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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE
Liquidazione compenso delegato alla vendita ramo di azienda
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Leandro Campana
Terni17/05/2023 16:50Liquidazione compenso delegato alla vendita ramo di azienda
Buonasera
una procedura fallimentare ha nominato lo scrivente, in qualità di dottore commercialista, con specifica ordinanza di vendita emessa ai sensi del codice di procedura civile per le disposizioni compatibili, quale delegato alla vendita asincrona di un'intera azienda, composta da beni immobili, beni mobili registrati, beni mobili, quote societarie di altre aziende detenute dalla prima, marchi, brevetti, avviamento, personale dipendente (per il quale è stata fatta la procedura sindacale in sede di aggiudicazione), rimanenze di magazzino (verificate in sede di consegna del compendio venduto) il tutto in un lotto unico.
Eseguita l'aggiudicazione ed il regolare pagamento, il Giudice delegato al fallimento ha emesso un unico decreto di trasferimento, che, una volta tassato, lo scrivente ha provveduto a trascrivere alla CCIAA per la cessione dell'azienda, e sempre alle CCIAA per le quote cedute relative alle rispettive partecipazioni detenute, Agenzia delle Entrate (conservatoria per la parte immobiliare), oltre ad altri adempimenti connessi al complesso aziendale.
La domanda è relativa alla liquidazione del compenso spettante al delegato alla vendita.
In base ai delle vostre risposte precedenti sembra emergere quanto segue:
- per il valore connesso alla vendita immobiliare (desumibile dalle perizie di stima) applicazione del D.M. 227 del 15/10/2015, che di fatto prevede un compenso per le diverse fasi in misura fissa;
- per il valore restante rispetto a quello complessivo, indicate che deve essere liquidato dal G.D., senza precisare con quale modalità.
Ritengo che per quest'ultimo non è applicabile il suddetto D.M., in quanto è solo relativo alla esecuzioni immobiliari, non sembra neanche applicabile il D.M. 30/05/2002 in quanto prevede solo perizie, stime ecc...
L'unica fattispecie di liquidazione di azienda è presente nel D.M. 140/2012 art. 20 che rimanda al riquadro 2 tabella C allegata allo stesso D.M.
Vorrei saper se la mia interpretazione è corretta o se è necessario procedere diversamente, eventualmente se vi sono precedenti casi giuridici in merito.
Grazie-
Zucchetti Software Giuridico srl
22/05/2023 09:04RE: Liquidazione compenso delegato alla vendita ramo di azienda
Cominciamo con il dire che D.M. 15 ottobre 2015, n. 227 è intitolato "Regolamento concernente la determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell'esecuzione ai sensi degli articoli 169-bis e 179-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile", sicché esso è diretto a disciplinare la sola misura del compenso dovuto al professionista delegato alla vendita di beni immobili o mobili registrati; lo conferma altresì, espressamente, lo stesso art. 1 del decreto.
Quindi il suddetto decreto potrà essere utilizzato per determinare il compenso della quota parte di valore aziendale rappresentato dai beni immobili e dai beni mobili registrati.
A nostro avviso, il medesimo decreto ministeriale potrà essere utilizzato anche per liquidare il compenso relativo alla quota parte di valore rappresentato dalle partecipazioni societarie.
Osserviamo a questo proposito che sebbene in giurisprudenza sembri prevalere la tesi che riconosce alla quota societaria la natura di bene mobile, non è del tutto pacifico che essa sia annoverabile nella sub specie di bene mobile registrato, atteso che il sistema pubblicitario proprio del Registro delle Imprese ha funzione informativa e non del tutto sovrapponibile al regime circolatorio proprio dei beni immobili e dei beni mobili registrati. Infatti, mentre per questi in caso di conflitto tra più acquirenti prevale colui che ha provveduto per primo alla trascrizione, per le quote sociali il terzo comma dell'art. 2740 c.c. richiede l'ulteriore requisito della buona fede.
