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Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - RIPARTI
TERZO DATORE DI IPOTECA-RIPARTO
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Giuseppe Cotto
Asti14/10/2022 11:43TERZO DATORE DI IPOTECA-RIPARTO
Buongiorno,
in merito ad una ipoteca concessa a favore di terzo di un immobile acquisito nell'attivo fallimentare e oggetto di aggiudicazione a seguito di vendita telematica asincrona in conformità a quanto stabilito dall'art. 107, L.F., avvalendosi della società Aste Giudiziarie Inlinea S.p.a. vi sottopongo i seguenti quesiti collegati tra loro:
1) Come anticipato il bene è gravato da ipoteca concessa a favore di terzo per la quale l'ipotecario ha già provveduto a presentare domanda di ammissione al passivo che è stata esclusa in quanto il credito vantato non è nei confronti della procedura. Ora, a seguito dell'aggiudicazione, l'ipotecario, unitamente all'aggiudicatario, chiedono la possibilità essere autorizzati in riferimento al pagamento del saldo prezzo, a procedere con l'assunzione parziale del debito da parte dell'aggiudicatario nel limite massimo dell'importo del saldo prezzo, previo versamento delle spese di procedura specifiche ai sensi degli artt. 508 c.p.c e 585 c.p.c. . Sul punto mi domando se, a fronte di un programma di liquidazione che prevede le modalità di vendita ai sensi dell'art. 107 L.F. mediante procedura competitiva e non ai sensi del comma terzo, la richiesta presentata con riferimento alle norme del codice di procedura civile possa essere accolta.
2) In ogni caso, dato per assunto che in presenza di un creditore ipotecario come nel caso di specie quest'ultimo partecipa alla ripartizione in virtù del privilegio vantato, quale curatore devo effettuare delle verifiche circa tale privilegio ed esistenza dello stesso prima della ripartizione? Può essere sufficiente la richiesta di precisazione del credito unitamente a copia delle note di trascrizione sul bene (e atti di cessione del credito se presenti)? Oppure è necessario procedere ad adempimenti più specifici?
Auspicando di aver riportato i quesiti con chiarezza e ringraziando anticipatamente per il sempre gradito riscontro l'occasione è gradita per porgere
Cordiali Saluti
G.C.-
Zucchetti Software Giuridico srl
17/10/2022 10:01RE: TERZO DATORE DI IPOTECA-RIPARTO
A nostro avviso la richiesta può essere accolta, con le precisazioni di cui diremo.
Per spiegare le ragioni del nostro convincimento è però necessario aver ben presenti i meccanismi con cui l'istituto opera all'interno dell'esecuzione individuale.
L'art. 508 c.p.c. consente a qualunque aggiudicatario (o assegnatario) di concordare con il creditore ipotecario l'assunzione del debito in luogo del versamento in denaro del prezzo di aggiudicazione (in dottrina si è sostenuto, da parte di taluni, che si tratterebbe di una forma di versamento del saldo prezzo). Questa operazione determina, nella sostanza, il subingresso dell'aggiudicatario nel debito del debitore esecutato, che dovrà essere considerato senz'altro liberato dalla sua obbligazione (così si esprime la risalente Cass., sez. III, 11 luglio 1967, n. 1712, mai superata sul punto), con la conseguenza che un eventuale successivo inadempimento dell'aggiudicatario o assegnatario non far rivivere il rapporto originario, da considerarsi ormai definitivamente estinto.
Il vantaggio che l'aggiudicatario ne ricava è quello di essere dispensato dall'obbligo di versare il saldo prezzo (per la quota parte di cui tra un attimo si dirà) entro i termini previsti dall'ordinanza di vendita.
Dal canto suo, il creditore conserva la garanzia ipotecaria sul bene pignorato in deroga all'effetto purgativo che il decreto di trasferimento produce a norma dell'art. 586 c.p.c., e può avvantaggiarsi dalle condizioni economiche dell'eventuale contratto di finanziamento nel quale l'aggiudicatario subentra in luogo del contraente originario.
Dalla lettura degli artt. 508 e 585 c.p.c. si ricava il dato per cui l'istituto opera solo nell'ambito di procedure esecutive che abbiano colpito beni gravati da pegno o ipoteca (anche se la dottrina non ha escluso l'operatività del meccanismo anche nei casi di beni gravati da privilegi speciali, ma la questione secondo noi non è così scontata, e comunque non rileva nel caso di specie).
