Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CHIUSURA PROCEDURA

Concordato Fallimentare - Espressione del voto e rinunzia alla prelazione

  • Francesco Petitto

    PESCARA
    18/10/2021 21:14

    Concordato Fallimentare - Espressione del voto e rinunzia alla prelazione

    Buonasera.
    Viene presentata una proposta di concordato fallimentare con terzo assuntore e richiesto il parere dei creditori ammessi allo stato passivo.
    Due creditori, ipotecario (per il quale si prevede il ristoro integrale) e privilegiato (per il quale si offre una percentuale del credito), esprimono dissenso alla proposta concordataria ma non rinunciano espressamente al diritto di prelazione.
    Entrambi vantano anche piccole somme in chirografo.
    Poiché la rinunzia alla prelazione può essere espressa o tacita, ma in tale ultimo caso si ritiene che operi solo se il voto è esplicitamente di adesione, se ne dedurrebbe che i creditori succitati, pur avendo espresso un voto invalido, non perdano il diritto di prelazione ed il voto assuma efficacia solo per la componente chirografaria del credito vantato, per il creditore ipotecario, e per il maggior credito chirografario vantato dall'altro creditore privilegiato (quello originariamente ammesso al passivo più quello derivante dalla soddisfazione non integrale del credito privilegiato vista la percentuale di ristoro offerta).
    E' gradito un V/s parere al riguardo.
    Cordialità.
    Francesco Petitto
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      20/10/2021 09:43

      RE: Concordato Fallimentare - Espressione del voto e rinunzia alla prelazione

      Il secondo comma dell'art. 127 l. fall. stabilisce che "I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione, salvo quanto previsto dal terzo comma. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed accessori".
      Nulla è detto in questa norma, né nel corrispondente secondo comma dell'art. 177 dettato per il concordato preventivo, circa le modalità della rinuncia alla prelazione, per cui rimane il dubbio di come debba essere considerata la manifestazione del voto da parte di un creditore munito di prelazione, priva di ulteriori indicazioni, che vede divisa la dottrina tra chi ritiene, con riferimento al concordato preventivo, che l'espressione del voto favorevole senza previa o contestuale rinuncia alla prelazione comporti una rinuncia totale alla prelazione stessa, nel mentre il voto contrario è da considerarsi inefficace (Pacchi, Nardecchia), e chi sostiene l'impossibilità di attribuire al silenzio il significato implicito di rinuncia in quanto questa, essendo atto di straordinaria amministrazione che comporta il parziale sacrificio dei propri diritti, deve essere espressa (Censoni).
      Non è agevole scegliere tra queste due tesi perché per un verso si può dire che la rinuncia ad un diritto di prelazione, poiché si sostanzia in un atto di straordinaria amministrazione (tant'è che l'art. 167, sec. comma, come tali qualifica le cancellazioni di ipoteche e le restituzioni di pegni), richiede, in assenza di una esplicita disposizione normativa al riguardo, una chiara manifestazione di volontà negoziale del creditore che evidenzi la consapevolezza degli effetti pregiudizievoli che da quell'atto per lui derivano e che ben può mancare nella semplice manifestazione del voto; per altro verso si può anche sostenere che, in mancanza di una norma che richieda che la rinuncia debba essere espressa, vale il principio che si discute di diritti disponibili; e se il diritto di credito può anche essere oggetto di rinuncia attraverso una remissione del debito tacita (Cass. 03/10/2018, n. 24139; Cass. 04/07/2006, n.16125; ecc.), a maggior ragione può essere rinunciato tacitamente il privilegio, lì dove la legge preveda questa possibilità, qualora si abbia un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà abdicativa.
      A nostro avviso, il problema più che giuridico è di fatto, nel senso che bisogna stabilire caso per caso se l'espressione del voto, senza altra precisazione, sia indice inequivoco della volontà del creditore di voler rinunciare alla prelazione che gli compete. Questione già difficile da risolvere, ma che nel suo caso si complica perché ricorrono due fattori contrastanti.
      Da un lato infatti, è importante che si versi in una ipotesi di concordato fallimentare in cui, come precisa il secondo comma dell'art. 128 l. fall. "i creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzienti", sicchè il creditore che fa una espressa dichiarazione di dissenso, senza esservi tenuto perché la sua qualifica di prelatizio lo esentava dal voto senza che il suo silenzio valesse assenso, e senza alcuna precisazione, dimostra, più che in un concordato in cui si esprime il consenso, una abbastanza chiara intenzione di voler rinunciare alla sua collocazione pur di votare; di contro, nel suo caso vi è l'ulteriore dato che i rinunciati prelatizi sono titolari anche di altri crediti chirografari, per cui il dissenso potrebbe anche riferirsi solo a questi, e, comunque, questo dato fa perdere di univocità alla manifestazione del dissenso.
      A noi sembra preferibile questa seconda lettura, per cui si può ritenere che il dissenso sia riferito ai crediti chirografari, ferma restando la prelazione, anche perché probabilmente non ricorre alcuna ragione per cui i titolari delle stesse avrebbero fatto un sacrificio così importante; ma, ripetiamo, la questione è prevalentemente di fatto, e, come in ogni manifestazione tacita, va interpretato in concreto il significato da attribuire al silenzio.
      Zucchetti SG srl