Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

subentro del curatore in contratto di locazione immobile

  • Antonella Russo

    Benevento
    08/01/2021 15:54

    subentro del curatore in contratto di locazione immobile

    La questione che sottopongo è la seguente: la società Alfa, ancora in bonis, concedeva in locazione l'immobile di cui era proprietaria.
    Detto bene veniva, però, sottoposto a pignoramento immobiliare, intrapreso ai danni della predetta società, sì che nel contratto di locazione subentrava il custode giudiziario.
    Successivamente, la società Alfa veniva dichiarata fallita.
    Una volta intervenuto il fallimento della società Alfa, si potrebbe ipotizzare il subentro del curatore nel contratto di locazione o, comunque, si potrebbero in qualche modo acquisire all'attivo i canoni periodici incassati dalla custodia giudiziaria a far data dal fallimento?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      08/01/2021 19:33

      RE: subentro del curatore in contratto di locazione immobile

      Manca un dato importante e cioè se l'esecuzione in corso era promossa da un creditore fondiario o da un creditore ordinario, ma questo dato incide prevalentemente sugli aspetti processuali e non su quelli sostanziali.
      Ipotizziamo il caso che il pignoramento sia stato effettuato da un creditore ordinario. Questi non può più proseguire l'esecuzione per il divieto di cui all'art. 51, per cui il curatore, acquisisce la disponibilità dei beni al posto del custode e diventa il destinatario del pagamento del canone; quanto al procedimento esecutivo in corso , il curatore o si sostituisce al creditore procedente per continuare l'esecuzione o fa dichiarare l'improcedibilità della stessa e vende il bene in sede fallimentare (art. 107 l. fall.). In entrambi i casi quanto al rapporto locatizio avente ad oggetto l'immobile pignorato, trova applicazione l'art. 80 l.fall., in quanto il curatore si trova di fronte ad un contratto pendente che trova la sua regolamentazione nella norma citata, per la quale "Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d'immobili e il curatore subentra nel contratto", con la facoltà di recesso di cui al secondo comma dello stesso articolo. Ove il curatore non receda, la successiva vendita, sia nell'ambito dell'esecuzione individuale che nel fallimento, non incide sul contratto di locazione che comunque permane, ai sensi e nei limiti di cui all'art. 2923 c.c..
      Ipotizziamo ora che il creditore procedente sia un creditore fondiario. Questi, a norma dell'art. 41 TUB può iniziare e proseguire l'esecuzione anche in pendenza del fallimento, per cui il curatore non ha , in tal caso l'alternativa di cui all'art. 107 l.fall. sopra citata e deve sottostare all'esecuzione, nella quale può solo intervenire per far valere i crediti del fallimento prioritari sull'ipoteca. Nonostante qualche voce contraria, custode diventa il curatore, che comunque acquisisce all'attivo anche i beni in questione, ma i canoni, quali frutti civili, vanno, a norma dell'art. 41 TUB, corrisposti ancora al creditore fondiario.
      Sotto il profilo sostanziale del rapporto locatizio nulla cambia rispetto alla situazione precedente, nel senso che trova applicazione l'art. 80 l.fall. e anche dopo la vendita la locazione rimane, salvo che vi sia stato recesso.
      Zucchetti Sg srl
    • Vincenzo Morelli

      Ravenna
      12/01/2023 09:40

      RE: subentro del curatore in contratto di locazione immobile

      Intervengo sul tema della locazione di un immobile di proprietà di società fallita nei confronti della quale è stata attivata una esecuzione immobiliare, proseguita durante il fallimento perché avviata da creditore fondiario. La conduttrice (srl) aveva versato un deposito cauzionale a garanzia delle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione. Alla vendita esecutiva la srl conduttrice è risultata aggiudicataria. Durante la validità del contratto, la conduttrice non aveva titolo per chiedere la restituzione del deposito cauzionale, condizione che è maturata (?) nel corso fallimento. Poiché prima della vendita esecutiva è decorso l'anno successivo al deposito del decreto di esecutività per la verifica tempestiva del passivo, l'eventuale richiesta di ammissione al passivo si presenta come ultra tardiva. Ritenete ci sia un termine dalla data di trasferimento dell'immobile per consentire l'ammissibilità della domanda ultra tardiva e poterne valutare l'accoglimento in base alle richieste della ex conduttrice?
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        12/01/2023 19:34

