Forum ESECUZIONI - ESECUZIONE MOBILIARE E PRESSO TERZI

Atto di precetto e successivo pignoramento presso terzi

  • Marcella Iannopoli

    Crotone
    10/09/2021 09:45

    Atto di precetto e successivo pignoramento presso terzi

    Buongiorno,
    approfitto del vostro prezioso contributo per esporvi la seguente questione:
    Una società snc viene dichiarata fallita, avverso la sentenza di fallimento viene proposto reclamo da parte della società e dei soci.
    La Corte D'Appello con sentenza condanna la società ed i soci illimitatamente responsabili alla rifusione delle spese di lite in favore della curatela.
    Orbene, nella condanna la Corte non indica una condanna in solido e non sepcifica sulla ripartizione delle spese.
    A tal fine dovendo eseguire il recupero nei confornti dei soci da parte della curatela ritengo, che nel caso in esame non sussitendo condanna in solido sia applicabile l'art. 97 c.p.c. comma 2.
    Per cui le parti sono da considerare obbligati ognuno per quote uguali con conseguente notifica di distinti atti di precetto e pignoramenti.
    Grazie
    • Zucchetti SG

      12/09/2021 09:28

      RE: Atto di precetto e successivo pignoramento presso terzi

      La domanda ci suggerisce la necessità di una premessa iniziale. Se la Corte ha condannato i reclamanti (società e soci) ex art. 18 alla rifusione delle spese nei confronti della curatela vuol dire che ha rigettato il reclamo e confermato il fallimento della società di persone e dei soci. Orbene, questa statuizione è destinata a rimane priva di effetto pratico perché il fallimento ha già nella propria disponibilità il patrimonio della società fallita e dei soci anch'essi falliti, che quindi non potranno mai pagare il loro debito per spese di causa, a meno che la prospettiva sia quella di agire contro i beni (ma in realtà si tratta di ipotesi piuttosto remote) dei soci che non sono destinati a comporre l'attivo del fallimento.
      Fatta questa premessa, riteniamo che la strada interpretativa prospettata nella domanda ci convince, per cui nel caso di specie i soci saranno obbligati pro quota, ed in parti uguali, al pagamento delle spese di lite.
      Questa soluzione riposa, come correttamente osservato, nella previsione di cui all'art. 97, comma secondo, c.p.c., il quale si pone quale clausola residuale rispetto alla disposizione di cui al primo comma.
      Infatti, l'art. 97, infatti, sancisce il principio per cui in caso di pluralità di soccombenti sia ha una ripartizione delle spese in parti uguali, salva la possibilità per il giudice di condannare le parti in ragione del rispettivo interesse personale, oppure in via solidale per la presenza di un interesse comune. In questo modo si è abbandonato il criterio adottato nel previgente sistema (di parziarietà assoluta), attribuendosi al giudice ampio margine di discrezionalità.
      Aggiungiamo solo come in dottrina non si sia mancato di osservare come, ad onor del vero, il secondo comma dell'art. 97 mal si concilia con la previsione di cui al primo comma, atteso che esso introduce una presunzione di parziarietà in mancanza di specificazione sul punto, laddove nel primo comma si prevede che il giudice dovrebbe sempre valutare il rispettivo interesse dei singoli soccombenti alla lite, e sulla base di questa valutazione ripartire il carico delle spese di lite.
      L'osservazione in effetti ci persuada, ma è evidente che la preoccupazione del legislatore sia stata quella di prevedere una disciplina residuale della ripartizione del carico delle spese in assenza di una diversa statuizione giudiziale.