Menu
Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE
Insinuazione al passivo - Incarico privo di data certa a professionista
-
Francesco Salaris
Cagliari21/03/2022 11:06Insinuazione al passivo - Incarico privo di data certa a professionista
Buongiorno,
Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione il seguente caso:
18 mesi prima della dichiarazione di fallimento, la fallita ha conferito un incarico ad un avvocato affinché ristrutturasse in via stragiudiziale un consistente debito bancario in sofferenza.
L'incarico a suo tempo conferito prevedeva la quantificazione del compenso spettante al legale in misura percentuale rispetto alla parte di debito oggetto di stralcio da parte del nuovo soggetto titolare del credito. Tale pattuizione e prevista nei limiti e nelle forme del tariffario professionale degli avvocati.
Il legale incaricato ha completato il proprio incarico, ed è riuscito ad individuare apposito soggetto che ha comprato il credito e successivamente ristrutturato lo stesso. Tale circostanza è stata dimostrata mediante i documenti prodotti con l'insinuazione, tuttavia il nuovo accordo prevedeva dei pagamenti rateali che non sono stati rispettati e pertanto l'accordo è stato risolto per inadempimento.
In sede di ammissione al passivo l'avvocato presenta domanda di insinuazione calcolando il proprio compenso in misura percentuale rispetto al debito stralciato, così come previsto nell'incarico. Tale modalità di calcolo del compenso determina un risultato 40 volte superiore a quello che si determinerebbe applicando i valori medi di cui al D.M. 55 del 2014.
La criticità rilevata nell'esame della domanda di ammissione al passivo consiste nella mancanza di data certa relativa all'incarico conferito. In relazione a tale aspetto il sottoscritto ritiene che l'avvocato abbia prodotto con la domanda di insinuazione la prova dello svolgimento dell'attività così come del risultato conseguito, ma non la data certa relativa al conferimento dell'incarico e così alle modalità di determinazione del compenso.
Si chiede un parere in ordine alla corretta quantificazione delle somme spettanti al legale da proporre in sede di ammissione allo stato passivo, in particolare se debba essere considerata valida la pattuizione prevista nell'incarico, ancorché privo di data certa, oppure se lo stesso debba essere calcolato secondo le previsioni del DM 55/2014.-
Zucchetti Software Giuridico srl
Vicenza21/03/2022 18:48RE: Insinuazione al passivo - Incarico privo di data certa a professionista
In ordine alla certezza della data va chiarito che quando nel fallimento si richiede che un documento abbia data certa opponibile alla massa si intende non che questo debba avere una data precisa, ma che sia un documento predisposto in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento; e, poiché l' art. 2704 c.c. fa discendere la certezza della data della scrittura privata non autenticata rispetto ai terzi, oltre che dalla registrazione ovvero dagli eventi specificamente considerati dalla norma, dal verificarsi un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento, la certezza della data anteriore al fallimento può essere fornita con qualsiasi mezzo di prova che dia queste garanzie.
la questione, quindi si sposta su un terreno concreto in quanto si tratta di stabilire se , nel singolo caso in esame, in mancanza di uno di quegli eventi indicati dall'art. 2704 c.c. come inequivoci indici di anteriorità, il creditore abbia fornito tale prova. prova non agevole perché nel caso non si tratta solo di documentare che all'avvocato fosse stato conferito un mandato professionale, nel qual caso la documentazione prodotta dovrebbe essere indicativa delle attività svolte dal legale in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, ma si richiede che fosse stato pattuito per quell'attività professionale un compenso in misura percentuale, che, peraltro richiede la forma scritta. In ipotesi il legale potrebbe aver ricevuto l'incarico di trattare l'affare di cui si discute prima del fallimento e, dopo tale evento, avrebbe potuto sottoscrivere questo patto di quota lite.
Ovviamente in caso di dubbio in proposito conviene al curatore eccepire la mancanza di data certa del documento e vedere cosa accadrà in sede di opposizione.
Se si supera questa questione della opponibilità della convenzione, nel merito si apre una ampia questione sulla validità, o meglio sui limiti della validità dei c.d. patto di quota lite, che è quell'accordo tra avvocato e cliente che attribuisce all'avvocato, quale compenso della sua attività professionale, una quota dei beni o diritti in lite.
In passato vigeva il divieto di tale patto, che è stato dall'art. 2, D.L. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2011, ma ripristinato dall'art. 13, comma 4 della l. n. 247 del 2012, con una dizione abbastanza equivoca. Il comma citato infatti dispone che "Sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa", tuttavia il comma precedente ammette la pattuizione dei compensi "a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o piu' affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attivita', a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione"..
Questo evidente contrasto è stato risolto dal Consiglio nazionale Forense e dalla giurisprudenza di merito (Trib. Monza sentenza n. 247/2013; Trib. Nola con ordinanza 19.9.2019 ) nel senso che il patto di quota lite è valido quando le parti, ex ante, e dunque prima dell'instaurazione della lite, assegnano un valore all'affare, o quantomeno individuano un valore di cui ritengono che (all'esito del giudizio) la parte possa giovarsi all'esito della controversia, in modo, cioè che le parti individuino sin dall'inizio il compenso che verrà riconosciuto all'avvocato, a condizione dell'esito positivo della lite. Il patto non è valido, invece, quando le parti si limitano a individuare la quota (o la percentuale) del compenso, che poi verrà concretamente determinata a risultato conseguito, e quindi in base ad una valutazione ex post.
Si tratta quindi, anche in questo caso di una questione di fatto in quanto deve essere valutato attentamente il contenuto dell'accordo, sempre che questo sia opponibile al fallimento.
Se l'accordo risponde ai requisiti indicati, diventa difficilmente attaccabile, anche se può farsi ancora richiamo al principio della adeguatezza del compenso all'opera prestata, ma bisogna tenere conto che la Cassazione (Cass. 10/10/2018, n.25054) ritiene "valida la convenzione tra professionista e cliente, che stabilisce la misura degli stessi in misura superiore al massimo tariffario, vigendo il principio di ammissibilità e validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti dai clienti agli avvocati, anche con previsione di misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi"
Zucchetti SG Srl
-