Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

SPESE CONDOMINIALI

  • Fabrizio Tagliabracci

    Mestre (VE)
    21/07/2021 18:03

    SPESE CONDOMINIALI

    Ho un caso un po' particolare. Devo vendere all'asta un'abitazione in un condominio su cui grava una convenzione novantennale con il Comune di Venezia per costruzione in diritto di superficie. A seguito di questo l'immobile può essere venduto solo ad un prezzo massimo stabilito dallo stesso Comune e il perito ha quindi indicato il valore dell'immobile in misura pari al valore massimo indicato dal Comune (circa 70 mila euro). Per quanto riguarda poi la base d'asta da detto importo massimo sono state sottratte le spese tecniche di regolarizzazione urbanistica e catastale e i costi di cancellazione delle formalità pregiudizievoli per circa 3.500 euro complessivi.
    Ci sarebbero però anche le spese condominiali pregresse che sono a carico dell'aggiudicatario almeno per l'anno in corso e per il precedente.
    Mi (e Vi) domando se dette spese, peraltro piuttosto consistenti, vadano sottratte o meno dal prezzo base d'asta, considerato che il valore di vendita è già fortemente condizionato dal valore massimo indicato dal Comune. Mi ritroverei con una base df'asta veramente irrisoria tenuto conto anche della riduzione del 25%.
    Faccio presente infine che l'acquirente potrebbe riscattare la superficie pagando circa 38 mila euro e quindi avrebbe poi la possibilità di vendere l'immobile a prezzo di mercato e quindi in misura di certo nettamente superiore alla somma della base d'asta e del riscatto della superficie.
    • Zucchetti SG

