Forum ESECUZIONI - INTERFERENZE TRA ESECUZIONE E FALLIMENTO

Dichiarazione di improcedibilità

  • Pierdamiano Dima

    Roma
    01/09/2025 16:51

    Dichiarazione di improcedibilità

    Buongiorno, sono curatore in una liquidazione giudiziale di una S.a.s. con socio accomandatario anch'esso sottoposto a liquidazione. Quest'ultimo risulta comproprietario di un fabbricato per la quota di 2/4 insieme alla sorella (2/4), ciascuno per la rispettiva quota. Da informazioni assunte, l'intero fabbricato che dall'elaborato peritale "non è divisibile in natura", risulta essere oggetto di pignoramento e successiva esecuzione immobiliare tuttora pendente, con custode e professionista delegato ritualmente nominati e un esperimento di vendita sospeso poiché una delle parti (la sorella) ha presentato ricorso ex art. 67 C.C.I.I (ristrutturazione dei debiti del consumatore). Il secondo debitore (comproprietario esecutato per la quota del 50%) non ha invece proposto alcun ricorso secondo il C.C.I.I. Il professionista delegato a seguito della sospensione ha proposto al G.E. la prosecuzione della procedura esecutiva limitatamente alla quota pari al 50% di proprietà del debitore che non ha proposto alcun ricorso ex art. 67 C.C.I.I. Atteso che il creditore procedente non è fondiario ho due soluzioni:
    1. ai sensi dell'art. 150 comma 2 CCII posso presentare Istanza per la dichiarazione di improcedibilità della esecuzione immobiliare previa autorizzazione del Giudice Delegato (art. 124 CCII). Vi chiedo se è necessaria autorizzazione del G.D. titolare della procedura concorsuale e/o la nomina del legale.
    2. ai sensi dell'art. 150 comma 2 CCII posso presentare istanza di subentro previa autorizzazione del Giudice Delegato (art. 124 CCII). Il subentro determina l'applicazione delle regole procedurali dell'esecuzione fino alla vendita e pagamento del prezzo, dopo di che il ricavato che va attribuito all'unico creditore/curatore trasmigra nell'attivo fallimentare per essere qui ripartito, secondo le regole fallimentari. Vi chiedo se anche in questo caso è necessaria autorizzazione del G.D. titolare della procedura concorsuale e/o la nomina del legale.
    Se scelgo di presentare Istanza per la dichiarazione di improcedibilità posto che l'art. 150, co. 2, CCII comporta l'improcedibilità solo in relazione ai beni del debitore assoggettato a liquidazione giudiziale e non anche ai beni della sorella (non fallita) il pignoramento e la vendita possono proseguire nei confronti della quota della sorella (2/4), che non è coinvolta dalla procedura concorsuale. In linea generale, il G.E. può vendere la quota indivisa del comproprietario non assoggettato a procedure concorsuali (la sorella). Tuttavia, la vendita di una quota indivisa è meno appetibile e può determinare forti ribassi d'asta. Una eventuale divisione giudiziale (art. 600 c.p.c. ss.) o l'assegnazione dell'intero compendio con conguaglio tra le parti resta possibile, ma dipende dall'impostazione del G.E. e dalla strategia dei creditori.
    Vi ringrazio anticipatamente per le risposte che vorrete cortesemente fornire.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      02/09/2025 14:56

