche se questi hanno accettato in via pura e semplice, e che sul patrimonio fallimentare partecipano i soggetti che nello stato passivo sono stati individuati come i creditori del fallito defunto; gli stessi creditori potranno eventualmente agire al di fuori del fallimento direttamente sul patrimonio degli eredi puri e semplici. In sostanza la disponibilità dei beni del socio defunto è già passata al curatore fallimentare con la dichiarazione di fallimento, per cui è questi che procede alla liquidazione dei beni e al pagamento dei creditori, nel mentre gli eredi accettanti o il curatore dell'eredità giacente ecc. hanno il compito che avrebbe avuto il fallito, ove fosse rimasto in vita (impugnare o continuare l'impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, riprendere i beni abbandonati dalla procedura ex art. 104ter, co. 8, essere sentito nei casi previsti sia sentito il fallito, ecc); in questo senso, quindi, la procedura fallimentare prosegue nei confronti degli eredi, come prosegue nei confronti del curatore all'eredità giacente o dell'amministratore nominato a norma dell'art. 641 c.c..
      Lo stesso meccanismo, in parte si riproduce anche nel caso che gli eredi siano stati dichiarati falliti. Intanto ci sembra strano che questi abbiano accettato in via pura e semplice e non con beneficio di inventario, che di per sé terrebbe separati i patrimoni; tuttavia anche se l'accettazione è stata effettuata in via pura e semplice, la separazione ormai determinata dal fallimento permane, come nel caso precedente, per cui il patrimonio del fallito defunto serve a soddisfare i creditori sociali e i ceditori personali ammessi allo stato passivo di questi.
      I creditori del deceduto che, come detto, se gli eredi pieni non fossero falliti, potrebbero agire sui patrimoni di costoro, in presenza del fallimento potrebbero insinuarsi al passivo dei soci eredi; ovviamente, poiché questi già rispondono dei debiti sociali, il discorso potrebbe riguardare i soli creditori personali del socio deceduto, che, per effetto dell'accettazione non beneficiata, possono ora contare anche sui patrimoni degli eredi, anche se questi, a causa dell'esistente fallimento, non si sono confusi con quello del defunto.
      Zucchetti SG srl