Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

  • Franco Camerra

    Vicenza
    12/10/2021 12:31

    Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

    Caso di società estinta nel 2007 in sede di prime applicazioni del novellato art. 118 L.F., in base a decreto del Tribunale, pur in presenza di un giudizio pendente.
    Negli anni successivi, come è noto, si è, invece, consolidata la prassi di chiudere la p.iva (al fine di poter chiedere a rimborso il credito finale), ma di non estinguere la società (ai fini di mantenere, opportunamente, la legittimazione attiva nel giudizio/i pendente/i, avendo tra l'altro le controparti sollevato sul punto censure).
    Ciò detto e posto che, invece, nella fattispecie, la società è andata oramai estinta, si deve oggi rilevare che il giudizio pendente si è risolto con incasso di somme da parte del curatore in 'prorogatio'; pertanto dovrebbero essere posti in essere pagamenti a favore del legale della procedura e del curatore per compenso supplementare (ed in via teorica a favore anche di professionisti e dipendenti in sede di riparto supplementare) e ci si è chiesti se debba operarsi la ritenuta d'acconto ai fini irpef e conseguentemente predisporre il mod. 770.
    La risposta che ci si è dati allo stato è in senso negativo, poiché il soggetto 'pagatore' è inesistente (ovvero la società fallita è estinta) e non dovrebbe quindi applicarsi la normativa in parola, come del resto nel caso di un creditore irreperibile 'fattosi vivo' che avanzi richieste al Tribunale su un accantonamento a suo favore post chiusura fallimento e cancellazione società.
    D'altra parte sia il curatore in prorogatio che il suo legale dovrebbero emettere fattura e dichiarare il reddito percepito. Ma verso chi?
    Come risolvere la problematica? E' ipotizzabile infatti la riapertura della p.iva, ma non ci risulta, salvo svista, quella del c.f.
    Potrebbe chiedersi al Tribunale un decreto correttivo che rettifichi la chiusura della società e quindi sulla scorta di questo riaprire il c.f.?
    Non rinvenendo prassi dell'AdE sulla materia, si chiede vostro parere.
    Grazie.
    • Stefano Andreani - Firenze
      Luca Corvi - Como

      13/10/2021 17:45

      RE: Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

      Come abbiamo già scritto in altri interventi, non ci è chiaro come sia stato possibile proseguire un giudizio, registrare una sentenza e ricevere danaro (su quale c/c?) a nome di un soggetto inesistente, e come si possa ora effettuare un riparto, quindi avere un conto corrente sul quale far transitare le somme in questione, sempre a nome di un soggetto inesistente.

      Senza soluzione ci pare anche la posizione di chi deve emettere fattura, sempre a carico di un soggetto inesistente da anni (se si fosse stati nei 5 anni dalla chiusura della partita IVA le fatture avrebbero potuto essere emesse).

      Riteniamo quindi inevitabile che debba essere riaperta non tanto la posizione IVA (a meno che non si voglia utilizzare l'IVA a credito derivante dalle fatture di cui si è detto qui sopra) quanto la posizione al Registro delle Imprese e quindi il codice fiscale.

      Se la CCIAA non accettasse tale riapertura, la soluzione di intervenire sul decreto di chiusura potrebbe essere una soluzione ragionevole.

      In assenza di precedenti non siamo però in grado di dire se e quale di tali procedure sia effettivamente praticabile.
      • Franco Camerra

        Vicenza
        14/10/2021 20:38

        RE: RE: Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

        Avevo fatto tesoro degli altri interventi sul forum e avevo, per l'appunto, già osservato che presso i Tribunali, rispetto alla prima applicazione del novellato art. 118 LF, che consente la chiusura del fallimento con giudizi pendenti, i decreti di chiusura, in luogo dell'iniziale indicazione di cancellare la società (cosa avvenuta talvolta, mi ripeto, nei primi tempi e comunque nel caso di specie), si è consolidata la prassi di 'sospendere' detta cancellazione, per non prestare il fianco a presunti difetti di legittimazione attiva della curatela.

