Menu
Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
insinuazione al passivo
-
Elena Pompeo
Salerno17/10/2020 10:35insinuazione al passivo
Salve. Un creditore mi chiede l' intero importo liquidato con decreto un ingiuntivo del 2 settembre 2020 notificato alla società in bonis il 3 settembre 2020 fallita il 23 settembre 2020. Tenuto conto che il decreto ingiuntivo non è esecutivo e che la società è fallita prima dello spirare del termine dei 40 giorni per l'opposizione mi domando: le spese legali liquidate nel decreto ingiuntivo vanno riconosciute? Chiede anche gli interessi moratori dalla scadenza delle fatture al deposito del decreto ingiuntivo? Nel decreto ingiuntivo vengono riconosciuti ma manca una accordo scritto tra le parti e quindi mi domando se vanno riconosciuti? Chiede anche le competenze legali della domanda di insinuazione al passivo.
Grazie-
Zucchetti SG
Vicenza21/10/2020 09:31RE: insinuazione al passivo
Il decreto ingiuntivo è da considerare come se non ci fosse, per cui le spese del relativo procedimento non sono dovute. Quanto agli interessi moratori, va ricordato che il d.lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, che ha previsto l'automatica decorrenza degli interessi moratori per contrastare i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, prevede, espressamente all'art. 1, co. 2, che le norme del d.lgs. non si applicano per i "debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore", per cui nella specie non va applicata tale norma, e, in mancanza di diversa pattuizione scritta gli interessi moratori non vanno riconosciuti, essendo irrilevante che siano stati ingiunti con il decreto ingiuntivo che, come detto, è tamquam non esset.
Quanto alle spese del legale per la insinuazione al passivo, la S. Corte (Cass. 08/11/2019, n.28962) ha ritenuto che sono dovute le "spese vive sostenute per la presentazione della relativa domanda che risultino in concreto indispensabili, restando invece escluse quelle relative ai compensi spettanti al difensore, giacché l'insinuazione può sempre essere richiesta dalla parte personalmente". per la verità questa soluzione è troppo drastica in quanto non tiene conto della situazione concreta in cui la complessità della domanda potrebbe giustificare l'assistenza di un legale.
Quanto alla collocazione delle spese e, se riconosciute delle competenze, noi abbiamo sempre sostenuto su questo Forum che bisogna tener conto che l'art. 95 c.p.c. dispone che le spese per gli interventi nella procedura esecutiva sono a carico di chi ha subito l'esecuzione e che, per il principio di esclusività, il creditore non ha altro mezzo per far valere la sua pretesa che intervenire nel concorso. Questa inevitabilità della domanda attribuisce natura accessoria al credito delle spese necessaria per presentarla, ed è questo principio che giustifica la disposizione dell'art. 95 c.p.c., che, a sua volta, trova una conferma, in sede fallimentare, nel primo comma dell'art. 54, che, implicitamente ribadendo la natura concorsuale del credito per le spese in questione, attribuisce loro lo stesso rango prelatizio del credito principale
Dal combinato disposto degli artt. 95 c.p.c. e 54 comma 1° l.fall. si ricavano, dunque, due principi: che le spese per la domanda di insinuazione, in quanto dirette a realizzare l'intervento dei creditori nella procedura esecutiva concorsuale, sono a carico del fallito e che le stesse devono avere lo stesso trattamento del credito cui si riferiscono.
Zucchetti SG srl -
Enrico Voceri
Mantova09/11/2020 10:25RE: insinuazione al passivo
Buongiorno, mi trovo in una situazione simile a quella del collega. Non vi è tuttavia alcun riconoscimento del credito da parte di un Decreto Ingiuntivo. Viene tuttavia citata una cassazione, ordinanza n. 3300/2017, quale giustificativo della richiesta di interessi moratori dalla data di scadenza delle fatture alla data della dichiarazione di fallimento. Come devo comportarvi secondo voi? grazie. -
Zucchetti SG
Vicenza09/11/2020 19:46RE: RE: insinuazione al passivo
Come è noto, il d.lgs n. 231 del 2002, nel regolare il decorso degli interessi moratori commerciali, esclude, all'art. 1, l'applicazione delle disposizioni dello stesso decreto ai fallimenti.
Questa norma è stata sempre oggetto di discussioni giungendosi a conclusioni che oscillavano tra i due estremi di chi riteneva che il divieto valesse solo per la fase successiva al fallimento e chi escludeva gli interessi moratori al fallimento, ante e post fallimentari.
