Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

Cessione di bene indiviso

  • Nicolina Vitolo

    Battipaglia (SA)
    22/02/2018 17:49

    Cessione di bene indiviso

    Buonasera, Le chiedo di potermi consigliare nella problematica seguente:
    Lotto composto da più particelle, di cui 2(pari al 50% del valore del lotto) della sola snc fallita, e le altre in comunione con la moglie del socio fallito.
    Si può vendere legalmente non il lotto , ma esclusivamente la quota in comproprietà con asta pubblica?
    Visto che il 50% è del lotto è della società fallita e solo la restante parte in comproprietà con la moglie , potrebbe applicarsi l'art.720 c.c.?
    Grazie
    Nicolina Vitolo
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      23/02/2018 19:38

      RE: Cessione di bene indiviso

      La disposizione da lei richiamata riguarda le comunioni ereditarie, che hanno come oggetto normale e tipico tutta intera la massa ereditaria, nel mentre la comunione, o meglio la comproprietà ordinaria ha una struttura "atomistica" e la differenza la si coglie proprio nella divisione, nella diversa regolamentazione contenuta nell'art. 1114 c.c. e nell'art. 727.
      Per la parte in comproprietà (che se abbiamo ben capito è solo quella tra il marito fallito e la moglie in bonis, essendo la società titolare esclusiva di autonome particelle, anche se confluiscono in un unico lotto con il bene in comune), come è noto, la legge fallimentare non prevede specifiche disposizioni in merito alla liquidazione della quota indivisa, a differenza di quanto avviene nell'nell'esecuzione ordinaria ove il codice di rito ha espressamente previsto nell'art. 600 tre alternative tra loro graduate. Ossia, in primo luogo, qualora ne ricorrano i presupposti il giudice dell'esecuzione deve preferibilmente procedere, qualora sia possibile, alla separazione della quota in natura; ove la separazione non sia fattibile o comunque non sia stata richiesta dalle parti, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, ma può anche ordinare la vendita della quota indivisa, mantenendo inalterata la comunione e sostituendo di fatto al debitore esecutato un soggetto terzo che subentra nella titolarità del diritto, qualora ritenga probabile che tale vendita possa avvenire ad un prezzo pari o superiore al valore della quota, come determinato a norma dell'art. 568 cpc. L'art. 181 disp.att. c.p.c., nella versione attuale, stabilisce, a sua volta che qualora il giudice dell'esecuzione opti per la divisione del bene indiviso, è lo stesso giudice dell'esecuzione che provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice, se gli interessati sono tutti presenti, nel mentre, se questi non sono tutti presenti, con l'ordinanza di cui all'articolo 600, secondo comma, cpc fissa l'udienza davanti a sé per la comparizione delle parti, concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l'integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell'ordinanza. E' bene chiarire che il giudizio di divisione di cui parla l'art. 600 cpc è un ordinario processo di cognizione che rispetto a quello normale attribuisce direttamente al giudice dell'esecuzione l'istruzione della causa e l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che non sono presenti.
      Si è sempre discusso circa la possibilità di estendere questa disciplina al fallimento del comproprietario, ove è pacifico che il curatore può acquisire (e quindi disporre della) la quota ideale che compete al fallito e mai l'intero, posto che le altre quote appartengono agli altri comproprietari non falliti.
      Nel vigore della vecchia legge fallimentare un peso determinate per l'applicazione delle norme processuali nell'ambito della procedura fallimentare era dato dal richiamo generale operato dall'art. 105 l.f., in forza del quale alle vendite di beni mobili o immobili del fallimento si applicavano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione in quanto compatibili, salvo poi a stabilire se le norme processuali dovevano intese come integrative o come applicabili in via diretta nel fallimento; rimaneva tuttavia, in entrambi i casi, il problema di verificare entro quali limiti le disposizioni del codice di rito fossero compatibili con quelle fallimentari nonché quali potessero essere le conseguenze in caso di loro violazione.
      Rese autonoma la liquidazione fallimentare rispetto a quella dell'espropriazione individuale e degiurisdizionalizzate la stessa nel senso che le vendite, anche di beni immobili, possono essere effettuate direttamente dal curatore, riesce più difficile estendere la disciplina del codice di rito sui beni indivisi alla liquidazione fallimentare e, comunque, riesce più difficile quel giudizio di compatibilità, che è implicito in ogni trasposizione normativa, data la diversa figura e le diverse funzioni che ha il giudice delegato rispetto a quello dell'esecuzione. Si avrebbe infatti un giudice delegato, sostanzialmente estraneato dalla liquidazione fallimentare- che può procedere alla vendita solo su "delega" dl curatore contenuta nel programma di liquidazione (art. 107, co. 2), che non può sospendere la vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi nè impedirne il perfezionamento quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto se non su istanza di parte e mai d'ufficio- e che, invece, qualora all'attivo fallimentare sia stata acquisita una quota di un immobile, riprende integralmente poteri tali da poter disporre la separazione o istruire la causa di divisione, ecc.. Anche il curatore verrebbe in questi casi a mutare la sua condizione perché egli, in quanto subentrato nella disponibilità della quota che compete al fallito, è un comproprietario e non il creditore esecutante, eppure a lui dovranno essere attribuite le incombenze della notifica e della iscrizione della causa a ruolo qualora si dia al giudice delegato la possibilità di procedere alla divisione.
      E' chiara la nostra opzione per la soluzione che consente al curatore, che abbia acquisto la quota di un immobile, di poter procedere soltanto secondo le vie ordinarie alla divisione, ma è doveroso dire che questa è solo la nostra opinione e ci risulta che vari giudici delegati la pensino diversamente. Ad ogni modo, anche seguendo questa seconda linea, cambia poco, nel senso che sarà il giudice delegato a dover effettuare quelle scelte che sopra abbiamo visto appartenere al giudice dell'esecuzione.
      Zucchetti SG srl
      • Antonella Fabbricatore

        GENOVA
        14/06/2018 16:39

        RE: RE: Cessione di bene indiviso

        buongiorno, nel caso che il curatore abbia presentato istanza al Giudice Delegato del fallimento per promuovere il giudizio di divisione degli immobili in comproprietà tra il fallito e terzi, ed il GD abbia dato autorizzazione, va nominato un legale nell'ambito della procedura fallimentare che avvii il giudizio davanti al Giudice dell'Esecuzione oppure in questo caso spetterebbe al G.D. del fallimento fissare udienza per iniziare la procedura di divisione ?
        Grazie.
        Cordiali saluti. A. Fabbricatore
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          14/06/2018 17:52

          RE: RE: RE: Cessione di bene indiviso

          Confermato quanto detto nella risposta che precede, nel suo caso, il fatto che il giudice abbia autorizzato l'azione divisoria ci fa pensare che sia della nostra opinioche per la quale il cjratore deve instaurare un ordinario giudizio cognitorio, per cui deve pro vvedere alla nomina del legale che procederà.
          Zucchetti SG Srl