Forum ESECUZIONI - PROGETTO DI DISTRIBUZIONE

Prededuzioni e rapporto temporale tra pignoramento e privilegio

  • Francesca Ornella Ferraro

    crotone
    02/12/2018 22:32

    Prededuzioni e rapporto temporale tra pignoramento e privilegio

    Riassumo, per quanto possibile,il caso: 1)viene incardinata procedura esecutiva immobiliare,con pignoramento di porzione di quote indivise di immobili in comunione ereditaria (con comproprietari non debitori). 2)Il CTU rileva di non aver rinvenuto atti di accettazione dell'eredità e la procedura viene sospesa. 3) Il creditore procedente ricorre in giudizio per fare dichiarare ed accertare l'accettazione tacita dell'eredità (il debitore si costituisce assumendo di aver rinunciato all'eredità giusto atto di rinuncia innanzi all'organismo di conciliazione) Il Giudice accoglie il ricorso ex art 702 bis cpc e dichiara erede il debitore (per mancanza di una dichiarazione formale, ricevuta da notaio o da cancelliere atta ad impedire l'ingresso dei diritti derivanti dall'eredità nel suo patrimonio) e lo condanna, con distrazione in favore del procuratore, alle spese del procedimento. 4)Viene riassunto il procedimento esecutivo e spiega intervento in proprio il legale del creditore procedente richiedendo dette spese oltre a quelle di precetto. 5) La procedura esecutiva prosegue fino a nuova sospensione per giudizio divisorio (stante il mancato accordo dei contitolari). 6) Per effetto della divisione giudiziale viene cancellato il pignoramento e trascritto altro pignoramento (restrizione del pignoramento alle quote del debitore). 7) Successivamente viene depositato il progetto di distribuzione ove non viene riconosciuto il privilegio generale mobiliare (credito di lavoro e del professionista) chiesto da parte del creditore procedente e dal suo legale intervenuto in proprio, per mancata prova dell'infruttuosa esecuzione mobiliare. 8) In sede di OSSERVAZIONI, il creditore procedente fornisce la prova dell'infruttuosa esecuzione mobiliare (su tale punto nulla quaestio) mentre il legale del creditore, intervenuto in proprio, chiede ex novo il riconoscimento in PREDEDUZIONE del proprio credito (spese liquidate con distrazione, spese di precetto e di intervento nell'esecuzione) in quanto funzionali all'esecuzione stante l'accertamento dello status di erede del debitore e cita cass. 8533/2013, ed in ogni caso come già richiesto col privilegio generale mobiliare ex art 2751 bis n. 2.
    A questo punto le questioni sono:
    a) Il credito del legale intervenuto in proprio può essere riconosciuto in prededuzione (categoria espressamente riconosciuta e disciplinata in altri ambiti specifici. Il credito vantato deriva da una negligenza originaria dovuta alla mancata verifica della continuità delle trascrizioni e quindi a mio parere "impropriamente funzionale" al conseguimento del risultato fisiologico in quanto tale accertamento doveva essere preliminare all'esecuzione) così come richiesto in sede di osservazioni? detta richiesta andava avanzata in sede di precisazione del credito? si può far rientrare nell'art 2755 o 2770 c.c. ecc. ;
    b) Il privilegio ex art 2751 bis n. 2, del legale intervenuto in proprio, può operare anche se sorto "successivamente al pignoramento immobiliare poi cancellato (per restrizione dei beni stante la divisione giudiziale) e "prima" della trascrizione del pignoramento immob. sulle quote assegnate al debitore, o trova applicazione l'art 2916 c.c. n. 3?

    c)L'interventore, può avvalersi della prova dell'esecuzione mobiliare infruttuosa del creditore procedente, anche se vanta un titolo sorto a distanza di due anni da tale esperimento o avrebbe dovuto esperire, altro tentativo in proprio, visto il tempo intercorso ed atteso che si può procedere ad esecuzione mobiliare anche dopo l'esecuzione immobiliare ?