In questo secondo senso, Ravenna , 05/10/2015 che ha precisato che "A tale principio fa eccezione il caso in cui il credito (e la correlativa insinuazione allo stato passivo) si fondi su di un titolo giudiziale passato in giudicato ed opponibile al fallimento" e più recentemente, Trib. Vicenza 05/09/2019, per il quale "L'esclusione (di cui all'art. 1, co. 2, d.lgs. cit.), ha valenza oggettiva, e si riferisce alle procedure concorsuali aperte a carico del debitore, a prescindere dal titolo della pretesa creditoria: pertanto, anche nel caso in cui il creditore abbia ottenuto un decreto ingiuntivo definitivo a suo favore, che preveda l'ingiunzione di pagare gli interessi con le modalità di cui al d.lgs. cit., la pretesa per gli interessi trova pur sempre un limite oggettivo di legge quando venga esercitata nei confronti di una procedura concorsuale".
Di contrario avviso Cass. 05/05/2016, n.8979 e Cass. 08/02/2017, n. 3300 che, con due ordinanze di identico contenuto, hanno che il divieto del riconoscimento degli interessi moratori, stabilito dall'art. 1, secondo comma, lettera a) del D. Lgs. 231/2002 in ipotesi di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, opera solo a decorrere dal momento della dichiarazione di fallimento, fermo restando il diritto a quelli maturati antecedentemente all'accertata insolvenza del debitore; ed hanno aggiunto che spetta al giudice delegato ai fallimenti di procedere, in sede di ammissione al passivo, in mancanza di una sentenza passata in giudicato che abbia quantificato il credito maturato a tale titolo, al relativo accertamento, secondo le regole stabilite dalla predetta normativa speciale.
Dobbiamo dire che la ovvia maggiore autorevolezza della Cassazione non ci impedisce nel caso di preferire la tesi dei giudici di merito per tre derimenti motivi:
a- la norma di cui all'art. 1 comma 2 del d.lgs n. 231 del 2002 stabilisce che "Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore…", senza distinguere tra gli interessi scaduti prima della apertura della procedura concorsuale e quelli che maturano dopo, per cui la normativa in questione non trova applicazione per tutti i crediti sorti nei confronti di un debitore fallito;
b- l'interpretazione tesa a limitare l'esenzione ai soli interessi moratori post fallimentari renderebbe superflua la norma in quanto è principio acquisito la non decorrenza degli interessi moratori per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento dal momento che i debiti oggetto di procedure concorsuali non vengono onorati nei termini per le esigenze della procedura finalizzata a ripartire le risorse disponibili tra i creditori e non per l'inadempimento del debitore, ormai privato dell'amministrazione e della disponibilità dei propri beni. E' chiaro, quindi, che la norma acquista una sua valenza proprio se riferita agli interessi moratori prefallimentari che, secondo la disciplina del Dlgs. citato, decorrono in automatico senza la messa in mora, per cui si è voluto esentare le procedure fallimentare da questo meccanismo, considerato che la normativa fallimentare contiene già una sua compiuta regolamentazione degli interessi (artt. 54 e 55, con i richiami alla normativa civilistica) volta ad assicurare indistintamente la par condicio omnium creditorum;
c-i due provvedimenti del giudice di legittimità sono non adeguatamente motivati. Invero quando dicono che per i crediti precedenti, in mancanza di un titolo passato in giudicato, si applicano le disposizioni speciali del decreto legislativo, non spiega come si concilia tale normativa con quella, ad esempio dell'art. 2749 c.c. che regola il trattamento degli interessi prodotti dai crediti privilegiati.
Dei due provvedimenti della Corte noi condividiamo il principio (contestato da Trib. Vicenza cit.) che l'esistenza di un titolo passato in giudicato è insuperabile e che per gli interessi post fallimentari non si applica la normativa speciale, nel mentre riteniamo che il giudice delegato, quando deve decidere sugli interessi antecedenti la dichiarazione di fallimento, debba applicare la ordinaria normativa, che prevede la pattuizione scritta degli interessi moratori e la messa in mora; per questo nella nostra precedente risposta avevamo detto che "nella specie non va applicata tale norma, e, in mancanza di diversa pattuizione scritta gli interessi moratori non vanno riconosciuti".
Naturalmente questa è una nostra interpretazione (che non abbiamo illustrato nella precedente risposta perché lì il problema era focalizzato sul decreto ingiuntivo), ma seguire la via indicata dalla Cassazione è di certo più tranquillante in quanto, se dovesse sorgere e permanere un contrasto sul punto, fino ad arrivare alla Suprema Corte, la sorte della controversia, salvo mutamenti di opinione dei giudici romani, sarebbe segnata.
Zucchetti SG srl
-
-