      RE: Dichiarazione di improcedibilità

      Cerchiamo di fare ordine provando a fornire qualche indicazione utile.
      La premessa è quella per cui all'attivo del fallimento è stata acquisita la sola quota indivisa del bene sottoposto ad esecuzione.
      È quindi chiaro che, se tra i creditori procedenti e quelli intervenuti non vi è un creditore fondiario, il curatore ha 2 possibilità: o quella di chiedere la declaratoria di improseguibilità della procedura ai sensi del combinato disposto degli art. 150 e 216 c.c.i.i.; oppure quella di subentrarvi.
      La scelta per l'una o l'altra opzione (che a nostro avviso richiede sempre l'autorizzazione del giudice delegato, anche nel caso in cui si opti per la improseguibilità, poiché vengono in rilievo decisioni che attengono alle modalità di liquidazione dell'attivo, con la conseguenza che si tratta di atti esecutivi del programma di liquidazione) dipende da valutazioni da compiersi caso per caso (se ad esempio sono già stati esperiti plurimi tentativi di vendita o sono già stati eseguiti gli adempimenti pubblicitari, potrebbe essere opportuno optare per il subentro).
      Quanto alla necessità che il curatore si doti del ministero di un difensore nel caso in cui opti per il subentro (posto che se non intende subentrare la procedura diviene improseguibile in applicazione dell'art. 150 c.c.i.i., che stabilisce l'improseguibilità delle esecuzioni salvo diversa determinazione del curatore esplicitata a norma del successivo art. 216), osserviamo che in linea generale sono prospettabili due opposte soluzioni.
      Da una parte potrebbe dirsi che il curatore deve essere necessariamente assistito da un difensore in quanto il suo intervento, similmente a quello di qualunque altro creditore, necessita del patrocinio di un avvocato ai sensi dell'art. 82 c.p.c.
      Da un diverso angolo prospettico, muovendo dall'assunto per cui il curatore fallimentare si limita a sostituirsi al debitore, che è parte processuale indipendentemente dal fatto che sia assistito o meno da un legale, se ne dovrebbe ricavare che l'assistenza di quest'ultimo sarà necessaria solo ove egli intenda svolgere attività processuali (ad esempio impugnare il piano di riparto o promuovere un'opposizione).
      A nostro avviso nessuna delle due soluzioni è sempre corretta, dovendosi distinguere due ipotesi: quella dell'intervento del curatore nell'ambito della procedura esecutiva per così dire ordinaria, e quella dell'intervento nell'ambito della procedura esecutiva per credito fondiario.
      Infatti, mentre nella prima il curatore del fallimento assume la veste processuale del creditore, poiché a questi si sostituisce nel dare impulso ad una procedura che diversamente diverrebbe improseguibile, con la conseguenza che è inevitabile la difesa tecnica, nella procedura fondiaria egli si limita a partecipare alla distribuzione del ricavato senza compiere alcuna attività, posto che il giudizio in executivis comunque procede anche in sua assenza (a meno che egli intenda compiere atti processuali).
      Ciò posto, per quanto attiene al caso di specie, essendo acquisita all'attivo una quota, gli scenari a disposizione del curatore sono diversi.
      Il curatore può optare per la strada della improseguibilità dell'esecuzione pendente, ma deve aver ben chiare quali sono le alternative praticabili.
      La prima è quella di prevedere la collocazione sul mercato della quota (mediante procedura competitiva o secondo le regole del c.p.c.) alla quale segue la cancellazione dei gravami iscritti sulla sola quota.
      In alternativa il curatore potrebbe introdurre un ordinario giudizio di scioglimento della comunione, in seno al quale si procederà, ove non è possibile la separazione in natura, alla vendita dell'intero con attribuzione alla procedura della metà del ricavato, al netto delle spese del giudizio divisorio. Questa strada, a ben vedere, è la stessa che si percorrerebbe ove il curatore si determinasse a portare avanti la procedura esecutiva, poiché anche in questo caso il giudice, se non è possibile la separazione in natura e non è pronosticabile la collocazione della quota sul mercato ad un prezzo pari ameno pari al suo valore.
      Una soluzione alternativa potrebbe essere quella di ottenere dal comproprietario un mandato a vendere, in modo tale che in seno alla procedura concorsuale si collocherebbe sul mercato l'intero (sempre tramite la procedura competitiva), anche se in questo caso, trattandosi di vendita di bene non acquisito all'attivo e liquidato in forza di atto negoziale (cioé la procura rilasciata dal comproprietario) è dubbio che si possano cancellare le ipoteche gravanti sulla quota di costui, a meno che i creditori ipotecari non prestino il consenso alla cancellazione delle ipoteche iscritte a loro favore (il consenso deve chiaramente essere espresso nella forma dell'atto pubblico per costituire titolo valido alla cancellazione).
      Ulteriore possibilità, infine, potrebbe essere quella di stipulare con il comproprietario un accordo transattivo finalizzato allo scioglimento della comunione (che ad esempio prevede l'acquisto della quota del sovraindebitato) al quale però si può giungere a nostro avviso solo previa stima della quota e verifica della impossibilità di acquisire un utile maggiore mediante la collocazione della stessa sul mercato o mediante la vendita dell'intero in un giudizio di scioglimento della comunione. Il vantaggio della transazione è quello di evitare le lungaggini ed i costi della procedura di vendita (sia che si venda la quota, sia che si proceda alla vendita dell'intero in ambito divisorio). Anche in questo caso, tuttavia, la possibilità di cancellare i gravami senza l'intervento dei creditori ipotecari non ci sembra immaginabile mancando il presupposto della procedura competitiva.
      Traendo le fila del discorso sin qui svolto, a nostro avviso, sulla base dei documenti disponibili, la soluzione preferibile è quella di abbandonare la procedura esecutiva (evitando così di sostenerne i costi, ivi compresi quelli del legale) ed introdurre un giudizio di divisione (nel quale si venderà l'intero), a meno che con il comproprietario non si riesca a stipulare una transazione traslativa.