Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

Zona P.I.P

  • Chiara Fabbroni

    AREZZO
    16/01/2023 20:40

    Zona P.I.P

    In qualità di Professionista, sono a porre il seguente quesito.

    Esaminano la ctu di una esecuzione immobiliare è dato leggere quanto segue:
    Regolamento Urbanistico: Sistema della Produzione- Sistema P1 Produttivo Industriale.

    Invero leggendo il titolo di provenienza, atto di compravendita del 1991, dalla società costruttrice alla società esecutata non trovo alcun riferimento al fatto che trattavasi di fabbricato posto in zona pip.
    peraltro, non trovo trascritto alcun regolamento e/o convenzione, neppure nella precedente identifcazione catastale sotto il Catasto terreni.

    Ciò posto sono a chiedere se la legge n178 del 2020, specie con riferimento alla normativa di cui agli articoli 376-379 trovi applicazione anche per gli immobili posti in zona P.I.P.

    In caso negativo, sono a chiedere se esita o meno una normativa equipollente a quella sopra richiamata, o comunque quali siano i vincoli e/o la procedura da rispettare nell'esecuzione immobiliare nell'ipotesi di vendita dell'immobile posto in zona P.I.P.
    Ringrazio per l'attenzione
    • Zucchetti SG

      20/01/2023 18:50

      RE: Zona P.I.P

      Può succedere che oggetto del pignoramento sia un immobile realizzato su suolo concesso dal comune al fine di realizzare insediamenti produttivi, in forza di una convenzione di lottizzazione che preveda vincoli di inalienabilità temporanea o altri oneri. Si tratta dei così detti immobili ricadenti nelle zone PIP, piani per gli insediamenti produttivi, disciplinati dall'art. 27 della l. 22 ottobre 1971, n. 865.
      Detti piani sono diretti a favorire "la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico" e le loro caratteristiche sono analoghe a quelle dei piani previsti dalla stessa legge per incentivare la costruzione di unità abitative (art. 35).
      Le aree ricomprese nel piano sono espropriabili da parte dei comuni o dei consorzi tra di essi costituiti e, dopo essere state acquisite dal comune, vengono cedute in proprietà (ovvero concesse in godimento mediante la costituzione di un diritto di superficie) ad operatori economici, pubblici o privati, per la concreta realizzazione degli obbiettivi di piano.
      Le aree espropriate entrano a far parte del patrimonio indisponibile del comune o del consorzio, posto che sono destinate direttamente al soddisfacimento di una specifica finalità d'interesse pubblico. Ergo, le aree incluse nei piani di insediamento produttivo, debitamente approvato, non possono essere sottratte alla loro destinazione, "se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano" (art. 830, secondo comma, c.c.) e questo porta a ritenere che esse si trovino in una condizione giuridica che ne preclude l'assoggettamento ad espropriazione forzata (Cass., sez. III, 10 luglio 1986, n. 4496) .
      A norma dell'art. 27, "contestualmente" alla cessione della proprietà dell'area, tra il comune e l'acquirente deve essere stipulata una convenzione "con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico... dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza". Ciò sta ad indicare che le norme di carattere pubblicistico contenute in detta disposizione non riguardano solo l'individuazione, la delimitazione e l'espropriazione delle aree da destinare alla creazione di insediamenti produttivi, ma caratterizzano anche il loro trasferimento all'assegnatario. Il momento pianificatorio e quello convenzionale sono pertanto legati da un rapporto di interdipendenza nel senso che la cessione trova il suo ineliminabile presupposto nell'esistenza del piano, ed al contempo ne consente la concreta attuazione.
      La cessione del bene non è quindi fine a se stessa, ma concorre alla realizzazione dell'assetto urbanistico prefigurato nel piano; ergo, gli obblighi posti a carico del cessionario circa l'utilizzazione dell'area trovano il loro presupposto nell'esigenza di assicurare la realizzazione degli obiettivi di piano.
      Questa breve premessa consente di indicare un criterio da seguire nella verifica della opponibilità degli oneri che gravano su questa categoria di immobili:
      se si tratta di oneri che abbiano la loro esclusiva fonte nella convenzione, la loro opponibilità all'acquirente deriva dalla intervenuta o meno trascrizione della convenzione medesima.
      Se invece gli oneri sono posti direttamente dalla legge, nella quale dunque la relativa disciplina trova asilo, essi devono considerarsi alla stregua di veri e propri oneri reali.
      In ogni caso, l'indagine relativa alla sussistenza dei presupposti di applicazione di questa disciplina deve partire dalle risultanze della documentazione ipocatastale, nel senso che solo nel caso in cui dall'esame dei registri immobiliari risulti un regime vincolistico qui descritto, si porrà un problema di operatività di queste disposizioni.
