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COORDINAMENTO TRA ESECUZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO

  • Michele Giorgiutti

    Venezia
    31/08/2018 12:41

    COORDINAMENTO TRA ESECUZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO

    La società ora ammessa al C.P. in epoca antecedente alla domanda di ammissione aveva concesso garanzia ipotecaria (di 2° grado) su un proprio immobile a favore di una società terza, per finanziamento bancario ricevuto da quest'ultima società. Il piano concordatario aveva prudenzialmente previsto la soddisfazione del solo creditore ipotecario di 1° grado e la "perdita" del residuo perché a soddisfazione di terzi non creditori del C.P.. La banca creditrice della terza società ha intrapreso esecuzione ordinaria sul bene. La procedura di C.P. è intervenuta nell'E.I. per far valere i crediti della massa dei creditori. Tra questi non solo il creditore ipotecario di 1° grado, che è creditore della società ammessa al concordato, ma anche dei crediti maturati in prededuzione durante il C.P. Tra questi a mio avviso vanno compresi i costi del perito immobiliare che ha stimato il bene in sede di concordato, quota del compenso del commissario e del liquidatore giudiziale (calcolata sul realizzato) ed anche l'IMU-TASI maturato e pagato durante il C.P. in quanto trattasi di spesa specifica inerente il medesimo bene immobile. E' corretta secondo Voi questa impostazione? Ringrazio fin d'ora per la risposta.
    Michele Giorgiutti
    • Zucchetti SG

      03/09/2018 08:17

      RE: COORDINAMENTO TRA ESECUZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO

      Per rispondere al quesito formulato occorre richiamare preliminarmente alcune coordinate normative di riferimento.
      Primo fra tutti l'art. 41, comma secondo, d.lgs 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) il quale in deroga all'art. 51 l.fall. consente al titolare di credito fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva "anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore", aggiungendo che "Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione", e che "La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento".
      Viene poi in rilievo l'art. 52 l.fall., il quale dopo aver stabilito che ogni credito, anche se privilegiato o prededucibile deve essere accertato in sede fallimentare, salvo che la legge non disponga diversamente, aggiunge all'ultimo comma (introdotto dall'art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169) che questa previsione si applica anche ai crediti fondiari.
      Infine, deve essere tenuto a mente l'art. 110, comma primo, secondo periodo, l.fall., che in coerenza con quanto previsto dal richiamato art. 52 dispone che nel piano di riparto vanno collocati anche i crediti fondiari.
      Queste norme sono state lette dalla dottrina come il precipitato normativo dell'idea per cui anche il creditore fondiario che in pendenza di fallimento ha coltivato l'azione esecutiva individuale è tenuto ad insinuarsi al passivo, solo così potendosi operare il conguaglio tra quanto percepito nella procedura e quanto gli compete nel fallimento in base alle regole del concorso, essendo il suo un mero privilegio processuale non sottratto né al concorso formale (ammissione al passivo) né a quello sostanziale (collocazione nel riparto).
      In questi termini si esprime la stessa relazione ministeriale illustrativa al citato d.lgs, dove all'art. 4 si legge che "L'aggiunta, da parte del comma 2, di un terzo comma all'art. 52 del r.d. serve a chiarire che, anche i crediti per i quali non vige il divieto di azioni esecutive e cautelari sancito dall'art. 51 r.d. sono assoggettati al "concorso formale", per cui, al fine di essere soddisfatti in sede concorsuale, devono essere previamente accertati, come tutti gli altri crediti, dal giudice delegato. In tal modo, viene ad acquistare valore normativo il principio di elaborazione giurisprudenziale Secondo cui tali crediti possono trovare soddisfazione solo nell'ambito della procedura concorsuale. Tenuto conto di ciò non è stata accolta l'osservazione del Senato con cui si chiedeva la soppressione di tale modifica". Nella stessa direzione il successivo art. 8, a mente del quale "Il comma 1 reca modifiche all'art. 110 del r.d. Nell'art. 110, comma 1, l'aggiunta di un periodo, dopo il primo, serve a chiarire - in parallelo con quanto dispone il nuovo comma 3 dell'art. 52 del r.d. - che i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari fruiscono di un privilegio puramente processuale (il potere di iniziare o proseguire l'espropriazione pur in pendenza del fallimento del debitore), ma non sono esentati dal 'concorso sostanziale': come tutti gli altri crediti devono essere ammessi al passivo ('concorso formale') e poi devono essere collocati nei riparti ('concorso sostanziale') per poter trattenere in via definitiva quanto è stato ricavato dall'espropriazione singolare da loro compiuta", ed anche la giurisprudenza (Cass., 30/03/2015, n. 6377).
      Molto si discute in ordine alla necessità che il creditore fondiario debba preliminarmente insinuarsi al passivo per ottenere il versamento diretto in suo favore del ricavato dalla vendita del bene pignorato.
      Secondo una prima impostazione ermeneutica, dal citato art. 52, comma 3 l.fall. (che prevede l'obbligo di insinuazione al passivo anche dei creditori fondiari) si ricaverebbe il principio per cui l'intervenuto accertamento nel passivo fallimentare del credito fondiario costituisce presupposto necessario per l'attribuzione provvisoria del ricavato della vendita in sede di esecuzione individuale, con la conseguenza che in assenza di insinuazione l'attribuzione provvisoria non potrebbe avvenire in difetto di titolo accertativo del credito, rappresentato dal decreto giudiziale di ammissione al passivo.
      A questa opinione è tuttavia possibile affiancare l'idea, per la verità minoritaria ma a nostro avviso più aderente al dettato normativo, secondo cui l'insinuazione al passivo è presupposto necessario non già per l'assegnazione provvisoria, ma per la definitiva attribuzione di quanto conseguito (provvisoriamente) in sede di esecuzione individuale.
      Da un lato, infatti, viene in considerazione l'art 41, comma secondo TUB il quale prevede che sia attribuito alla banca quanto risulta ad essa spettante, senza far riferimento alla previa insinuazione al passivo, insinuazione che peraltro potrebbe non ancora essere stata vagliata dal Giudice delegato, quante volte la distribuzione del ricavato in sede di esecuzione individuale interviene in un momento che precede l'udienza di verifica dello stato passivo.
      Dall'altro, sia la relazione ministeriale al d.lgs 169/2007 che la giurisprudenza (Cass., 30/03/2015, n. 6377) sembrano considerare l'insinuazione al passivo quale presupposto per "trattenere", non già per percepire dette somme.
      Analoghe divergenze interpretative si registrano in ordine alla possibilità che spese prededucibili del fallimento siano espunte da quanto spettante al creditore fondiario in occasione del riparto compiuto nell'esecuzione individuale.
      A questo proposito, secondo una prima opinione, il Giudice dell'esecuzione non ha alcun potere di riconoscere al fallimento intervenuto le spese prededucibili ex art. 111, 1° co., n. 1), l. fall.. Ciò in ragione del fatto che la composizione delle contrapposte ragioni di credito dei diversi creditori non può avvenire nell'esecuzione forzata per credito fondiario, potendo essere regolata esclusivamente in ambito fallimentare, unico contesto in cui può essere applicato il principio della par condicio tra tutti i creditori della massa, né il giudice dell'esecuzione ha il potere di accertare i crediti nei confronti della massa o di formare una ripartizione che competa agli organi della procedura concorsuale.
      Infine, rileva il dato per cui a norma del quarto comma dell'art. 41 TUB con il provvedimento che dispone la vendita o l'assegnazione, il giudice dell'esecuzione dispone che l'aggiudicatario o l'assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento prevista dal quinto comma del medesimo art. 41, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa, con la conseguenza che il versamento diretto in favore del creditore fondiario si risolve nella presa d'atto di un pagamento già avvenuto.
      A giudizio di una meno rigorosa (ma secondo noi più convincente) impostazione, invece, se il credito prededucibile è stato già definitivamente accertato in sede concorsuale, di esso potrà tenere conto anche il Giudice dell'esecuzione individuale.
      Il presupposto di questa affermazione è quello per cui, se quello del creditore fondiario è un privilegio di carattere meramente processuale, e se dunque l'attribuzione è provvisoria, è inutile attribuirgli (provvisoriamente) quella porzione di ricavato dalla vendita che certamente non gli spetterà in sede di riparto fallimentare, e cioè quella porzione di ricavato che copre le spese prededucibili.
      Del resto, è questa medesima premessa che supporta il convincimento per cui al creditore fondiario non potrà essere riconosciuta quella porzione di credito che non gode del privilegio ipotecario.
      Precisiamo tuttavia, che affinché questa decurtazione possa operare è che il credito prededucibile sia stato definitivamente accertato secondo quanto prescritto dall'art. 111 bis l.fall., e dunque:
      se si tratta di crediti contestati occorrerà che il loro importo sia stato definitivamente accertato in sede fallimentare ed inserito in un piano di riparto approvato dal Giudice dell'esecuzione, secondo quanto prescritto dal primo comma dell'art. 111 bis;
      se invece si tratta di crediti non contestati per collocazione e per ammontare (ed è questa la categoria nella cui perimetro possono essere ascritti i crediti per IMU e TASI) occorrerà acquisire in sede esecutiva il provvedimento con cui ne è stato autorizzato il pagamento dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato.
      Con riferimento alla quota parte del compenso dovuto al curatore, riteniamo la sua decurtazione dalla somma da riconoscere al creditore fondiario sarà possibile solo in presenza del decreto di liquidazione adottato dal Tribunale e di un provvedimento del Giudice delegato che indichi in quale misura quel compenso deve gravare sul ricavato dalla vendita del bene garantito da ipoteca. Si ricorda, infatti, che la ratio del versamento diretto è quella di accorciare i tempi entro i quali la banca recupera il suo credito, ma non di più, per cui sarebbe eccentrica rispetto al fine del legislatore una attribuzione tout court del prezzo versato dall'aggiudicatario, poiché in questo modo gli si riconoscerebbe anche un surplus che certamente l'istituto di credito dovrà restituire.