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omologa e pignoramento dello stipendio in corso

  • Fabio Marchese

    CAVALLINO (LE)
    04/05/2025 23:20

    omologa e pignoramento dello stipendio in corso

    Buonasera,
    vorrei sapere se a seguito dell'emissione della sentenza di omologa del piano del consumatore, il pignoramento dello stipendio attualmente in corso si estingue con la notifica del piano ai creditori e al terzo pignorato o sia necessaria notificare la sentenza al giudice della procedura di pignoramento affinché sia lui ad emettere il provvedimento con cui interrompe il pignoramento.
    Grazie
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      06/05/2025 11:24

      RE: omologa e pignoramento dello stipendio in corso

      La risposta al quesito formulato richiede di partire dalla lettura dell'art. 67 c.c.i.i., il quale prevede che la domanda di omologa del piano del consumatore deve essere corredata dall'elenco "di tutti i creditori".
      Costoro, a norma dell'art. 70, devono ricevere la comunicazione della proposta e del piano e, nei 20 giorni successivi, possono presentare osservazioni.
      Quindi, nei 10 giorni successivi, l'OCC riferisce al giudice (proponendo eventuali modifiche al piano) il quale, risolta ogni contestazione, pronuncia sentenza di accoglimento o di rigetto della domanda di omologa.
      Durante il procedimento appena descritto è previsto (dall'art. 70 comma 4) che, su richiesta del debitore, il giudice può disporre "la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano" e può "altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore".
      Dal combinato disposto di queste previsioni ricaviamo il convincimento per cui con l'omologa si cristallizzi, per i creditori aventi titolo o causa anteriore alla domanda, il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive si cristallizzi.
      Invero, non avrebbe senso attribuire al debitore il diritto di chiedere al giudice di pronunciare lo stay delle azioni esecutive pregiudizievoli per la fattibilità del piano, e poi consentire che quella fattibilità sia messa in crisi in sede di esecuzione.
      Inoltre, se si ammettesse che un creditore anteriore possa agire esecutivamente sui beni del debitore ad omologa intervenuta, questa si risolverebbe, in concreto, in un nulla di fatto, e tale considerazione porta ad affermare che il divieto di agire interessa anche i bene eventualmente esclusi dal piano medesimo o sopravvenuti.
      Dunque, se è stato pronunciato un provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione ha disposto la sospensione di quella procedura esecutiva (cioè di quella in seno alla quale è stato adottato il provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati), il pagamento non può proseguire.
      Diverso è il caso (che immaginiamo ricorra nella situazione prospettata) in cui il provvedimento di sospensione non sia stato pronunciato perché quella procedura esecutiva si era già chiusa con la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c. (sulla chiusura della procedura esecutiva per pignoramento presso terzi con la pronuncia della ordinanza di assegnazione cfr. ex multis, Cass., 21/04/2022, n. 12690; Cass, 24/02/2011, n. 4505).
      In questo caso, a nostro avviso, non ricorrono i presupposti per richiedere al terzo pignorato di interrompere i pagamenti.
      Per spiegare le ragioni di questo nostro convincimento ci sembra utile quanto affermato dalla giurisprudenza in tema di concordato preventivo, laddove si è affermato che «la norma di cui all'articolo 168, comma 1, della legge fallimentare ... non può ritenersi legittimamente applicabile anche al pagamento del terzo pignorato effettuato in adempimento dell'ordinanza di assegnazione del credito»: e questo perché «il procedimento di concordato preventivo non prevede, di fatto, la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi dell'art. 44 legge fallim., e nemmeno è fornito di un ufficio abilitato ad agire in tal senso,... sicché il pagamento di un debito preconcordatario deve ritenersi in sé legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l'ipotesi di un atto "diretto a frodare le ragioni dei creditori" (Cass. 7 giugno 2016, n. 11660, i cui argomenti sono stati fatti propri da Cass., 15/02/2021, n. 3850).
      Tale ultima pronuncia ha poi riassunto i termini del rapporto tra procedura concordataria e pignoramento presso terzi nei termini che seguono:
      "-)se l'esecuzione presso terzi, introdotta prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, è già pervenuta alla ordinanza 13 di assegnazione, gli effetti di essa rimangono fermi (v. articolo 187 bis disp. att. c.p.c.), sebbene il pagamento sia successivo all'inizio della procedura concordataria; difatti, l'ordinanza di assegnazione del credito, emessa ai sensi dell'articolo 553 c.p.c. in presenza della dichiarazione positiva del terzo, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, segna, col trasferimento coattivo del credito dal debitore esecutato (assegnante) al creditore pignorante (assegnatario), il momento finale e l'atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi (Cass. 29 ottobre 2003, n. 16232; Cass. 28 giugno 2000, n. 8813);
      -) in ipotesi di assegnazione nella esecuzione presso terzi, occorre distinguere, però, il caso dell'assegnazione anteriore alla trascrizione della domanda di concordato e quello dell'assegnazione, all'esito di un pignoramento tuttavia anteriore, successiva alla trascrizione della domanda di concordato: nel primo caso il debitor debitoris è liberato ed il creditore principale trattiene quanto pagato; nel secondo caso il debitor debitoris è liberato, ma il creditore principale deve restituire alla massa la somma pagata".
      Dunque, se l'ordinanza di assegnazione è stata pronunciata prima dell'inizio della procedura concordataria, essa rimane ferma.
      Orbene, secondo noi tali principi vanno tenuti fermi anche in ambito di ristrutturazione dei debiti del consumatore.
      Infatti, anche nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore manca una previsione analoga a quella di cui all'art. 44 c.c. (corrispondente all'attuale art. 144 c.c.i.i.), non richiamato dagli artt. 67 e seguenti c.c.i.i., ed il debitore non subisce lo spossessamento del suo patrimonio.
      È ben vero che anche nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore l'art. 71 comma 3 c.c.i.i. dispone che "I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 70, comma 1", ma si tratta di una norma che non costituisce un corollario dello spossessamento del debitore.
      Invero, in ambito fallimentare la giurisprudenza ha affermato che "l'articolo 44 della legge fallimentare è un corollario anzitutto del precedente articolo 42, in forza del quale la sentenza dichiarativa di fallimento priva il fallito «dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni», nonché dell'articolo 43, che sottrae al fallito la legittimazione processuale nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento, attribuendola al curatore. In tal senso è stato anche di recente evidenziato che il citato articolo 44 «rappresenta la proiezione del cd. spossessamento sostanziale e processuale tracciato dai precedenti articoli 42 e 43 ... in attuazione del principio della "cristallizzazione", alla data del fallimento, dei rapporti facenti capo al fallito» (così Cass. 8 giugno 2020, n. 10867 e Cass., 15/02/2021, n. 3850).
      Questo non si può dire a proposito della ristrutturazione, dove (come nel concordato) il debitore mantiene integra la disponibilità del patrimonio, fermo l'obbligo di dare esecuzione al piano e la disposizione, piuttosto, mira a tutelare i creditori, i quali se il debitore compie atti dispositivi o esegue pagamenti distonici rispetto agli obblighi che gli derivano dal piano omologato, quei pagamenti saranno inopponibili ai creditori.