    Ringrazio anticipatamente
    • Zucchetti SG

      06/12/2018 16:26

      RE: Prededuzioni e rapporto temporale tra pignoramento e privilegio

      Per fornire una risposta compiuta agli interrogativi posti occorre una preliminare, necessaria ricostruzione del dato normativo e giurisprudenziale di riferimento.
      Affinché possa procedersi ad una espropriazione forzata è necessario che il bene sottoposto a pignoramento appartenga al debitore esecutato o che si tratti di un bene che, seppure appartenente ad un terzo, sia stato costituito in garanzia in favore del creditore procedente.
      Quando l'oggetto del pignoramento è costituito da beni immobili o da beni mobili iscritti nei pubblici registri, la titolarità del bene in capo all'esecutato deve risultare dai registi immobiliari mediante la trascrizione, in suo favore, di un valido titolo di acquisto.
      Nelle ipotesi in cui il bene sia stato acquistato dall'esecutato per accettazione dell'eredità cui è stato chiamato per successione mortis causa, si impone che detta accettazione sia stata trascritta in suo favore ai sensi dell'art. 2648 c.c..
      A questo proposito va ricordato che il codice riconosce due modi di accettazione dell'eredità: quella espressa (art. 475 c.c.), che si compie per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e quella tacita (art. 476 c.c.), che consiste nel compimento di atti che presuppongono necessariamente la volontà di accettare e che il chiamato non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede.
      Nel primo caso oggetto di trascrizione sarà l'atto pubblico di accettazione dell'eredità; nel secondo caso sarà oggetto di trascrizione l'atto implicante l'accettazione tacita, ai sensi del terzo comma dell'art. 2648, ove questa risulti da titolo (atto pubblico o scrittura privata autenticata) idoneo ad essere trascritto nei pubblici registri. Questa norma prevede peraltro (e la cosa ha rilievo proprio ai fini che qui interessano) che, in mancanza di trascrizione dell'accettazione proveniente dall'erede, se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importano accettazione tacita dell'eredità, chiunque possa richiedere la trascrizione di quell'atto, qualora risulti da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
      Dunque, in mancanza di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, colui il quale intenda dimostrare e trascrivere in favore dell'erede il titolo di acquisto dell'eredità dovrà ottenere una sentenza che accerti l'intervenuta accettazione tacita proponendo domanda giudiziale in tal senso, e provvedere alla sua trascrizione.
      Nei termini sopra richiamati si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha osservato che "in materia di espropriazione immobiliare, qualora sia sottoposto a pignoramento un diritto reale su un bene immobile di provenienza ereditaria e l'accettazione dell'eredità non sia stata trascritta a cura dell'erede - debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità, può richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione del pignoramento, ripristinando così la continuità delle trascrizioni ai sensi e per gli effetti dell'art. 2650, comma secondo, cod. civ., purché prima dell'autorizzazione alla vendita ai sensi dell'art. 569, cod. proc. civ. Se, invece, il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità ma questo non sia trascrivibile, perché non risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l'acquisto della qualità di erede sia seguito ex lege ai fatti di cui agli artt. 485 o 527 cod. civ., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza" (Cass. 26 maggio 2014, n. 11638).
      Nell'affermare questo principio, la citata pronuncia ha avuto modo di precisare che se è vero che quando la trascrizione dell'acquisto mortis causa non è effettuata, le trascrizioni ed iscrizioni successive, compresa la trascrizione del pignoramento, non producono effetto a carico dell'acquirente successivo, ai sensi dell'art. 2650, primo comma, è altrettanto vero che in forza del secondo comma del medesimo art. 2650, se la continuità viene ripristinata, le successive trascrizioni ed iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo (salvo il disposto dell'art. 2644), sicché "una volta trascritta l'accettazione di eredità e ripristinata la continuità delle trascrizioni (nel presupposto che non vi siano trascrizioni o iscrizioni intermedie e quindi non operi l'art. 2644), pur dopo la trascrizione del pignoramento, questo mantiene i suoi effetti e la trascrizione del successivo decreto di trasferimento avrà, a sua volta, effetto contro coloro che abbiano iscritto o trascritto diritti in epoca successiva alla trascrizione del pignoramento". La ricostruzione sistematica appena compiuta consente di affermare che quando sia stato sottoposto a pignoramento un bene immobile pervenuto all'esecutato per successione mortis causa non trascritta, il creditore ha la possibilità di ripristinare la continuità delle trascrizioni provvedendo, a sua cura e spese, alla trascrizione del titolo di acquisto, ove esistente, o instaurando un autonomo procedimento giudiziario volto a conseguire un titolo accertativo dell'acquisto che possa essere trascritto.
