Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Sgombro - liberazione locale occupato da beni mobili

  • Giuliano Cesarini

    Fossombrone (PU)
    08/07/2022 11:41

    Sgombro - liberazione locale occupato da beni mobili

    Nel corso del primo accesso ho constatato che nel magazzino oggetto di esecuzione sono conservati materiale edilizio, beni mobili e mobilia varia.
    Ho espresso all'esecutato la necessità di provvedere allo sgombro del locale quanto prima per facilitarne la vendita.
    L' esecutato - poco collaborativo - sostiene di non essere in grado di eseguire lo sgombro se non (forse) in tempi lunghi.
    Mi domando:
    1 - esiste l'obbligo per l'esecutato di sgombrare a sua cura e spese il locale? Eventualmente anche a seguito del decreto emesso dal GE?
    2 - Se chiedo al GE l'emissione del decreto di liberazione - che sarebbe in prima istanza rivolto all'esecutato - corro il rischio, di fronte alla sua inerzia, di dover provvedere io come custode ed a spese del procedente, allo smaltimento dei beni?
    • Zucchetti SG

      10/07/2022 10:08

      RE: Sgombro - liberazione locale occupato da beni mobili

      L'art. 560, comma sesto, c.p.c., dispone che "Il giudice ordina, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, ovvero quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare".
      La disposizione aggiunge che "A richiesta dell'aggiudicatario, l'ordine di liberazione può essere attuato dal custode senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti; il giudice può autorizzarlo ad avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68. Quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi. Quando vi sono beni mobili di provata o evidente titolarità di terzi, l'intimazione è rivolta anche a questi ultimi con le stesse modalità di cui al periodo precedente. Dell'intimazione è dato atto nel verbale. Se uno dei soggetti intimati non è presente, l'intimazione gli è notificata dal custode. Se l'asporto non è eseguito entro il termine assegnato, i beni mobili sono considerati abbandonati e il custode, salva diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione".
      Da questa norma dovrebbe ricavarsi, secondo taluna dottrina, l'assunto per cui la liberazione dell'immobile andrebbe obbligatoriamente disposta dal giudice dell'esecuzione nei casi di immobile non abitato, sebbene sia stato osservato, da altri, che anche in questi casi il giudice potrebbe comunque discrezionalmente valutare, in relazione alle precipue circostanze del caso concreto, la necessità di consentire al debitore di permanere nella disponibilità dell'immobile quando ciò sia funzionale alla migliore tutela degli interessi della procedura.
      La tendenziale doverosità dell'adozione dell'ordine di liberazione (affermata da Cass., sez. Un., 14-12-2020, n. 28387, punto 37 della motivazione e da Cass. Sez. 3, 10-06-2020, n. 11116) è stata recentemente ribadita da Cass., sez. III, 28-3-2022, n. 9877, chiamata ad occuparsi della possibilità di adozione dell'ordine di liberazione in caso di immobile occupato in forza di contratto di locazione stipulato prima del pignoramento, ma con previsione di canone inferiore di oltre un terzo a quello giusto, a norma dell'art. 2923, comma terzo, c.c.
      Nel sostenere che anche in questi casi può essere pronunciato l'ordine di liberazione, la Corte premette che l'ordine di liberazione è un provvedimento ordinatorio funzionale agli scopi del processo, ed in particolare alla materiale apprensione del cespite pignorato ai fini della sua liquidazione, in vista dell'obiettivo ultimo, di rilievo pubblicistico, del maggiore soddisfacimento possibile dei diritti dei creditori.
      Siffatto obiettivo fonda, secondo la pronuncia, una peculiare potestà ordinatoria (meramente endoprocessuale) del g.e., atta a garantire le migliori condizioni di vendita, nell'esercizio della quale egli è chiamato ad accertamenti sommari, lato sensu cognitivi, volti ad adottare i provvedimenti indispensabili ad assicurare l'ordinato fluire della procedura.
      In particolare, al fine di tutelare l'aggiudicatario, il giudice dell'esecuzione è chiamato ad anticipare gli effetti che in favore di questi produce il decreto di trasferimento, sicché, prosegue la sentenza, quanto non sarà opponibile all'aggiudicatario non è opponibile neppure alla procedura o ai creditori, e ciò non solo nell'interesse dell'aggiudicatario medesimo, ma anche nell'interesse pubblico al sollecito svolgimento della procedura.
      Questa anticipazione si ottiene attraverso l'ordine di liberazione, alla cui attuazione il giudice dell'esecuzione provvede per il tramite del custode, ausiliario incaricato di attività materiale servente ed indefettibile ai fini del progredire della procedura.
      Venendo al caso di specie, riteniamo che ricorrano tutti i presupposti affinché il giudice, su istanza del custode, adotti l'ordine di liberazione e proceda allo sgombero dei locali, atteso che questo si tradurrà certamente nella collocazione sul mercato di un bene più appetibile.
      Quanto alla liberazione dai materiali, osserviamo che l'attuale art. 560 prevede, come sopra indicato, un agevole mezzo per far fronte all'inerzia dell'occupante, atteso che se costui non provvede i beni si considerano abbandonati. In tal caso, se essi hanno un valore di mercato che consenta la loro proficua vendita, con attribuzione del ricavato alla procedura, si procederà in tal senso.
      Ove invece si trattasse di beni da smaltire perché privi di valore (o di valore inferiore ai costi di una vendita) si possono percorrere due strade. La prima è quella per cui allo smaltimento provvede il custode, con oneri a carico del creditore, ex art. 8 dpr 30 maggio 2002, n. 115 (testo unico delle spese di giustizia) rimborsabili in sede di distribuzione del ricavato quali crediti assistiti dal privilegio per spese di giustizia di cui all'art. 2770 e 2776 c.c.; la seconda potrebbe essere quella per cui il bene si colloca in vendita senza procedere allo smaltimento, i cui costi vengono calcolati e decurtati dal prezzo base.
      A proposito delle spese di liberazione, non pare revocabile in dubbio che, sebbene l'attuale art. 560 non preveda più che la liberazione sia attuata senza oneri per l'aggiudicatario (come invece si era premurato di specificare l'art. 560, nel testo riscritto dal d.l. 3 maggio 2016 n. 59, convertito in l. 30 giugno 2016 n. 119) gli oneri della liberazione gravino sulla procedura. Invero, come ribadito anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, lo scopo dell'istituto è quello di assicurare la migliore valorizzazione dell'immobile sul mercato, eliminando per l'acquirente gli oneri della liberazione del bene a sua cura, e le incertezze in ordine ai tempi d'effettiva immissione nel possesso.