      Ciò detto, La legge di bilancio per il 2021, (legge 178/2020) ha previsto, all'art. 1 commi 376- 379 alcune disposizioni che disciplinano le procedure esecutive e concorsuali che abbiano ad oggetto immobili realizzati in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata.
      In particolare, il comma 376 stabilisce che questa disciplina si applica alle "procedure esecutive aventi a oggetto immobili realizzati in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata che sono stati finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche".
      Da questa definizione ricaviamo il convincimento che anche gli immobili realizzati in attuazione di un Piano di insediamento produttivo possono essere considerati come ricadenti nella disciplina posta dalla legge finanziaria, a condizione che si tratti di edilizia residenziale e che siano stati realizzati in tutto o in parte con risorse pubbliche.
      Anche in questo caso, comunque, l'indagine relativa alla sussistenza dei presupposti di applicazione di questa disciplina deve partire dalle risultanze della documentazione ipocatastale, nel senso che solo nel caso in cui dall'esame dei registri immobiliari risulti il regime vincolistico qui descritto, si porrà un problema di operatività di queste disposizioni.
      Aggiungiamo, infine, che secondo la giurisprudenza, le limitazioni alla circolazione dei beni previsti dalla normativa sulla edilizia convenzionata non operano in sede esecutiva, atteso che: si tratta di vincoli concepiti per le vendite negoziali; essendo preordinati ad impedire manovre speculative non operano in sede esecutiva, ove il rischio di tali manovre è escluso in re ipsa.
      Così, ad esempio, Cass., sez. I, 27 settembre 1997, n. 9508 ha concluso nel senso che se è vero che il divieto temporaneo di alienazione imposto al cessionario trova la sua giustificazione nell'esigenza di evitare che le agevolazioni concesse nel quadro di una politica di interesse sociale si trasformino in un inammissibile strumento di speculazione, è altrettanto vero che detta trasformazione, di certo, non può determinarsi per effetto delle azioni esecutive dei creditori, il cui esercizio non viene ad interferire minimamente con il raggiungimento degli obbiettivi perseguiti dal legislatore, le quali pertanto potranno essere svolte, ferma restando la destinazione pubblicistica del bene. In altri termini, cioè, se il divieto di alienazione ha la funzione precipua di garantire la funzionalizzazione del bene all'interesse pubblico che ne ha determinato la espropriazione prima e la cessione poi, detto divieto è inevitabilmente destinato a non operare quante volte, come nel caso di azioni esecutive, il trasferimento del bene non costituisca l'oggetto di una manovra speculativa e la destinazione pubblicistica del bene rimanga inalterata.
      Allo stesso modo, riteniamo che eventuali divieti di rivendita contenuti nella convenzione non possono spiegare alcun effetto poiché si risolverebbero in un inammissibile vincolo processuale imposto alla stessa procedura al di fuori di qualsiasi previsione normativa, creando di fatto, per provvedimento amministrativo, un divieto di acquisto analogo a quello di cui all'art. 571 c.p.c., che vieta al debitore di formulare offerte di acquisto; la prescrizione, in effetti, si sostanzierebbe nel fare divieto di formulare offerte a coloro i quali non posseggono i requisiti per l'assegnazione di alloggi popolari, in violazione dell'art. 111, comma primo, Cost, (secondo il quale "la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge") e dello stesso art. 571 appena citato, a mente del quale "tutti" (tranne il debitore), che la costante giurisprudenza considera norma eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica (in questi termini, a proposito dell'analogo art. 579, si veda Cass., sez. III, 16 maggio 2007, n.11258).
      Sempre in giurisprudenza, ai fini della opponibilità dei vincoli derivanti dalla convenzione, si compiono taluni distinguo di carattere soggettivo.
      Si è ad esempio precisato che "L'obbligazione di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, assunta dal lottizzante con la stipula della convenzione di lottizzazione edilizia è propter rem, nel senso che l'adempimento di essa può essere richiesto non solo a colui che tale convenzione ha stipulato, ma anche a colui, se soggetto diverso, che richiede la concessione edilizia; ovvero nel senso che colui che realizza opere di trasformazione edilizia ed urbanistica, valendosi della concessione edilizia rilasciata al suo dante causa, ha nei confronti del Comune gli stessi obblighi che gravano sull'originario concessionario, ed è con quest'ultimo solidalmente obbligato per il pagamento degli oneri di urbanizzazione. L'obbligazione non si trasferisce però all'acquirente degli edifici realizzati dal costruttore, proprio perché solo quest'ultimo ha utilizzato il titolo edilizio il cui rilascio implicava l'accollo ex lege dell'obbligazione di realizzazione o completamento delle opere di urbanizzazione" (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 21-05-2012, n. 501).