Poiché occorre scongiurare che questo accordo si risolva in danno degli altri creditori, il codice subordina l'operatività del meccanismo ad un decreto autorizzativo del giudice dell'esecuzione, il quale esonererà l'aggiudicatario dal versamento di quella sola quota parte di prezzo che eccede quanto "occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti".
È allora evidente che per determinare l'importo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare occorrerà anticipare i tempi del riparto e, ottenute le precisazioni dei crediti da parte degli altri creditori, quantificate le spese di procedura, e liquidati gli ausiliari del magistrato (stimatore, custode e delegato), dovrà predisporsi una bozza di piano di riparto per verificare se ed in quale misura il creditore con il quale l'aggiudicatario ha concordato l'assunzione del debito avrebbe partecipato alla distribuzione del ricavato.
L'accordo tra creditore e aggiudicatario libererà dunque il debitore originario per un pari ammontare, come è espressamente previsto dall'art. 508 c.p.c.. A questa liberazione segue anche l'estinzione delle garanzie annesse al credito (se il garante non consente espressamente a mantenerle, a norma dell'art. 1275 c.c.) salvo che per l'ipoteca iscritta sull'immobile aggiudicato all'asta, per la quale l'art. 586 prevede la non cancellabilità.
Se l'aggiudicatario resta inadempiente l'originaria obbligazione dell'esecutato non rivive, così come non rivivono le garanzie prestate. Il creditore, pertanto, potrà agire esecutivamente in danno del solo aggiudicatario facendo valere la garanzia ipotecaria che, come abbiamo appena detto, non ha subito l'effetto purgativo.
Così ricostruita la trama dell'istituto in parola, riteniamo che essa possa operare anche in sede fallimentare.
In primo luogo, se la procedura si dovesse dipanare secondo le regole del codice di procedura civile, a norma dell'art. 107, comma terzo, c.p.c., esso a nostro avviso supererebbe il vaglio di compatibilità che questa norma pone (ricordiamo infatti che ai sensi dell'art. 107, comma terzo, l.fall., la vendita può celebrarsi secondo le regole del codice di procedura civile "in quanto compatibili").
Infatti, l'istituto dell'accollo del debito da parte del debitore da parte dell'aggiudicatario è costruito in guida da salvaguardare la regola della par condicio creditorum, poiché la quota parte de saldo prezzo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare è quella cui avrebbe avuto diritto il creditore ipotecario in sede di riparto.
Ora, se questa regola (che opera anche in sede fallimentare) rimane salva, non v'è ragione per escludere che aggiudicatario e creditore ipotecario possano accordarsi nei termini fissati dall'art. 508 c.p.c.
Peraltro, indicazioni in questa direzione si ricavano anche dal codice della crisi, atteso che l'art. 216, comma 8, consente che alle vendite compiute in seno alla liquidazione giudiziale (ma anche in ambito concordatario, per esplicita previsione dell'art. 114 cci) si applichi, tra l'altro, la disciplina di cui all'art. 585 c.p.c., in quanto compatibile. A questo proposito osserviamo che la giurisprudenza di legittimità (da ultimo Cass., SU, 14 febbraio 2022, n. 4696) ha affermato che il codice della crisi, anche prima della sua entrata in vigore, costituiva, ciononostante "parte integrante del corpus legislativo dell'ordinamento, così che il ricorso ad essa in funzione interpretativa non può ritenersi aprioristicamente inibito", per quanto in altra pronuncia (condivisa peraltro da quella appena citata) questo può avvenire "se (e solo se) si possa configurare - nello specifico segmento - un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro" (Cass., SU 24 giugno 2020, n. 12476; negli stessi termini, SU 25 marzo 2021, 8504).
