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Forum SOVRAINDEBITAMENTO
socio accomandatario società fallita
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Fabio Stendardo
GENOVA13/05/2025 11:58socio accomandatario società fallita
Buongiorno,
volevo porvi il seguente quesito:
-socio accomandatario di società fallita; fallimento della società e del socio accomandatario chiuso nel 2017;
-socio accomandatario vuole accedere alla procedura di liquidazione controllata per i suoi debiti e per i debiti rimasti impagati della società (non era stata chiesta all'epoca esdebitazione);
-debiti sociali superiori a euro 500.00,00.
Può richiedere comunque la liquidazione controllata anche se i debiti sono superiori alla soglia di euro 500.000,00 trattandosi di debiti dell'ex società fallita e fallimento chiuso da 8 anni?
Grazie.
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Zucchetti Software Giuridico srl
13/05/2025 17:02RE: socio accomandatario società fallita
La risposta è negativa. L'art. 2, comma 1 let. d) c.c.i.i., parla di "debiti anche non scaduti", senza operare alcuna distinzione.
Invero, anche se si tratta di debiti contratti dalla società, si tratta pur sempre di debiti al pagamento dei quali egli è obbligato in via solidale.
Ricordiamo a questo proposito come in giurisprudenza sia costante l'orientamento secondo cui "La illimitata responsabilità del socio accomandatario per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art. 2313 cod. civ., trae origine dalla sua qualità di socio e si configura pertanto come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale, in sede di esecuzione individuale, di cui all'art. 2304 cod. civ., richiamato dal successivo art. 2318. Il socio illimitatamente responsabile non può, quindi, essere considerato terzo rispetto all'obbligazione sociale, ma debitore al pari della società per il solo fatto di essere socio tenuto a rispondere senza limitazioni" (Cass., Sez. 1, n. 23669 del 06/11/2006). -
Fabio Stendardo
GENOVA14/05/2025 10:20RE: socio accomandatario società fallita
Buongiorno,
scusate ma se il fallimento della società e del socio illimitatamente responsabile è stato chiuso 8 anni fa senza richiedere l'esdebitazione e sono residuati dei debiti della società (sopra soglia) perchè il socio illimitatamente responsabile non si troverà nella condizione di poter accedere alla liquidazione controllata, definendo, in tale unica procedura, sia la debitoria personale che sociale vista la cancellazione dal registro delle imprese della società da oltre 1 anno? L'art. 33 del Codice della Crisi non da la possibilità all'imprenditore cancellato da oltre un anno di accedere alla liquidazione controllata (indipendentemente dalle dimensioni)?
Grazie.
Cordiali saluti.-
Zucchetti Software Giuridico srl
15/05/2025 11:04RE: RE: socio accomandatario società fallita
Manteniamo ferma la risposta che abbiamo offerto (anche se vi sono opinioni contrastanti sul punto) sulla scorta delle considerazioni che seguono.
L'art. 33 importa nel codice della crisi gli artt. 10 e 11 lf, i quali consentivano la dichiarazione di fallimento entro un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese o dal decesso dell'imprenditore.
Questa norma nasce a tutela dei creditori, e consentendo loro di chiedere l'apertura del fallimento anche dopo la cessazione dell'impresa, al fine di evitare che il debitore, cessando l'attività, gli impedisca di agire in sede concorsuale.
Questa norma, dunque, nasce storicamente come rimedio alla cessazione dell'attività prima dell'abbrivio della procedura fallimentare.
A nostro avviso questa impostazione va mantenuta anche nel codice della crisi:
in primo luogo, l'inserimento del comma 1-bis nel corpo dell'art. 33 impone questa lettura; lo si ricavaanche dalla relazione illustrativa, dove si è spiegato che si è voluto eliminare "una disparità di trattamento particolarmente evidente per le imprese minori" al contempo inserendo "una deroga al limite annuale per l'imprenditore individuale al fine di agevolarne l'esdebitazione, in coerenza con i principi della direttiva Insolvency".
In secondo luogo, una diversa lettura importerebbe una almeno parziale abrogazione dell'art. 237, c.c.i.i. (che riprende, modificandolo, l'art. 121 lf), a mente del quale "Salvo che sia stata pronunciata l'esdebitazione nei casi preveduti dall'articolo 233, comma 1, lettere c) e d), il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che la liquidazione giudiziale già chiusa sia riaperta, quando risulta che nel patrimonio del debitore esistono attività in misura tale da rendere utile il provvedimento".
Si avrebbe così che il creditore non potrebbe chiedere la riapertura della liquidazione giudiziale ove nel frattempo sia stata aperta una liquidazione controllata, e di contro la liquidazione giudiziale riaperta dovrebbe chiudersi se successivamente il debitore dovesse chiedere l'apertura della liquidazione controllata.
In terzo luogo, muterebbero le condizioni di esdebitazione, che non sarebbero più quelle conseguenti alla chiusura della liquidazione giudiziale, ma quelle conseguenti alla chiusura della liquidazione controllata.
Infine, se anche dopo la chiusura della procedura il socio potesse accedere alla liquidazione controllata, gli si dovrebbe riconoscere, in alternativa, di accedere allo strumento della esdebitazione del debitore incapiente, la quale presuppone che nessuna procedura concorsuale possa essere avviata.
Ricordiamo a tale proposito che trib. Mantova, 23.1.2025, nell'ammettere il socio accomandatario di una s.a.s. alla liquidazione controllata ha affermato che "pur essendo socio accomandatario della predetta s.a.s., possa essere ammesso alla procedura di liquidazione controllata per la definizione dell'intero suo debito in quanto la predetta società, per quanto sopra evidenziato, è impresa minore e, quindi, non assoggettabile a liquidazione giudiziale sicché nemmeno lui può esservi sottoposto mentre, in quanto illimitatamente responsabile delle obbligazioni sociali contratte, è anch'egli direttamente tenuto alla loro estinzione conseguendone che non sussistono ragioni ostative affinché possa definire l'intera posizione debitoria mediante il ricorso alla procedura di sovraindebitamento (in tal senso vedasi Trib. Modena 12-82024; Trib. Pescara 23-7-2024; Trib. Bologna 20-5-2024; Trib. Pesaro 30-4-2024).
Certamente, se è presente anche una debitoria nuova, e cioè una debitoria non ricompresa nel passivo del fallimento, la procedura sarebbe ammissibile.
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