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LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

  • Giovanni Francescon

    TREVISO
    09/06/2021 13:04

    LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

    La problematica riguarda l'opponibilità e l'eventuale durata di un contratto di locazione ventennale ad uso abitativo di un immobile sottoposto a pignoramento ed ora ad esecuzione immobiliare.

    Nel dettaglio:
    - anno 2013: l'immobile era ad allora libero da gravami. Viene stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo della durata di 20 anni (quindi fino al 2033) stipulato con atto autenticato da notaio e pure trascritto presso la Conservatoria RRII nel 2013. Il contratto è stipulato tra i genitori/proprietari ed figli maggiorenni conviventi (v. infra);
    - anno 2014: iscrizione di varie ipoteche giudiziali da parte di alcune banche (sulla base di d.i.);
    - anno 2018: pignoramento da parte di una delle predette banche ed avvio dell'esecuzione immobiliare;
    - il perito dell'esecuzione ritiene congruo il canone di locazione.

    Ora, la domanda è se la locazione sia opponibile alla 'procedura' (ed al successivo acquirente) e, nel caso affermativo, per quanto tempo (rimane la durata originaria fino al 2033 o 'vi è possibilità' di limitarla ad otto anni, e se sì otto anni da quando?).
    Inoltre mi chiedo se il custode non possa/debba procedere con la disdetta del contratto (ma a valere da quanto?).
    In sostanza, la domanda è: vi è modo di 'limitare' la durata della locazione che, altrimenti durerebbe fino al 2033?

    Aggiungo inoltre che:
    a. il 'canone di locazione' in realtà è nel contratto del 2013 previsto nella misura pari al sostentamento dei proprietari dell'immobile (genitori/locatori) da parte dei figli/conduttori (non vi è quindi la corresponsione di un canone vero e proprio ma l'onere al mantenimento dei genitori, onere che il perito, come detto, ha ritenuto congruo rispetto ad un normale canone di locazione);
    b. il GE nel 2020 ha emesso un provvedimento in cui ha disposto che l'opponibilità sia limitata 'sino al termine del secondo quadriennio' (non si comprende su che base, né da quando) e che il custode comunichi la disdetta (cosa avvenuta);
    c. ora 'tutti' (il GE compreso, che incidentalmente lo afferma in un successivo provvedimento) ritengono che nel 2021 la locazione vada a scadere, ma ho qualche dubbio in merito.

    Riuscite cortesemente a fornirmi qualche lume?

    Grazie, un cordiale saluto.

    GF





    • Zucchetti SG

      10/06/2021 10:29

      RE: LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

      Rispondiamo all'interrogativo formulato svolgendo le seguenti deduzioni.
      A norma dell'art. 315-bis, comma terzo, c.c., il figlio deve rispettare il genitore e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia, finché convive con essa.
      Posto questo principio, un primo elemento di riflessione che può compiersi è quello per cui i coniugi si sono obbligati al pagamento di un corrispettivo (la messa a disposizione dell'immobile) in realtà non dovuto, poiché i figli (che nella domanda vengono indicati come conviventi) sono in realtà obbligati ex lege al mantenimento (seppure nei limiti delle proprie capacità reddituali).
      Ragionando in questi termini, si dovrebbe ritenere che il contratto è nullo per difetto di causa, e quindi non opponibile alla procedura.
      In secondo luogo, a prescindere dal nomen iuris che le parti hanno attribuito al contratto, dovrebbe riflettersi intorno al fatto che quella stipulata potrebbe non essere una locazione, quanto piuttosto un contratto di prestazione d'opera atipica, nella quale il corrispettivo viene pagato in natura attraverso il riconoscimento del diritto di abitare l'immobile).
      Ed allora, quello trascritto potrebbe essere assimilato ad un diritto di abitazione assistito da una controprestazione.
      Ora è ben vero che ai sensi dell'art. art. 1026 c.c. le disposizioni relative all'usufrutto si applicano, in quanto compatibili, all'uso e all'abitazione, con la conseguenza che, poiché ai sensi dell'art. 2643, comma primo, n. 4 c.c., i contratti che costituiscono o modificano (tra gli altri) il diritto di abitazione sono soggetti a trascrizione, la conseguenza per cui, in virtù di quanto previsto dall'art. 2644, 2914, 2915 e 2919 c.c., il diritto di abitazione, se trascritto in data successiva al pignoramento (o all'ipoteca), sarà inopponibile all'aggiudicatario.
      Tuttavia, nel caso di specie riteniamo che questo contratto atipico anche a ritenerlo valido dovrebbe considerarsi risolto per impossibilità sopravvenuta a norma dell'art. 1463 c.c. poiché la prestazione cui è tenuto il debitore (il mantenimento dei genitori), e che per effetto del pignoramento si trasferisce in capo al custode a norma dell'art. 2912 c.c. (a mente del quale il pignoramenti si estende ai frutti della cosa locata, e tali sono, a mente dell'art. 821 c.p.c., i corrispettivo del godimento della cosa) diviene impossibile.
      • Giovanni Francescon