Piuttosto, il problema che si pone è di ordine pratico, atteso che il curatore deve essere in grado di quantificare le spese di procedura (comprese, evidentemente, tutte le prededuzioni) e determinare in quale misura esse graveranno sul ricavato dalla vendita del bene ipotecato, simulando poi una sorta di riparto per verificare quanto sarebbe stato attribuito al creditore ipotecario. Questa operazione, evidentemente, è tanto più agevole quanto più vicina è la fase del riparto secondo il fisiologico divenire della procedura fallimentare, poiché le spese della procedura potranno essere determinate con maggiore precisione, fermo restando che a nostro avviso non è necessario chiedere ed ottenere dal giudice (o dal Tribunale) il decreto di liquidazione delle spese prededucibili, laddove necessario (il riferimento, evidentemente, corre in primis al compenso del curatore e del coadiutore, ma potrebbe porsi anche per eventuali legali).
Se i tempi non fossero ancora maturi, poiché ad esempio le attività di accertamento del passivo e di liquidazione dell'attivo sono ancora molte o v'è l'incognita di spese prededucibili che potrebbero gravare pro quota anche sull'immobile ipotecato, non resta che sottoporre al giudice delegato una istanza nella quale sia indicata la misura del saldo prezzo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare, Il tutto, chiaramente, dopo aver chiesto ed ottenuto dal creditore la prova del credito ed una nota aggiornata di precisazione dello stesso, unitamente ad aggiornate visure ipotecarie, al fine di accertare che non siano intervenute cessioni. -
Zucchetti Software Giuridico srl
17/10/2022 10:10RE: TERZO DATORE DI IPOTECA-RIPARTO
A nostro avviso la richiesta può essere accolta, con le precisazioni di cui diremo.
Per spiegare le ragioni del nostro convincimento è però necessario aver ben presenti i meccanismi con cui l'istituto opera all'interno dell'esecuzione individuale.
L'art. 508 c.p.c. consente a qualunque aggiudicatario (o assegnatario) di concordare con il creditore ipotecario l'assunzione del debito in luogo del versamento in denaro del prezzo di aggiudicazione (in dottrina si è sostenuto, da parte di taluni, che si tratterebbe di una forma di versamento del saldo prezzo). Questa operazione determina, nella sostanza, il subingresso dell'aggiudicatario nel debito del debitore esecutato, che dovrà essere considerato senz'altro liberato dalla sua obbligazione (così si esprime la risalente Cass., sez. III, 11 luglio 1967, n. 1712, mai superata sul punto), con la conseguenza che un eventuale successivo inadempimento dell'aggiudicatario o assegnatario non far rivivere il rapporto originario, da considerarsi ormai definitivamente estinto.
Il vantaggio che l'aggiudicatario ne ricava è quello di essere dispensato dall'obbligo di versare il saldo prezzo (per la quota parte di cui tra un attimo si dirà) entro i termini previsti dall'ordinanza di vendita.
Dal canto suo, il creditore conserva la garanzia ipotecaria sul bene pignorato in deroga all'effetto purgativo che il decreto di trasferimento produce a norma dell'art. 586 c.p.c., e può avvantaggiarsi dalle condizioni economiche dell'eventuale contratto di finanziamento nel quale l'aggiudicatario subentra in luogo del contraente originario.
Dalla lettura degli artt. 508 e 585 c.p.c. si ricava il dato per cui l'istituto opera solo nell'ambito di procedure esecutive che abbiano colpito beni gravati da pegno o ipoteca (anche se la dottrina non ha escluso l'operatività del meccanismo anche nei casi di beni gravati da privilegi speciali, ma la questione secondo noi non è così scontata, e comunque non rileva nel caso di specie).
Poiché occorre scongiurare che questo accordo si risolva in danno degli altri creditori, il codice subordina l'operatività del meccanismo ad un decreto autorizzativo del giudice dell'esecuzione, il quale esonererà l'aggiudicatario dal versamento di quella sola quota parte di prezzo che eccede quanto "occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti".
È allora evidente che per determinare l'importo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare occorrerà anticipare i tempi del riparto e, ottenute le precisazioni dei crediti da parte degli altri creditori, quantificate le spese di procedura, e liquidati gli ausiliari del magistrato (stimatore, custode e delegato), dovrà predisporsi una bozza di piano di riparto per verificare se ed in quale misura il creditore con il quale l'aggiudicatario ha concordato l'assunzione del debito avrebbe partecipato alla distribuzione del ricavato.