        RE: RE: subentro del curatore in contratto di locazione immobile

        La richiesta di ammissione dei crediti sopravvenuti- per tali intendendo quelli che, come nel caso, vengono a maturare le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare dopo la sentenza di fallimento, ivi compresi quindi i crediti prededucibili - non è soggetta, secondo la prevalente giurisprudenza, all'applicazione del termine decadenziale di dodici, prorogabile sino a diciotto, mesi dal deposito di esecutività dello stato passivo, ex art. 101, commi 1 e 4, l. fall.; tuttavia, dopo questa affermazione di principio, la Cassazione si è posto il problema di stabilire se esiste un termine a decorrere dalla cessazione dell'impedimento entro cui il creditore debba presentare la domanda.
        Su questo punto la Cassazione (Cass., 31 luglio 2015, n. 16218; Cass., 31 luglio 2018, n. 20310; Cass., 31 luglio 2018, n. 20310), ha affermato che "costituendo il carattere sopravvenuto del credito stesso ragione di non imputabilità del ritardo dell'insinuazione, quest'ultima sarebbe comunque ammissibile ai sensi dell'art. 101 L. Fall., u.c." e, pertanto, che la domanda di insinuazione di crediti sopravvenuti non è mai oggettivamente qualificabile come tardiva, mancando la possibilità di indicare un termine temporale di riferimento, per cui non si pongono mai problemi di imputabilità o meno del ritardo e il creditore non deve scontare ovviamente le conseguenze ricollegate alla tardività in senso stretto con riguardo alle modalità di soddisfazione del credito" .
        Quest'ultimo principio è stato poi contemperato dalla più recente giurisprudenza ( Cass. 16 novembre 2021, n. 34730; Cass.13 maggio 2021, n. 12735; Cass. 2 febbraio 2021, n. 2308; Cass. 17 febbraio 2020, n.3872; Cass. 7 novembre 2019, n. 28799; Cass. 10 luglio 2019, n.18544), che ha ritenuto che l'inapplicabilità dell'art. 101 "non implica, però, che la possibilità di insinuazione del creditore sopravvenuto non incontri limiti temporali di sorta (se non quello indiretto rappresentato dalla sopravvenuta chiusura della procedura fallimentare), affermando che "lo spazio dell'anno - che è fissato come regola per le domande tardive dalla L. Fall., art. 101 - si mostra come la misura temporale espressiva dell'attuale sistema in materia. Con la conseguenza che le domande dei crediti sopravvenuti debbono essere presentate nel termine di un anno dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare", ove l'anno diventa il termine di portata valevole sia per le domande tardive che supertardive, seppur con decorrenza da date diverse, "non potendo riconoscersi al creditore sopravvenuto un termine più breve di quello a disposizione dei creditori preesistenti, alla luce del principio di eguaglianza e del diritto di agire in giudizio, di cui agli artt. 3 e 24 Cost." .
        Questa interpretazione, per quanto apprezzabile in quanto tende a dare un termine certo per contenere i tempi dell'accertamento, è criticabile giacchè rimane il fatto che il limite di un anno è dettato ai fini dell'ammissibilità delle domande in relazione alla stabilità dello stato passivo e quindi nulla ha a che vedere con la giustificabilità del ritardo, che non si collega al termine entro cui proporre la domanda, che è fissato dall'art. 101 l. fall. nell'esaurimento delle ripartizioni dell'attivo, ma attiene alla individuazione di un termine dal venir meno dell'evento non imputabile entro cui la domanda ultra tardiva deve essere proposta per essere ammissibile; e questo termine che la legge non lo prevede. Ed, infatti, di recente la S. Corte (Cass. 5 aprile 2022, n. 11000) confuta le argomentazioni apportate dalla giurisprudenza richiamata e, riprendendo l'originario indirizzo per il quale "costituisce criterio razionale quello di valutare il tempo impiegato per la proposizione della domanda, computandolo dal momento di insorgenza del credito fino alla data dell'insinuazione" , conclude che "la dimostrazione della non imputabilità verte, ai sensi dell'art. 2697 c.c., sopra un duplice oggetto: da. un lato, la causa esterna impeditiva della tempestiva o infrannuale attivazione; dall'altro lato, la causa esterna, uguale o diversa dalla prima, che abbia cagionato l'inerzia tra il momento della cessazione del fattore impediente ed il compimento dell'atto, che si vuole utilmente posto in essere"; di modo che la parte istante deve attivarsi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento dal momento in cui la insinuazione ultra tardiva sarebbe stata possibile.
        Bisogna vedere se il giudice della fattispecie segue quest'ultima indicazione valutando, secondo il suo apprezzamento, quale sia il termine ragionevole da quando è cessato l'impedimento (nel caso da quando è cessato il rapporto di locazione) oppure preferisce applicare il termine fisso di un anno.
        Questa problematica è superata dal nuovo codice della crisi in quanto l'art. 208 richiede che le domande super tardive debbono essere trasmesse al curatore entro sessanta giorni dalla cessazione della causa che ne impediva la proposizione.
        Zucchetti Sg srl