        Invero il timore in parola, che ha portato al consolidato odierno indirizzo, poteva essere risolto e lo potrebbe essere ancora oggi, seguendo quella diversa tesi che afferma che il curatore, all'atto della chiusura del fallimento e della cancellazione della società, manterrebbe un mandato da parte della massa dei creditori (solo quelli ammessi alla chiusura del fallimento) a ripartire quell'attivo supplementare che si ritraesse dal giudizio pendente. In quel senso la prorogatio del curatore (e la sua legittimazione 'speciale' nel giudizio) come quella del G.D. non sarebbe, mi pare, scalfitta. E dal punto di vista dei principi di diritto sarebbe una visione più coerente. Insomma si potrebbe intendere il tutto come una sorta di sub-procedimento volto a gestire l'accantonamento di una somma ipotetica e futura, di cui già stabilito come doversi destinare l'eventuale realizzo, ovvero alla massa dei creditori del fallimento chiuso, non avendo la società estinta alcun diritto su quelle somme aggiuntive.

        In altri termini, anche se forse è superfluo dirlo, si deve ricordare che, invece, la paura della 'delegittimazione' del curatore cessato, ma in prorogatio solo per uno o più giudizi e con società estinta, abbia portato i Tribunali, prudenzialmente, ad adottare la prassi in parola, ovvero di mantenere forzatamente iscritta al R.I. la società, pur a fallimento chiuso, il che, mi si permetta, non è un gran bel vedere dal punto di vista dei principi generali del diritto; ma sappiamo che la genesi del novella dell'art. 118 L.F. si trova nelle condanne subite per 'irragionevole durata dei procedimenti fallimentari' e questo basti.

        Tornando al caso di specie, che penso possa riguardare altri colleghi, e 'scervellandomi' nel cercare di comporre a sistema l'esecuzione del riparto supplementare comunque da compiersi, ho appurato che è possibile, per il professionista, emettere fattura nei confronti di un soggetto estinto; d'altra parte il C.F. non muore mai, come invece la partita iva, nel senso che lo 'scarto' della fattura elettronica si ha solo se si indica una partita iva del destinatario chiusa (da oltre 5 anni o meno qui non rileva) ma non se si indica un C.F. esistente nell'archivio dell'Amministrazione.
        Il Fisco non subirebbe danni, poiché il professionista farebbe confluire l'iva ed il compenso della sua fattura, rispettivamente, nella dichiarazione iva e in quella dei redditi. Resterebbe, qualcuno potrebbe osservare, la problematica della ritenuta d'acconto, ma a ben vedere, come osservato anche da voi in altri interventi, se la società è estinta non vi è alcun soggetto che la deve operare. Insomma il curatore è in prorogatio solo per quel riparto supplementare, non può ritenersi più quel curatore che la legge indica come sostituto d'imposta durante il periodo fallimentare. E qui, a mio parere, non è condivisibile quella forzatura, che leggo su diversi interventi, dove si chiede ancora al curatore in prorogatio di operare da sostituto d'imposta. Per amor di professione si può anche fare, ma questo si può ipotizzare solo quando la società ancora esistesse.
        In conclusione si ritiene di poter procedere, per il fallimento della società estinta, nella gestione delle spese prededucibili (spese del legale e compenso del curatore) e nel riparto supplementare, effettuando i pagamenti ai professionisti su base di fatture iva o preavvisi di parcella intestate alla società estinta con C.F., ma con p.iva cessata, non operando quindi alcuna ritenuta che, come anche correttamente da voi ricordato, è invero adempimento del sostituto (che nel caso non esiste più per quanto sopra detto); non necessiterà, inoltre, l'indicazione in fattura della ritenuta da operare, che è solo 'gesto di cortesia', in quanto è fatto che rileva solo per l'eventuale sostituto.