In alcune pronunce si è affermato che "la quota di partecipazione in una s.r.l. esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come un bene immateriale equiparato al bene mobile non iscritto in pubblico registro … La quota, quindi, se non può considerarsi come un bene materiale al pari dell'azione, tuttavia ha un valore patrimoniale oggettivo, che è dato dalla frazione del patrimonio che rappresenta; ed è trattata dalla legge come oggetto unitario di diritti, oltre che di obblighi …. Conferma dell'equiparazione della quota al bene mobile non registrato si ricava anche dall'art. 2482 c.c., comma 2 e art. 2483 c.c., dai quali risulta che la quota di s.r.l. è oggetto del diritto di proprietà e può essere acquistata, con trasferimento dello stesso diritto da un soggetto all'altro" (Cass. n. 22361/2009; Cass. n. 13903/2014, sebbene - per la verità con riferimento ad una fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.lgs 6/2003 - vada registrato un contrario arresto di Cass. n. 10826/2014, a giudizio della quale è problematica, ed è utilizzabile e utilizzata solo in senso improprio, la stessa qualificazione della quota come un bene mobile).
Di opposto segno altri arresti (Trib. Milano 22-12-2017; Trib. Ferrara, 9-5-2005, Trib. Alessandria 27 gennaio 2010) ove il convincimento circa la natura di bene mobile registrato della partecipazione societaria è stato ricavato dal fatto che il registro delle imprese è consultabile non solo da parte dei soci, ma da chiunque lo voglia, aggiungendosi come non sia "corretto inferire la natura del bene … dagli effetti della sua pubblicità, piuttosto che prendere atto della previsione di un apposito regime pubblicitario che, di per sé, è idoneo a differenziare la partecipazione sociale dai beni mobili immateriali nonché dai beni mobili suscettibili di "possesso"…" (Cass. n. 20170/2017).
Così succintamente ricostruito il panorama dottrinario e giurisprudenziale di riferimento, è da preferirsi, quanto meno sotto il profilo del pagamento del contributo di pubblicazione, che le partecipazioni societarie vadano qualificate come beni mobili registrati.
A questo proposito appare decisivo il rilievo per cui, se è certamente vero che il regime pubblicitario dei beni mobili registrati individua, quale criterio regolatore dei conflitti tra una pluralità di aventi causa, il solo requisito della trascrizione, laddove invece nelle partecipazioni societarie il legislatore della riforma del 2003 introduce l'ulteriore canone della buona fede, è altrettanto innegabile che, quale che sia la valenza della iscrizione, essa è comunque prevista espressamente dal legislatore con l'art. 2470, comma secondo, c.c. il quale dispone che "l'atto di trasferimento … deve essere depositato … presso l'ufficio del registro delle imprese", il che basta ad affermare che le partecipazioni societarie sono beni iscritti in pubblici registri, secondo quanto prescritto dall'art. 815 c.c. Insomma, sembra che la parziale divergenza di effetti cui soggiace l'iscrizione nel registro delle imprese dei trasferimenti societari rispetto alla disciplina circolatoria tipica degli altri beni mobili registrati, non sia argomento sufficiente per espungere i primi dalla categoria, in presenza di un dato normativo che, sul punto, costituisce l'espressione di una chiara voluntas legis.
Dunque, ai fini della liquidazione del compenso, riteniamo che anche per i beni mobili registrati possa applicarsi il dm 227/2015.
Resta da comprendere quale fonte normativa debba utilizzarsi con riferimento alla quota parte di valore rappresentata dai beni mobili, atteso che il dm 227 riguarda solo beni immobili e mobili registrati.
Non ci sembra direttamente applicabile il d.m. 109/1997, atteso che esso disciplina i compensi dovuti all'IVG per la vendita di beni mobili e di mobili registrati.
Non si riscontra invece una disciplina espressa per le altre figure professionali cui pure potrebbe essere delegata (come nel caso prospettato) la vendita, considerato anche il fatto che le disposizioni concernenti la liquidazione del compenso a periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori sono state ritenute inapplicabili agli altri ausiliari, stante il loro carattere di specialità (cfr. cass., s.u., 11 marzo 1996, n. 1952, cui la successiva giurisprudenza si è uniformata).
A questo punto, preso atto del vuoto normativo, riteniamo che l'unica soluzione possibile, considerata altresì l'inutilizzabilità delle tariffe private in ragione della natura pubblicistica dell'incarico (così Cass. 23 settembre 1994, n. 7837) sia quella di applicare l'art. 20 del dm 140/2012, che troverà applicazione in riferimento al valore aziendale rappresentato dai beni mobili.-
Leandro Campana
Terni24/05/2023 18:41RE: RE: Liquidazione compenso delegato alla vendita ramo di azienda
Concordo con la vostra interpretazione, che converge con quella di molti colleghi. Gli stessi giudice delegati rilevano un vuoto normativo.