L'accordo tra creditore e aggiudicatario libererà dunque il debitore originario per un pari ammontare, come è espressamente previsto dall'art. 508 c.p.c.. A questa liberazione segue anche l'estinzione delle garanzie annesse al credito (se il garante non consente espressamente a mantenerle, a norma dell'art. 1275 c.c.) salvo che per l'ipoteca iscritta sull'immobile aggiudicato all'asta, per la quale l'art. 586 prevede la non cancellabilità.
Se l'aggiudicatario resta inadempiente l'originaria obbligazione dell'esecutato non rivive, così come non rivivono le garanzie prestate. Il creditore, pertanto, potrà agire esecutivamente in danno del solo aggiudicatario facendo valere la garanzia ipotecaria che, come abbiamo appena detto, non ha subito l'effetto purgativo.
Così ricostruita la trama dell'istituto in parola, riteniamo che essa possa operare anche in sede fallimentare.
In primo luogo, se la procedura si dovesse dipanare secondo le regole del codice di procedura civile, a norma dell'art. 107, comma terzo, c.p.c., esso a nostro avviso supererebbe il vaglio di compatibilità che questa norma pone (ricordiamo infatti che ai sensi dell'art. 107, comma terzo, l.fall., la vendita può celebrarsi secondo le regole del codice di procedura civile "in quanto compatibili").
Infatti, l'istituto dell'accollo del debito da parte del debitore da parte dell'aggiudicatario è costruito in guida da salvaguardare la regola della par condicio creditorum, poiché la quota parte de saldo prezzo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare è quella cui avrebbe avuto diritto il creditore ipotecario in sede di riparto.
Ora, se questa regola (che opera anche in sede fallimentare) rimane salva, non v'è ragione per escludere che aggiudicatario e creditore ipotecario possano accordarsi nei termini fissati dall'art. 508 c.p.c.
Peraltro, indicazioni in questa direzione si ricavano anche dal codice della crisi, atteso che l'art. 216, comma 8, consente che alle vendite compiute in seno alla liquidazione giudiziale (ma anche in ambito concordatario, per esplicita previsione dell'art. 114 cci) si applichi, tra l'altro, la disciplina di cui all'art. 585 c.p.c., in quanto compatibile. A questo proposito osserviamo che la giurisprudenza di legittimità (da ultimo Cass., SU, 14 febbraio 2022, n. 4696) ha affermato che il codice della crisi, anche prima della sua entrata in vigore, costituiva, ciononostante "parte integrante del corpus legislativo dell'ordinamento, così che il ricorso ad essa in funzione interpretativa non può ritenersi aprioristicamente inibito", per quanto in altra pronuncia (condivisa peraltro da quella appena citata) questo può avvenire "se (e solo se) si possa configurare - nello specifico segmento - un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro" (Cass., SU 24 giugno 2020, n. 12476; negli stessi termini, SU 25 marzo 2021, 8504).
Piuttosto, il problema che si pone è di ordine pratico, atteso che il curatore deve essere in grado di quantificare le spese di procedura (comprese, evidentemente, tutte le prededuzioni) e determinare in quale misura esse graveranno sul ricavato dalla vendita del bene ipotecato, simulando poi una sorta di riparto per verificare quanto sarebbe stato attribuito al creditore ipotecario. Questa operazione, evidentemente, è tanto più agevole quanto più vicina è la fase del riparto secondo il fisiologico divenire della procedura fallimentare, poiché le spese della procedura potranno essere determinate con maggiore precisione, fermo restando che a nostro avviso non è necessario chiedere ed ottenere dal giudice (o dal Tribunale) il decreto di liquidazione delle spese prededucibili, laddove necessario (il riferimento, evidentemente, corre in primis al compenso del curatore e del coadiutore, ma potrebbe porsi anche per eventuali legali).
Se i tempi non fossero ancora maturi, poiché ad esempio le attività di accertamento del passivo e di liquidazione dell'attivo sono ancora molte o v'è l'incognita di spese prededucibili che potrebbero gravare pro quota anche sull'immobile ipotecato, non resta che sottoporre al giudice delegato una istanza nella quale sia indicata la misura del saldo prezzo che l'aggiudicatario è dispensato dal versare. Il tutto, chiaramente, dopo aver chiesto ed ottenuto dal creditore la prova del credito ed una nota aggiornata di precisazione dello stesso, unitamente ad aggiornate visure ipotecarie, al fine di accertare che non siano intervenute cessioni.
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