        TREVISO
        10/06/2021 10:58

        RE: RE: LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

        Vi ringrazio moltissimo per l'interessante contributo.
        La questione in realtà è pure più 'complicata'.
        Io sono il curatore fallimentare dei genitori (soci di una Snc e dichiarati falliti personalmente nel febbraio 2021) e devo decidere come 'muovermi' (previo subentro nell'esecuzione immobiliare, posto che il procedente non ha un titolo 'fondiario' e visto che è già stata eseguita una perizia: l'esecuzione dovrebbe procedere ora celermente, salvo il problema della sospensione per Covid che vedremo quanto durerà) tra:
        a. recesso dal contratto di locazione ex art. 80 l.f. (ma con le conseguenze ivi indicate: equo indennizzo ed attesa di quattro anni dal fallimento);
        b. (viste le vostre interessanti deduzioni): agire direttamente come curatore per far dichiarare risolto il contratto;
        c. invitare il custode a 'rivedere' la posizione e ad agire lui per far dichiarare risolto il contratto (previa autorizzazione del GE ovviamente).

        Non vorrei però che i casi a. e c. siano alternativi: nel senso che se il curatore dichiara di recedere dal contratto implicitamente può apparire che egli dimostri di ritenerlo 'valido' e ciò mal si concilia con un'azione legale i cui si afferma il contrario...

        Meglio forse (e qui chiedo un consiglio, ben sapendo che non esiste una soluzione 'certa') percorrere le due strade in modo separato, ossia:
        - invitare il custode ad agire LUI per far dichiarare risolto il contratto;
        - come curatore (e quindi in veste diversa) recedere dal contratto (così, almeno, se la causa del custode dovesse avere esito negativo, la locazione durerà 'solo' fino al 2025 e non al 2033).

        Che ne pensate?

        Grazie e cordiali saluti.

