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UNICO 1.1 - DATA FALLIMENTO DITTA INDIVUALE FALLITA PER ESTENSIONE

  • Alberto Volpi

    Bergamo
    29/03/2021 15:24

    UNICO 1.1 - DATA FALLIMENTO DITTA INDIVUALE FALLITA PER ESTENSIONE

    Buongiorno,
    sono curatore di un fallimento di snc e per estensione dei soci. I due soci hanno entrambi una partita IVA come ditta individuale, in regime forfettario.
    Si chiede se è corretto procedere come segue con riferimento alle dichiarazioni dei redditi:
    - Il Curatore deve provvedere a presentare l'unico e irap 1.1.2020-data fallimento della Snc;
    - Il Curatore deve altresì provvedere a presentare l'unico 1.1.2020 - data fallimento delle ditte individuali dei soci ed inserire unicamente il quadro LM relativo al reddito d'impresa; oppure si rende necessario compilare ed inviare anche il quadro RB relativo ai canoni di locazione di immobili personali?
    - Il Curatore, non essendo stata autorizzata la prosecuzione dell'attività d'impresa, deve intimare ai due soci di provvedere alla cessazione della partita iva?
    - per quanto riguarda i periodi post fallimento il Curatore non deve presentare il modello unico dei soci nei termini ordinari per dichiarare i redditi derivanti dai canoni di locazione degli immobili personali (incassati dalla procedura), ma unicamente il modello unico relativo al maxi periodo fallimentare (data fallimento-data chiusura fallimento).
    Cordiali saluti.
    • Stefano Andreani - Firenze
      Luca Corvi - Como

      31/03/2021 20:03

      RE: UNICO 1.1 - DATA FALLIMENTO DITTA INDIVUALE FALLITA PER ESTENSIONE

      Benché il caso in questione non sia rarissimo, non ci risulta né nella legge fallimentare né in quella tributaria una disciplina specifica, né ci risulta esso sia stato specificatamente affrontato in prassi o in giurisprudenza, non possiamo quindi che tentare una risposta basandosi sulle regole generali dei due sistemi giuridici, sottolineando che si tratta di una nostra interpretazione che non necessariamente sarà condivisa in sede di eventuale verifica fiscale.

      La situazione è quella di dichiarazione di fallimento dei soci per estensione, che svolgano anche una attività in proprio, che sia impresa (di norma al di sotto delle soglie di fallibilità), lavoro autonomo (per definizione non soggetta a fallimento) o lavoro dipendente.

      Sotto il profilo fiscale non possiamo che seguire una interpretazione letterale, strada maestra nei casi non specificamente trattati dalla norma, a meno che non porti a comportamenti palesemente in contrasto con le regole generali.

      Il punto di partenza non può che essere l'art. 147, I comma, l.fall: la sentenza che dichiara il fallimento di una società "produce anche il fallimento dei soci ... illimitatamente responsabili", e non "causa la liquidazione del patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili" o formule analoghe: il socio illimitatamente responsabile fallisce, esattamente come fallisce l'imprenditore individuale (sopra soglia) o la società commerciale, ed esattamente come fallisce entro un anno il socio che ha cessato l'attività.

      Inquadrato il socio come fallito tout court e non come persona che in qualche modo sopporta le conseguenza del fallimento altrui, riteniamo che non si possa che applicargli le ordinarie disposizioni che riguardano il fallito:

      a) il Curatore, oltre alla dichiarazione dei redditi della società, sia per il periodo dall'inizio dell'esercizio al fallimento, sia per il c.d. "maxi-periodo fallimentare", dovrà predisporre e trasmettere anche la dichiarazione dell' (eventuale) reddito delle imprese individuali dei soci falliti, inviandone copia a loro, per l'inserimento nella loro dichiarazione dei redditi personale, da presentare in presenza di un reddito imponibile o comunque se da presentare per l'esistenza di altri elementi da dichiarare

      b) tale obbligo riguarda solo il reddito d'impresa, e non gli eventuali altri redditi del fallito che, sia nell'anno di inizio e di fine della procedura, sia per tutti gli anni intermedi, rimane compito del fallito indicare nella propria dichiarazione personale, se ne ricorrono i presupposti

      c) non siamo certi del fatto che l'art. 104, I comma, si applichi anche alle eventuali imprese gestite dai soci falliti per estensione, dato che fa riferimento solo all' "esercizio provvisorio dell'impresa" senza specifico riferimento alle eventuali imprese dei soci, ma il comportamento de seguire ci pare venga comunque dall'art. 42, II comma, l.fall., i base al quale "Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi": nel caso di prosecuzione dell'attività di impresa, ma anche di lavoro autonomo o dipendente, senza specifica autorizzazione/regolamentazione da parte del Giudice Delegato, ogni entrata che ne derivi al fallito viene automaticamente acquisita dalla procedura, è quindi il fallito stesso che ha tutto l'interesse a chiedere di poterla proseguire e trattenere tutto o parte dei proventi, ex art. 46, I comma, n. 2 l. fall.

      d) ai fini IVA la questione è a nostro avviso meno chiara, dato che l'art. 74-bis del D.P.R. 633/72 non stabilisce esplicitamente a quale posizione IVA ci si debba riferire quando viene stabilito che gravano sul Curatore i relativi adempimenti (se solo quella della società o anche quelle eventuali dei soci), ma riteniamo che la considerazione esposta al punto precedente risolva comunque il problema: per proseguire una qualsiasi attività verrà presentata istanza al Giudice Delegato e sarà lui, in sede di provvedimento ex art. 46 l.fall., a stabilirne le regole.