Ho visto che in relazione all'art. 20 del d.m. 140/2012 voi indicate che troverà applicazione al valore aziendale rappresentato da beni mobili, senza considerare il valore dell'avviamento. Mi chiedo se quest'ultimo elemento dell'azienda vi sia sfuggito nella vostra affermazione o se invece reputate che non debba essere considerato nel conteggio del compenso di cui sopra. Nel caso in cui sosteniate che l'avviamento debba essere escluso, potreste argomentare la motivazione?
Grazie-
Zucchetti Software Giuridico srl
25/05/2023 11:04RE: RE: RE: Liquidazione compenso delegato alla vendita ramo di azienda
La domanda richiede una risposta articolata la cui conclusione, anticipiamo, è nel senso che l'avviamento non va considerato unitamente ai beni mobili.
Occorre premettere che il codice civile non contiene una definizione di avviamento. Se ne occupano soltanto sporadicamente alcune norme, tra cui, per quanto qui interessa, il combinato disposto degli artt. 2424 c.c. e 2426, n. 6, c.c., ai sensi del quale l'avviamento va iscritto in bilancio (nello stato patrimoniale fra le immobilizzazioni immateriali), con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, cioè a seguito dell'acquisto di un'azienda (o di un ramo d'azienda) o per effetto di un'operazione di conferimento, fusione o scissione, nei limiti del costo per esso sostenuto.
In dottrina con il termine avviamento si intende genericamente la capacità di un'azienda di produrre un reddito superiore rispetto alla media del settore in cui la stessa opera. Esso esprime il valore economico di un'organizzazione aziendale ed in quanto rappresenta una qualità dell'azienda piuttosto che un bene a sé stante.
Sul piano contabile la iscrizione dell'avviamento deriva dalla considerazione per cui, in sede di conferimento, l'azienda deve essere considerata quale unitario complesso economico, con la conseguenza che l'effettività del capitale sottoscritto non può essere ricercata nel valore attribuibile ai singoli beni che la compongono, isolatamente considerati l'uno dall'altro, ma in quello che l'intera organizzazione produttiva ha in virtù della sua capacità di produrre utili, che attribuire al complesso strategico un valore superiore alla somma delle parti.
Cass., 8 marzo 2013, n. 5845 ha affermato che "l'avviamento non è un bene compreso nell'azienda, del quale quindi si possa ipotizzare un vizio ai sensi dell'art. 1490 cod. civ. in tema di vizi della cosa venduta, ma è una qualità immateriale dell'azienda stessa, che può essere promessa nel contratto di vendita e il cui difetto dà luogo alla fattispecie di inadempimento di cui all'art. 1497 cod. civ. in tema di mancanza di qualità promesse, con la conseguenza che la sua mancanza o il suo valore inferiore a quello pattuito non possono essere poste a fondamento dell'azione di riduzione del prezzo di cui all'art. 1492, ma solo eventualmente di una risoluzione ex art. 1453 cod. civ .". Analogamente, Cass., 6 dicembre 1995, n. 12575 per cui l'avviamento è una qualità dell'azienda ed il maggior valore economico, che l'avviamento fa acquisire ai beni che formano l'azienda, cade nel patrimonio ereditario del titolare dell'azienda e non in quello del diverso proprietario della struttura immobiliare utilizzata per svolgere l'attività d'impresa, prospettando così il legame tra avviamento ed imprenditore.
Le premesse sin qui formulate portano alla conclusione per cui l'avviamento non può essere isolatamente considerato ai fini della liquidazione del compenso dovuto al delegato alla vendita poiché di esso costituisce il plusvalore dei cespiti di cui l'azienda si compone, in ragione della loro funzionale connessione.
La conseguenza, allora, è che il valore dell'avviamento (che ha concorso a determinare il prezzo base della vendita dell'unico lotto) dovrebbe essere proporzionalmente imputato ai beni aziendali, nel senso che se beni immobili valgono 70, ed i beni mobili 30, il valore di avviamento dovrebbe essere imputato per il 70% agli immobili e per il 30 ai mobili.
L'unica alternativa possibile sarebbe quella di ritenere l'azienda nel suo complesso un bene ontologicamente diverso dai mobili e dagli immobili che lo compongono, ed applicare integralmente la disciplina dell'art. 20 dm 140/2012.
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