      22/07/2021 16:23

      RE: SPESE CONDOMINIALI

      Non crediamo che il prezzo massimo stabilito dal comune possa vincolare anche la procedura esecutiva.
      Probabilmente l'immobile oggetto di esecuzione è stato realizzato in regime di edilizia economica popolare. In effetti la vendita di questi beni pone una serie di problemi.
      Un primo ricorsivo tema attiene alla possibilità stessa che detti cespiti possano essere staggìti.
      L'interrogativo sorge in quanto le norme che ne disciplinano la concessione (si vedano, ad esempio, gli artt. 29 l. 14 febbraio 1963, n. 60 e 28, comma cinque, l. 8 agosto 1977, n. 513) prevedono un vincolo (normalmente decennale) di inalienabilità, diretto ad evitare che le agevolazioni concesse dallo Stato possano favorire intenti speculativi, e richiedono in capo all'acquirente specifiche condizioni soggettive dirette ad assicurare la funzione sociale propria di questa peculiare categoria residenziale. Ci si chiede allora se il vincolo di inalienabilità valga anche per i trasferimenti coattivi a seguito di vendita forzata, e se l'aggiudicatario debba possedere i requisiti che lo rendano candidato idoneo alla concessione dell'alloggio.
      Il nodo è stato sciolto da Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1987, n. 6748, la quale ha affermato che, "gli alloggi di edilizia economica e popolare assegnati e ceduti senza riserva di proprietà possono essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori degli assegnatari e, quindi, possono anche essere venduti all'asta a qualsiasi partecipante alla gara a conclusione della procedura esecutiva, ancor prima che sia trascorso il decennio di cui agli artt. 29 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 28 quinto comma, legge 8 agosto 1977, n. 513 ed indipendentemente dal possesso, da parte dell'acquirente, dei requisiti prescritti per la cessione originaria di quei medesimi alloggi, atteso che la nullità stabilita dalle disposizioni contenute nelle norme sopracitate riguarda esclusivamente gli atti volontari di disposizione compiuti dagli stessi assegnatari".
      Negli stessi termini si è espressa la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V, 16 novembre 2016, n. 4749), che affrontando il caso di un immobile destinato ad edilizia residenziale convenzionata ex art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865 (recante, tra l'altro, "Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica"), nel condividere il richiamato arresto del giudice nomofilattico ha ricordato come i vincoli propri dell'edilizia economica e popolare non mutano il regime giuridico del diritto di proprietà trasmesso all'assegnatario, ma esauriscono la loro funzione nei rapporti tra quest'ultimo e l'ente pubblico proprietario, ed è solo nel perimetro di questa relazione che si esplicano le finalità sociali connesse alla realizzazione e gestione del patrimonio edilizio residenziale popolare, in particolare per impedire operazioni di carattere speculativo contrarie alle medesime finalità. Ergo, colui che si renda acquirente di un alloggio popolare per mezzo di una vendita giudiziaria è estraneo alla disciplina pubblicistica dell'assegnazione, che dunque non gli può essere opposta come impeditiva al trasferimento del bene, anche perché, aggiunge la citata pronuncia, l'imposizione di questi requisiti in capo agli offerenti si risolverebbe in una ingiustificata limitazione della garanzia patrimoniale generica di cui godono i creditori a mente dell'art. 2740 c.c., non giustificata da un interesse pubblico che ha già trovato composizione nel rapporto tra ente e originario cessionario dell'alloggio
      La disamina sin qui compiuta dev'essere completata con un cenno alla previsione di cui all'art. 37, comma 1, della l. n. 865/1971 cit. (successivamente abrogato dall'art. 44, comma 4, L. 5 agosto 1978, n. 457) a mente del quale "Nel caso di procedimento esecutivo sull'immobile costruito su area in concessione superficiaria o in proprietà, l'immobile potrà essere aggiudicato, in concessione superficiaria o in proprietà, a soggetti aventi i requisiti per l'assegnazione di case economiche e popolari". La norma, nel dettare direttamente una condizione dell'aggiudicazione si erge a vera e propria regola processuale, sicché in ossequio al principio tempus regit actum, non sarà applicabile alle vendite esecutive compiute successivamente alla sua abrogazione.
      Infine, occorre dare conto della circostanza per cui nella prassi si registrano a volte provvedimenti concessori (adottati ad esempio a norma dell'art. 35 l. 865/1971) in cui si prevede che i successivi trasferimenti possano eseguirsi solo in favore di soggetti aventi i requisiti richiesti per la assegnazione di alloggi economici e popolari, anche laddove il trasferimento si perfezioni nell'ambito di un procedimento di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare.
      Non pare che tali prescrizioni possano spiegare un qualche effetto in sede esecutiva, poiché esse si risolvono nella imposizione di un inammissibile vincolo processuale dettato alla stessa procedura al difuori di qualsiasi previsione normativa, creando di fatto, per provvedimento amministrativo, un divieto di acquisto analogo a quello di cui all'art. 571 c.p.c., che vieta al debitore di formulare offerte di acquisto; la previsione, in effetti, si sostanzia in una preclusione alla formulazione di offerte in capo a coloro i quali non posseggono i requisiti per l'assegnazione di alloggi popolari, in violazione dell'art. 111, comma primo, Cost, (secondo il quale "la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge") e dello stesso art. 571 c.p.c., (a mente del quale "tutti" tranne il debitore possono presentare offerte di acquisto), che la costante giurisprudenza considera norma eccezionale, e come tale insuscettibile di applicazione analogica (Cass. 23/07/1979, n. 4407; Cass. 2/02/1982, n. 605; Cass. 16/05/2007, n. 11258).
      Lo stesso vale per le disposizioni che prevedono un prezzo "imposto". Con riferimento ad esse osserviamo che con la sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato, sulla scorta di una interpretazione letterale e teleologica della normativa di riferimento (ex art 49 bis, della l. n. 448 del 1998), che il vincolo di prezzo massimo segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita, attesa la "ratio legis" di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita.
      Orbene, se questa è la funzione della norma, a nostro avviso il vincolo cessa nel momento in cui il bene viene venduto in sede esecutiva. In questo caso, infatti, l'esigenza di evitare al venditore il compimento di azioni speculative viene meno poiché la vendita è avvenuta contro la sua volontà, e l'acquirente ha acquistato il bene senza fruire delle agevolazioni connesse alla particolare disciplina del bene, sicché non v'è ragione di ritenere che debbano valere le limitazioni normative dettate per gli ordinari trasferimenti negoziali.