      Se così è, la trascrizione del pignoramento, sebbene precedente alla trascrizione della sentenza di accertamento dell'intervenuto acquisto iure hedreditatis, è idonea ad assolvere alla sua funzione prenotativa rendendo inopponibili al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti (e quindi al futuro 'aggiudicatario) gli atti dispositivi del bene successivamente compiuti dall'esecutato.
      La conseguenza delle argomentazioni sin qui svolte è quella per cui, a nostro avviso, il privilegio di cui al combinato disposto degli artt. 2770 (il quale dispone che "i crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi o per l'espropriazione di beni immobili nell'interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi") e 2777 c.c. (in forza del quale "I crediti per spese di giustizia enunciati dagli articoli 2755 e 2770 sono preferiti ad ogni altro credito anche pignoratizio o ipotecario") deve essere riconosciuto sia al credito per le spese dell'atto di pignoramento che a quello per le spese del giudizio di divisione, (ivi comprese le competenze dovute al difensore) poiché sia le une che le altre si sono rivelate utili alla massa dei creditori, ricadendo perciò nella cornice dell'art. 2770.
      Rispetto al quadro appena descritto una menzione a parte va operata con riferimento alle spese del precetto ed alle competenze relative all'atto di intervento spiegato in proprio dal difensore.
      Quanto alle prime, la loro riconoscibilità in privilegio ai sensi dell'art. 2770 non è unanimemente condivisa.
      Secondo alcuni esse godrebbero del privilegio in quanto il precetto è propedeutico all'esecuzione, ovvero in rapporto di strumentalità necessaria con l'azione esecutiva. A parere di una opposta ricostruzione invece il precetto non crea un vincolo di destinazione sui beni del debitore, per cui esso non giova che al creditore che lo notifica.
      Per risolvere la questione riteniamo che occorra indagare sulla funzione del pignoramento, vista per così dire ex post, cioè ad esecuzione ormai iniziata.
      Infatti, se è vero che il precetto non crea vincoli sui beni del debitore, e se è parimenti vero che la notifica del precetto serve ad avvertirlo del fatto che se non adempie si procederà ad esecuzione forzata (tanto che ai sensi dell'art. 482 c.p.c. tra la notifica del precetto e l'inizio dell'esecuzione devono intercorrere almeno dieci giorni) è altrettanto vero che, una volta iniziata l'esecuzione, il creditore che voglia agire esecutivamente contro il debitore per soddisfare la sua pretesa, nel momento in cui spiega l'intervento si giova del pignoramento già eseguito, essendo dispensato dalla necessità di eseguirne uno ulteriore, e quindi trae beneficio anche del precetto già notificato.
      Quanto appena affermato trova indiretta conferma nella pronuncia resa da Cass. n. 22645/2012 la quale ha affermato che "non è mai previsto… in linea generale e salve specifiche disposizioni … che l'intervento debba essere preceduto da precetto".
      Ergo, se il creditore intervenuto si avvale degli effetti del precetto notificato dal creditore procedente, è evidente che le spese di quel precetto si risolveranno a vantaggio di tutti i creditori.
      Quanto alle spese dell'intervento sostenuto dal difensore in proprio, è vero che l'atto di intervento non giova che al creditore interveniente, per cui generalmente il compenso dovuto al difensore del creditore intervenuto non gode del privilegio di cui all'art. 2770, ma è altrettanto vero che nel caso prospettato nella domanda il privilegio di cui all'art. 2770 si ricava dall'applicazione dell'art. 2749 c.c., a mente del quale "il privilegio accordato al credito si estende alle spese ordinarie per l'intervento nel processo di esecuzione"; dunque, poiché il compenso dovuto al difensore gode del citato privilegio, anche le competenze funzionali al suo recupero seguiranno la medesima collocazione.
      A proposito della natura "prededucibile" di questi crediti, riteniamo che il problema sia normalmente di tipo formale piuttosto che sostanziale.
      Pervero, in materia di esecuzione forzata individuale manca una norma analoga a quella di cui all'art. 111 l.f., che al secondo comma stabilisce che sono prededucibili i crediti "sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali" (analoghe previsione si rinvengono nel panorama normativo in altri settori: si pensi, ad esempio all'art. 61, comma 3, d.lgs. n. 159/ 2011 (c.d. Codice antimafia) il quale prevede che sono prededucibili i crediti "sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione").
      L'assenza di una disposizione di tal fatta porta ad escludere che in seno all'esecuzione individuale possa parlarsi di prededuzione, ed il termine viene generalmente riferito ai crediti di cui all'art. 2770. Sennonchè un concetto di prededuzione può albergare anche in sede esecutiva con riferimento alle spese della procedura che non siano state anticipate da alcuno dei creditori, e che quindi non possono collocarsi nel perimetro dell'art. 2770 c.c.
      Soltanto in questi termini potrà parlarsi di spese prededucibili, nel senso che il relativo importo non andrà a costituire l'attivo distribuibile dovendo andare a rimborsare quei costi (in questi termini Cass. sez. III, 22 giugno 2016, n. 12877).
      Infine, quanto al momento ultimo entro il quale un privilegio può essere richiesto, osserviamo che non essendovi preclusioni temporali, la relativa istanza può intervenire anche all'udienza fissata per la discussione ed approvazione del piano di riparto.