Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Sfalcio del terreno assoggettato a EI - Chi paga ?

  • Marcello Cosentino

    Portogruaro (VE)
    11/06/2021 10:43

    Sfalcio del terreno assoggettato a EI - Chi paga ?

    Buongiorno,
    sono Custode Giudiziale di un terreno pignorato ed oggetto di una esecuzione immobiliare.
    I proprietari delle case confinanti al terreno minacciano di rivolgersi alla Polizia Municipale, che nel caso eleverebbe sanzioni, se il terreno non verrà sfalciato e ripulito in tempi brevi.
    Dopo aver ottenuto un preventivo mi sono rivolto al GE chiedendo di autorizzare l'intervento e porlo provvisoriamente a carico del creditore procedente. Il GE ha autorizzato subordinatamente all'assenso del procedente ma il legale di quest'ultimo sostiene che gli oneri per lo sfalcio dei terreni non appaiono spese necessarie alla conservazione stessa degli immobili pignorati, ovverosia spese indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell'immobile pignorato con un'immediata funzione conservativa dell'integrità del bene ed appaiono, semmai, spese di manutenzione ordinaria a carico della proprietà (cass. civ. 12877/2016).
    Con tale motivazione, conclude il legale, è la debitrice esecutata che dovrebbero provvedere alla manutenzione del bene.
    Ciò premesso, le domande a cui non so rispondere sono tre:
    1) E' davvero la debitrice che deve farsi carico della pulizia del terreno a lei pignorato?
    2) L'eventuale multa che dovesse essere comminata in assenza di un intervento sarebbe elevata alla società esecutata?
    3) In questa situazione di stallo, il custode che responsabilità/compiti ha?
    Grazie molte per il supporto.
    • Zucchetti SG

      12/06/2021 08:24

      RE: Sfalcio del terreno assoggettato a EI - Chi paga ?

      La questione è assai delicata, e sul punto non si registrano uniformità di orientamenti.
      Infatti, all'opinione di coloro i quali ritengono che la custodia attiva del compendio pignorato (e non meramente conservativa dello stesso) deve condurre a ritenere che tutte le spese necessarie alla migliore collocazione del bene sul mercato devono essere anticipate dal creditore, si contrappone la diversa idea di che concepisce la custodia in termini meramente conservativi, e dunque limita le spese chiedibili al creditore a quelle necessarie al mantenimento in vita del cespite.
      Sulla questione è intervenuta Cass. civ. sez. III,22 giugno 2016, n. 12877, la quale occupandosi del caso di un immobile che necessitava di opere di manutenzione necessarie all'immediata conservazione del cespite e ad evitare pericoli alla sua struttura, ha osservato che "rientrano tra le spese da anticiparsi dal creditore procedente ex art. 8 d.p.r. n. 115 del 2002 non solo le spese giudiziarie vere e proprie, ma anche quelle spese, anch'esse immanenti alla realizzazione dello scopo proprio dell'espropriazione forzata, in quanto intese ad evitarne la chiusura anticipata, quali le spese necessarie al mantenimento in esistenza del bene pignorato, come quelle che attengono alla sua struttura o sono intese ad evitarne il crollo o, in genere, il perimento. Tali spese, se onorate dal custode con i fondi della procedura, risulteranno in senso lato "prededucibili", nel senso che l'importo relativo non entrerà a far parte dell'attivo; mentre dovranno essere rimborsate, come spese privilegiate ex art. 2770 cod. civ., al creditore che le abbia corrisposte, ottemperando al provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne abbia posto l'onere dell'anticipazione a suo carico. Restano, invece, escluse dalle spese "necessarie", da onorarsi in via di anticipazione dal creditore procedente ai sensi della norma cit., quelle spese che non abbiano un'immediata funzione conservativa della stessa integrità del bene pignorato e, quindi, le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria dell'immobile, così come gli oneri di gestione condominiale".
      Se questo precedente giurisprudenziale può essere condiviso (poiché non può essere richiesto al creditore di far fronte al deterioramento del bene, magari sopperendo all'incuria del debitore, a meno che non si tratti di garantire la stessa esistenza della procedura esecutiva), non è men vero che la custodia implica l'assunzione di un obbligo di responsabilità ex art. 2051 c.c., in forza del quale il custode deve evitare che la cosa un custodia rechi danni a terzi.
      Se così non fosse del danno cagionato dalla cosa nessuno sarebbe chiamato a rispondere: non il debitore, che non ha più la custodia per essere stato nominato in sua sostituzione il custode giudiziale, e nemmeno quest'ultimo, ove si dovesse ritenere che egli sia tenuto ad un obbligo di mera conservazione dell'esistenza in vita del bene.
      Questa impostazione deve chiaramente confrontarsi con la conseguenza per cui gli oneri necessari ad evitare danni ai terzi devono essere anticipati dal creditore procedente (o comunque dal creditore interessato a dare impulso alla procedura) a norma dell'art. 8 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e quindi è evidente che occorre trovare una soluzione di compromesso.
      Invero, se il debitore non ha più la custodia del bene, non lo si può ritenere responsabile dei danni dalla stessa cagionati, né gli si può chiedere di anticipare i costi della custodia giudiziale, poiché questi gravano sui soggetti indicati nell'art. 8 citato (e comunque resterebbe aperto il problema derivante da un eventuale inadempimento di costui).
      Di contro, non può ritenersi neppure che il creditore sia illimitatamente tenuto ad un onere di anticipazione, poiché altrimenti l'avvio di una procedura esecutiva non sarebbe più uno strumento di tutela del diritto.
      Ed allora, il punto di equilibrio va probabilmente ricercato nella possibilità di chiedere al creditore di sostenere quei costi che, tenuto conto del valore del bene del loro intrinseco ammontare, appare ragionevole far anticipare al creditore poiché ampiamente compensati dal fatto di garantire alla procedura una custodia giudiziale.
      Di contro, al cospetto di un importo economicamente significativo, il giudice dovrebbe porsi il problema di verificare, sulla scorta di una valutazione complessiva che tenga conto anche dell'esigenza di non aggravare oltremodo la posizione del procedente, se sia utile mantenere la custodia giudiziale o se invece valorizzare la previsione di cui all'art. 560 c.p.c., a mente del quale il giudice sostituisce il debitore nella custodia, salvo che questa non abbia utilità.
      Venendo al caso di specie, riteniamo che le alternative sono due: o il creditore anticipa i costi dello sfalcio (il che potrebbe essere ragionevole se non si tratta di costi eccessivi e se il ricavato dalla vendita ne consente un sicuro recupero) poiché la custodia implica un onere di protezione contro i pericoli che dal bene derivano; oppure ci si deve interrogare sulla opportunità di revocare l'incarico conferito al custode giudiziale, riaffidando la custodia al debitore.