Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Contratto affitto azienda opponibile?

  • Mattia Callegari

    Venezia
    22/07/2021 13:27

    Contratto affitto azienda opponibile?

    Buongiorno,
    sono stato nominato custode di un immobile pignorato adibito ad albergo.
    La società proprietaria dell'immobile ha affittato l'azienda ad altra società con atto del 2017. Il canone è stabilito pari al 30% del fatturato senza alcun minimale. L'amministratore della società affittante e di quella affituaria è lo stesso.
    Visto il canone variabile in %, l'affittuario NON sta pagando alcun canone da inizio 2020 (il pignoramento è di dicembre 2020) a causa delle restrizioni COVID e dell'inattività conseguente che hanno fatto annullare il fatturato.
    Mi chiedo? E' possibile stabilire un contratto con tali caratteristiche? Paradossalmente l'affittuario potrebbe NON pagare alcun canone di affitto se decidesse autonomamente di chiudere l'attività per qualche mese.
    Considerato che l'immobile si trova nel centro storico di un capoluogo di provincia ad alto flusso turistico e che quindi la maggior parte del valore aziendale consiste in quello dell'immobile, è possibile parlare di canone vile e di contratto NON opponibile alla procedura come indicato in questa discussione? https://www.fallcoweb.it/forum/discussione.php?argomento_id=z6rKzx2YVg&discussione_id=eaM10AY2do
    Poi l'art. 2923, comma 3, si riferisce ad un diritto dell'acquirente/aggiudicatario. Come può invocarlo il custode?
    Grazie in anticipo.
    • Zucchetti SG

      26/07/2021 09:57

      RE: Contratto affitto azienda opponibile?

      Il terzo comma dell'art. 2923 dispone che sono inopponibili all'aggiudicatario le locazioni in cui "il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni".
      La norma sottopone all'esame degli interpreti una serie di questioni, sia sul versante sostanziale che su quello più squisitamente processuale.
      Per risolverle non pare revocabile in dubbio che occorra procedere muovendo dal rilievo per cui l'obiettivo del legislatore è quello di scongiurare eventuali collusioni tra debitore esecutato e conduttore in danno del futuro aggiudicatario (è questa, del resto, la ragione per cui una simile disposizione non si rinviene nella disciplina della opponibilità della locazione nelle alienazioni volontarie). L'esigenza era già avvertita dal codice del 1865, il quale all'art. 687, comma secondo, poneva una presunzione di frode se il fitto era inferiore di un terzo a quello risultante da perizia o da locazioni precedenti. L'attuale comma terzo dell'articolo 2923 costituisce quindi un ammodernamento della previgente disposizione, e nel parlare semplicemente di inopponibilità della locazione, senza fare riferimento ad una presunzione di frode, ha indotto la dottrina a ritenere che, rispetto al passato, non è più possibile che il conduttore sia ammesso alla prova del contrario, con la conseguenza che locazioni il cui canone sia di importo inferiore a quello prescritto dalla citata norma sono inopponibili all'acquirente ipso iure.
      Venendo alla domanda, un dato sul quale la norma impone di soffermarsi attiene alla individuazione del momento in cui deve essere scandagliata la congruità del canone. In particolare, ci si chiede se il canone giusto sia quello che tale appare al momento della stipula del contratto, piuttosto che alla data del pignoramento o dell'aggiudicazione.
      Autorevole dottrina ha ritenuto che il momento rilevante sia quello dell'aggiudicazione, poiché l'interesse del locatore a percepire un canone "giusto" sorgerebbe solo in quel momento; inoltre, così argomentando, potrebbero tenersi in considerazione quelle variazioni di canone che consentono di ridurlo ad equità.
      L'indicata soluzione aderisce alla lettera della norma, che guarda ai rapporti tra aggiudicatario e conduttore, sicché è coerente rispetto ad essa analizzare il prezzo della locazione al momento in cui quel prezzo diviene rilevante per l'aggiudicatario, che è il momento del trasferimento del bene.
      Essa tuttavia non persuade completamente, ed è preferibile seguire quella giurisprudenza di legittimità secondo la quale "poiché nel procedimento esecutivo è il pignoramento che pone il vincolo di devoluzione effettiva del patrimonio del debitore al soddisfacimento del creditore, in tale momento si cristallizza la situazione giuridica opponibile ai creditori pignoranti e ai terzi che dall'esecuzione forzata acquisiscano diritti. conseguentemente, nel caso di locazione concernente i beni pignorati anteriore al pignoramento, l'adeguatezza del prezzo - che l'art. 2923 cod. civ. pone, insieme ad altre, come condizione per l'applicabilità alla particolare situazione del generale principio emptio non tollit locatum - va considerata con riferimento alla data del pignoramento e non a quella della stipulazione del contratto, ovvero della assegnazione del bene" (Cass. civ., sez, III, 20 aprile 1982, n. 2462).
      Questa soluzione, infatti, da un lato consente di fare riferimento ad un dato certo "spendibile" anche nel corso della procedura da parte del custode; dall'altro risolve sin da subito, a vantaggio dei creditori, il problema della opponibilità della locazione.
      Recentemente, una giurisprudenza di merito (Trib. Verona, 13/05/2020,) ha indicato la necessità di avere riguardo alla data della stipula, giustificando questa scelta sulla scorta dell'affermazione per cui, se la previsione ha lo scopo di sanzionare una ipotesi di contratto che si presume iuris et de iure in frode ai creditori, non può che venire in considerazione il momento genetico del sinallagma.
      La pronuncia non sembra offrire argomenti capaci imporsi rispetto al convincimento espresso dalla Corte di Cassazione. Essa, invero, pur cogliendo il precedente storico della norma (che anche i giudici di legittimità avevano sottolineato nella pronuncia surrichiamata), non si confronta con il dato per cui il legislatore del '42 ha inteso oggettivitzzato il concetto di frode, così imponendo la regola della inopponibilità tout court; inoltre, non considera che la situazione di adeguatezza del canone va risolta con esclusivo riferimento alla data del pignoramento poiché è solo in quel momento che il problema del conflitto. Diversamente argomentando, ad esempio, un canone congruo alla data della stipula dovrebbe rendere opponibile una locazione il cui canone è divenuto, per fatti sopravvenuti, vile al momento del pignoramento.
      Se dunque si aderisce alla tesi che a noi sembra più convincente, il contratto dovrebbe ritenersi inopponibile, atteso che alla data del pignoramento il canone era certamente diventato incongruo.
      Sennonché, potrebbe aggiungersi, nel caso di specie, trattandosi di canone calcolato in percentuale sul fatturato, la sua congruità va scrutinata in astratto, tenendo conto della intera durata del contratto e di quello che potrebbe essere il canone di locazione secondo un criterio di prevedibilità. Sulla scorta di questo ragionamento si dovrebbe compiere una prognosi a partire dalla data del pignoramento e verificare quale potrebbe essere, da quella data e sino alla fine della locazione, un canone prevedibile, e quindi accertare se quel canone sia vile o meno.
      Una ulteriore strada interpretativa potrebbe essere quella di dire che alla data del pignoramento si era verificata una causa di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, anche se a questo argomento si potrebbe obiettare (ma qui andrebbe compiuta una complessiva analisi del contratto per verificare se questa obiezione è fondata) che trattandosi di contratto aleatorio (in cui l'alea è rappresentata proprio dal fatto che il canone costituisce una quota parte del fatturato) in realtà l'azzeramento del fatturato rientra nell'alea propria del contratto.