        GF
        • Giovanni Francescon

          TREVISO
          10/06/2021 11:01

          RE: RE: RE: LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

          Rectius: 'i casi a. e b. siano alternativi'
    • Zucchetti SG

      10/06/2021 12:11

      RE: LOCAZIONE VENTENNALE - ESECUZIONE IMMOBILIARE

      A nostro avviso la soluzione praticabile è la sub b.
      Prima però bisogna risolvere un problema che sta a monte, e che attiene alla individuazione della legittimazione (processuale) ad agire.
      La tematica della individuazione del soggetto deputato ad assolvere le funzioni custodiali in caso di fallimento dell'esecutato è discussa soprattutto quando i beni sono stati pignorati ad iniziativa da un creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 TUB; circostanza la quale consente, come noto, che la procedura prosegua anche allorquando interviene il fallimento del debitore esecutato.
      Il problema che in questo caso si pone è se le scelte riguardanti la custodia ricadano in capo al giudice dell'esecuzione, oppure se la figura del custode vada individuata ex lege nel curatore.
      Secondo un primo orientamento la custodia è una specifica attribuzione del curatore, cui spetta l'amministrazione di tutti i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 31 l.fall. (oggi art. 138 c.c.i.), senza distinzione alcuna.
      È questa l'idea patrocinata espressa da Cass., n. 6254/1982, secondo cui l'azione esecutiva individuale eccezionalmente spettante ad un istituto esercente il credito fondiario, ai sensi dell'art. 42 r. d. 16 luglio 1905, n. 646, nonostante il fallimento del mutuatario-debitore, non determina la sottrazione dei beni pignorati dall'istituto alla custodia ed all'amministrazione del curatore sotto la sorveglianza del giudice delegato, secondo le regole proprie della procedura fallimentare, anche se la espropriazione dei beni deve svolgersi per la realizzazione delle pretese creditorie dell'istituto; permanendo, pertanto, le funzioni di custodia del curatore, questi, poiché conserva le sue originarie attribuzioni, non diviene organo ausiliario del giudice dell'esecuzione, e non può essere quindi dal medesimo sostituito nell'ambito della procedura esecutiva individuale, ai sensi degli art. 66 e 559 c.p.c..
      Questo assunto troverebbe un diretto riscontro nell'art. 32 comma secondo, l.fall., che riserva al giudice delegato la potestà di nomina di un coadiutore ed una indiretta conferma nell'art. 41, comma terzo, TUB, il quale prevede che il curatore debba versare alla banca le rendite degli immobili ipotecati, in tal modo implicitamente riconoscendogli la titolarità della custodia.
      Un diverso orientamento sostiene che l'esecuzione individuale, ove proseguibile, rimane disciplinata dalle regole sue proprie dettate dal codice di rito, e dunque permane: il potere di dirigere l'espropriazione riservato ex art. 484 c.p.c. al giudice dell'esecuzione; il potere di nomina del custode ex art. 559 c.p.c., che pertanto può essere individuato anche in un soggetto diverso dal curatore.
      Questo ragionamento si ritrova in Cass., n. 5352/1994 secondo la quale in caso di fallimento non si applica il primo comma dell'art. 559, e dunque "il potere di nominare o sostituire il custode dei beni pignorati spetta, non già al giudice delegato al fallimento, bensì a quello dell'esecuzione immobiliare, il quale, non è tenuto a conferire tale incarico al curatore del fallimento, consentendo la legge la coesistenza delle due procedure ed essendo, pertanto, quella individuale regolata dal codice di rito, per la parte non disciplinata dalle richiamate disposizioni speciali, con la conseguenza che resta fermo il provvedimento di nomina del custode".
      Probabilmente l'orientamento più risalente merita di essere condiviso.
      In primo luogo l'art. 41 comma terzo TUB riconoscere una evidente funzione custodiale non solo al custode ma anche al curatore, il che implica evidentemente che sia intervenuto il fallimento, dal che si evince che in questo caso non potrà aversi un custode diverso dal curatore.
      In secondo luogo la prosecuzione della procedura da parte del creditore fondiario ha notoriamente il fine di attribuire all'istituto di credito il vantaggio di conseguire il ricavato dalla vendita senza attendere i tempi del riparto fallimentare, e questo scopo può essere perseguito anche riconoscendo al curatore il subentro nella custodia.
      In terzo luogo, se il fallimento interviene prima della sostituzione del debitore nella custodia, un provvedimento di sostituzione ad opera del giudice dell'esecuzione da un lato sarebbe inutile (poiché è stato già nominato un organo deputato alla custodia del cespite in funzione della liquidazione dello stesso e si versa nel caso previsto dall'art. 559, comma quarto, c.c., in cui il giudice dell'esecuzione non nomina un proprio custode quando "per la particolare natura [acquisiti alla massa] degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità"), e dall'altro è dannoso, poiché caricherebbe la procedura di un costo superfluo, rappresentato dal compenso da riconoscere al custode; viceversa, quando la dichiarazione di fallimento sopraggiunge alla sostituzione del custode, la figura del custode nominato dal g.e. non ha più ragion d'essere; in questo caso, infatti, poiché il bene da liquidare viene acquisito all'attivo fallimentare e ricade sotto la custodia del curatore, la presenza di un ulteriore custode implicherebbe un inutile aggravio di spese.
      Se dunque questa è la scelta che si intende seguire, essa andrà percorsa, a maggior ragione, nell'ipotesi di procedura esecutiva in cui non sia presente un creditore fondiario, e che prosegue solo per effetto di una scelta compiuta dalla curatela.