        Quanto alla vostra osservazione sul fatto che 'non si comprende come il giudizio possa essere proseguito', mi preme evidenziare, anche se il caso è ben diverso, altro esempio in cui la giurisprudenza non disdegna di ammettere una legittimazione 'atipica': alludo al caso del liquidatore giudiziale nei C.P. che è legittimato solo per le liti in cui è posta questione sull'attivo da ripartire o sul passivo di cui all'elenco dei creditori, non necessitando, in tali liti, la comparsa/intervento della società.
        Confidando di aver portato un contributo di 'vita vissuta' è gradita vostra opinione, ma anche quella di altri colleghi che si trovassero con fallimenti chiusi nei primi anni di applicazione della novella e in cui il decreto del Tribunale avesse disposto la cancellazione della società e quindi considerato, di fatto, 'scontata' la legittimazione della curatela nel giudizio pendente. Legittimazione che del resto, nel caso che ci occupa, non è stata scalfitta in tre gradi di giudizio che hanno visto vincitore la curatela in prorogatio con incasso della somma, di cui alla condanna di controparte, sul c/c che era rimasto acceso proprio ai fini del caso.
        • Stefano Andreani - Firenze
          Luca Corvi - Como

          19/10/2021 09:31

          RE: RE: RE: Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

          Ringraziamo per l'interessante contributo, certamente utile per inquadrare una situazione fonte di più di una perplessità.

          Il punto delicato della coerente e interessante tesi in esso esposta ci pare il ruolo del Curatore ... o ex-Curatore, relativamente al quale l'art. 118 stabilisce che:

          - "può mantenere la legittimazione processuale"

          - trattiene "le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato ... secondo quanto previsto dall'articolo 117, comma secondo"

          - riceve "le somme ... per effetto di provvedimenti definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti".

          Considerato che la norma prosegue stabilendo che tali importi "sono fatti oggetto di riparto supplementare fra i creditori secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di cui all'articolo 119", senza specificare chi lo deve fare, e in che veste, si deve decidere:

          a) se riteniamo che la legge scriva "Curatore" ma intenda "ex-Curatore", divenuto "mandatario della massa dei creditori a ripartire l'attivo supplementare", allora egli non rientra più nell'elenco dei soggetti tenuti all'effettuazione della ritenuta d'acconto

          b) se invece egli mantiene la qualifica di Curatore non solo per la legittimazione processuale, per trattenere le somme riscosse provvisoriamente, e per ricevere le somme successivamente alla chiusura del fallimento, ma anche quando effettua il riparto, allora rientra senza alcun dubbio fra i soggetti tenuti a effettuare la ritenuta d'acconto e tutti gli obblighi conseguenti.


          Infine, per nostra curiosità e con un filo di polemica, non certo nei confronti del collega ma del sistema bancario, le cui richieste in tema di antiriciclaggio hanno reso la vita difficile a molti colleghi, a chi era intestato il conto sul quale sono rimaste depositate le somme accantonate, su cui è pervenuto l'ulteriore attivo e che servirà per il riparto? con quale codice fiscale? chi ne era il titolare effettivo ...?
          • Franco Camerra

            Vicenza
            19/10/2021 19:06

            RE: RE: RE: RE: Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

            Il contributo si fa interessante e quindi svolgo la seguente ulteriore considerazione, richiamati gli interventi miei e i vostri sulla discussione in parola, ed esaminando il decreto di chiusura del fallimento (ovvero quello che dispone, nella fattispecie, la chiusura della P.iva ma anche la cancellazione della società) ove leggo che il curatore (cessato) dovrà predisporre i riparti supplementari ed effettuare i pagamenti.
            Detto ciò sembrerebbe inevitabile, seguendo il vostro ragionamento, seguire la vostra soluzione (b), ovvero considerarsi curatore a tutti gli effetti e quindi operare la ritenuta d'acconto (e gli adempimenti conseguenti) sui riparti e sui compensi, ove previsto dalla legge in costanza di fallimento, ma soprattutto di società iscritta al R.I.
            Nel nostro caso, però, questa società, lo abbiamo detto, è 'cancellata' e quindi, ci si ripete, ritenere di chiedere al curatore cessato, che ora a mio parere, è oramai solo un 'mandatario della massa' per eseguire dei riparti e dei pagamenti supplementari, degli adempimenti in materia fiscale, mi appare come una forzatura che non trova supporto giuridico. La giurisprudenza letta, sui debiti della società estinta, non mi pare ci possa portare a questa conclusione: e i pagamenti in parola sono dei debiti. In via analogica, ad esempio, il liquidatore di una società cessata non è più il L.R. della stessa, se rimangono dei debiti da onorare: semmai potrà considerarsi responsabile per mala gestio,
            La soluzione potrebbe essere, come da Voi suggerito, che il Tribunale emetta un decreto correttivo e che ordini al Giudice Conservatore del R.I. la rettifica della cancellazione della società. Ma a che pro? Solo per poter avere un soggetto che possa operare le ritenute d'acconto? Francamente non ritengo serva e ricordiamoci che anni or sono il curatore non era considerato un sostituto d'imposta, perché non serviva alla massa, e che lo è diventato solo perché molti creditori e ahimè anche diversi professionisti si 'dimenticavano' di dichiarare i redditi percepiti per effetto o in funzione del fallimento.
            Concludo indicando che sarà, comunque, nostra incombenza chiedere direttive al G.D. che pur sempre deve vigilare sull'operato del curatore (cessato); ma in tutta franchezza la problematica è prettamente di natura fiscale e non vi è chi non veda il rischio che, operata una ritenuta e versato un F24, questo sia scartato o che lo sia il Mod. 770 successivo per 'inesistenza' del 'sostituto'; insomma pare preferibile consigliare di seguire la soluzione (a), anche perché, in definitiva, l'Erario non subirebbe alcun danno, ammesso ovviamente che il creditore del riparto supplementare, o il professionista che ha prestato il servizio al fallimento chiuso con rapporti pendenti, dichiarino i rispettivi redditi percepiti.
            D'altra parte la problematica in parola è del tutto simile al pagamento di un creditore irreperibile, che ritengo sia onere della Cancelleria del Tribunale Fallimentare, nel senso che il creditore che si rendesse palese e chiedesse la consegna del libretto bancario (che di prassi è formato e comunque intestato alla società con titolare effettivo il curatore di quel momento storico, come lo è il c/c della società estinta del nostro caso) riceverebbe un libretto con importo pieno, ovvero non soggetto a ritenuta e solo al suo dovere di contribuente l'Erario dovrebbe affidarsi.
            • Stefano Andreani - Firenze
              Luca Corvi - Como

              20/10/2021 19:31

              RE: RE: RE: RE: RE: Chiusura ex art. 118 L.F. con giudizio pendente - cancellazione società - ritenute irpef su pagamenti professionisti

              Riteniamo che la questione sia stata ampiamente sviscerata, personalmente rimaniamo della nostra opinione ma ... è la nostra opinione, non certo una verità assoluta.

              Concordiamo col fatto che non vi sarà alcun danno per l'Erario (se non, assolutamente marginale, sotto il profilo finanziario) se i percettori adempiranno i loro obblighi; è però doveroso segnalare che qualora il comportamento del Curatore fosse ritenuto non corretto, la contestazione sull'omessa effettuazione e versamento della ritenuta verrebbe sollevata comunque a carico della procedura ovvero del Curatore, indipendentemente dal danno per l'Erario.

              Ciò premesso, ben volentieri attendiamo notizie, se vorrà darcene, sull'evoluzione della vicenda dopo l'intervento del Giudice Delegato.